Giuliana Ferraino per il “Corriere della Sera”
IAN BREMMER
Il mondo che ci aspetta visto da Ian Bremmer fa piuttosto paura. Ma i due rischi più grandi nel 2016 riguardano soprattutto l’Europa. «Schengen rischia di andare a pezzi, a causa della crisi dei rifugiati, perché anche una sospensione comporta grandi costi economici e politici. E mi preoccupa la capacità dei Paesi europei di rispondere alla prossima crisi», sostiene il politologo americano, 46 anni, fondatore e presidente del centro studi Eurasia Group.
tsipras juncker
La prossima crisi non è il Brexit. «Non credo che sia un evento probabile. A dispetto di tutte le difficoltà, dalla crisi dei rifugiati al pericolo Isis, scommetto che il Regno Unito sceglierà di restare nell’Unione Europea», afferma Bremmer, ieri a Milano per una conferenza organizzata dalla società di risparmio gestito Kairos.
Teme piuttosto una riedizione della crisi greca. «Ho paura di che cosa potrebbe succedere quando scoppierà un’altra crisi ad Atene, perché presto o tardi ce ne sarà di sicuro un’altra: il piano di salvataggio è insostenibile e il Grexit è molto più probabile adesso che un anno fa, quando c’erano zero probabilità, perché esisteva la volontà politica dell’Europa di tenere la Grecia nell’euro.
grexit
Nei prossimi anni la possibilità di un Grexit salirà del 10-20-30% e forse l’Europa deciderà di non voler salvare Atene. Ma l’impatto sull’eurozona sarebbe molto più limitato, perché oggi il sistema bancario è più solido», sentenzia. Al World Economic Forum di Davos, concluso sabato, invece nessuno aveva parlato di rischio Grecia e la presenza del premier Alexis Tsipras è passata inosservata.
La crisi dei rifugiati, i terroristi dell’Isis, la vulnerabilità del Medio Oriente e tutti gli altri rischi davanti a noi però «non sono casuali», ma legati a fattori strutturali. «America e Usa attraversano una crisi di identità. Gli Stati Uniti non vogliono più essere il poliziotto del mondo.
PUTIN OBAMA
L’Europa ha perso i valori sui quali è stata costruita, anche se la tecnocrazia di Bruxelles farà di tutto per mantenere in vita le sue istituzioni», dice Bremmer, prevedendo un ulteriore indebolimento delle relazioni transatlantiche, il pilastro del xx Secolo. Non è questione di chi diventerà il prossimo presidente degli Stati Uniti. «Non farà differenza. Chiunque vinca l’impatto sarà limitato anche sui mercati».
È in atto «un cambiamento geopolitico strutturale, una distruzione creativa geopolitica — l’ultima volta era accaduto alla fine della Seconda guerra mondiale — che porterà a un nuovo ordine mondiale in futuro».
putin e i brics xi jinping dilma rousseff narendra modi jacob zuma
Non possiamo più parlare di Bric, l’acronimo che identificava Brasile, Russia, India e Cina, perché oggi ognuno dei quattro Paesi emergenti ha una storia diversa e va per la sua strada, e quella di Mosca con un Vladimir Putin sempre più combattivo fa un po’ più paura delle altre. Il Medio Oriente è vulnerabile, per il calo del prezzo del greggio e la minaccia terroristica dell’Isis.
L’Arabia Saudita preoccupa per la tenuta del governo a causa di faide interne che potrebbero mettere in discussione la legittimità della leadership, ma anche per le tensioni con l’Iran. Insomma, «non esiste più un G7 o un G8 e nemmeno un G20, viviamo in un mondo G zero», riassume Bremmer, un mondo «in crisi di leadership e di valori», dove «nessuno pensa più globale». E in questo contesto instabile, «il rischio sarà strutturale e gli investitori dovranno pensare alla resilienza più che alla crescita».
jacob zuma e xi jinping a ufa
Ci sono anche buone notizie, e vengono soprattutto dall’Asia. «Le tre maggiori economie del pianeta, Usa, Cina e Giappone sono toccate solo marginalmente» dai pericoli che minacciano l’Europa. «Le preoccupazioni sull’economia cinese sono reali, ma non nel breve periodo. La Cina ha le risorse per sostenere la crescita, che forse non sarà del 7%, ma resterà sostenuta». Si dichiara «entusiasta dell’India, penso che continuerà a crescere». E promuove il Giappone, che «non cresce, ma è stabile e resiliente».
E L’Italia? «È su una traiettoria positiva di riforme politiche, la più positiva di qualunque Paese europeo e questo ci dice che l’asticella in Europa è molto bassa», valuta con ironia Bremmer.
barack e michelle obama john kerry con salman re dell arabia saudita