Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
Tommaso Nannicini
Gira che ti rigira si finisce sempre lì, alle pensioni. Come tanti squali che si aggirano pronti ad azzannare la preda, i cosiddetti tecnici del governo puntano a fare cassa con la previdenza. Una volta si tratta dell' indicizzazione, un' altra dell' assegno di reversibilità, l' ultima investe invece i contributi. Sembrerebbe una buona notizia: sei punti in meno da versare all' Inps per aziende e lavoratori.
RENZI PADOAN
E dove finirebbero questi soldi una volta che non venissero accantonati per la pensione futura? In busta paga, in modo da rilanciare i consumi. L' ideona pare sia frutto della fantasiosa mente del sottosegretario Tommaso Nannicini, un bocconiano che ha da poco tempo assunto la guida del dipartimento economico di Palazzo Chigi, una specie di doppione del ministero retto da Pier Carlo Padoan che però risponde al solo presidente del Consiglio e non ai vertici di via XX Settembre.
varoufakis padoan noonan
Il professore a capo di un trust di cervelli fini avrebbe partorito la proposta di taglio dei contributi per far crescere gli stipendi e consentire dunque al governo di rivendicare una riduzione delle tasse che a tutt' oggi, nonostante i famosi 80 euro del maggio di due anni fa, ancora non si è vista. Il piano ha consentito a la Repubblica di titolare ieri un entusiastico: «Tasse, si accelera: obiettivo l'Irpef e le buste paga».
Secondo il quotidiano debenedettiano la riduzione delle imposte sul reddito delle persone fisiche sarebbe possibile già nel 2017 e ci sarebbe anche spazio per una limata del cuneo fiscale. In realtà, la sforbiciata non solo è assai incerta, ma anche ardita. Infatti, le ambizioni di Palazzo Chigi poggiano su due elementi piuttosto traballanti. Il primo è la famosa flessibilità.
DE BENEDETTI TITO BOERI
Matteo Renzi vorrebbe abbassare le tasse alzando il deficit fino a sfiorare il 3 per cento. Come è noto, Bruxelles non è assolutamente d' accordo, perché pensa che il contenimento del deficit sia indispensabile per consentire una riduzione del debito pubblico.
Nonostante il tentativo di mettere in scena una ritrovata armonia fra il premier e il presidente della Ue Jean-Claude Juncker, le posizioni tra Italia ed Europa restano distanti. Prova ne sia che mentre Renzi e il numero uno della Commissione recitavano in pubblico grande sintonia, gli occhiuti burocrati dell' Unione rilasciavano alle agenzie il nuovo rapporto sullo stato di salute del nostro Paese e non si trattava di un referto tranquillizzante.
PENSIONI
Il deficit non scende e il debito è sempre più alto. Dunque, difficile immaginare di far leva su questi elementi per diminuire le tasse. Allora che si fa?, si devono essere chiesti a Palazzo Chigi. Ed ecco avanzare il piano B, quello messo a punto dalla testa d' uovo della presidenza del Consiglio: tagliare di sei punti i contributi, così da ridurre la differenza fra il costo aziendale lordo e lo stipendio che il lavoratore si ritrova in busta paga.
Per i dipendenti si tratterebbe di un aumento dell' assegno, per le società di una riduzione concreta del peso fiscale. Piccolo dettaglio: chi paga? Secondo il piano fatto trapelare dal governo non ci sarebbero aggravi per le casse dello Stato, nel senso che il mancato pagamento dei contributi non verrebbe compensato da un trasferimento di denaro pubblico a favore dell' Inps.
LA SEDE DELL INPS
Sull' ente previdenziale a questo punto si scaricherebbe il costo dei mancati versamenti, con due conseguenze. La prima è facilmente immaginabile: entrando meno contributi, il bilancio dell' istituto si aggraverebbe. Già ora i conti piangono, perché le entrate non riescono a coprire le uscite e in tal modo si sta dilapidando il patrimonio, ma in futuro potrebbero piangere ancora di più e far versare lacrime ai pensionati.
inps
Il peggio però lo vedrebbero i lavoratori che beneficerebbero dell' aumento in busta paga per effetto del taglio dei contributi. Una volta in pensione infatti si ritroverebbero un vitalizio più magro di quello cui avrebbero diritto versando per intero i contributi. Con le riforme attuate a più riprese negli anni scorsi l' assegno Inps sarà già smilzo, ma la cancellazione di sei punti di contributi potrebbe renderlo un grissino.
In pratica, il piano del governo gonfierebbe artificialmente oggi gli stipendi per poi erogare trattamenti previdenziali più piccoli. Tradotto significa che si avranno una busta paga un po' più gonfia e delle pensioni parecchio più sgonfie, preparando per i dipendenti un futuro da pensionati poveri. La proposta insomma sa molto di fregatura, di cui però i lavoratori si renderebbero conto solo una volta in pensione.
Nel frattempo campa cavallo. Soprattutto, camperebbe Renzi, che nel 2017 o nel 2018 potrebbe affrontare le elezioni con il vento dei soldi in busta paga in poppa. Un vero navigatore della politica.