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    IERI GLI ATTORI SI DIVIDEVANO IN DUE CATEGORIE: INCISIVI E CANINI. DA UN PEZZO, ABBIAMO UNA TERZA CATEGORIA: I GIORNALISTI DEL DENTE DEL GIUDIZIO - DOPO SGARBI, SAVIANO, TRAVAGLIO, SCANZI, BUTTAFUOCO, ETC, ORA E’ LA VOLTA DI MICHELE SERRA ATTORE - IL SEVERO MORALISTA DI “REPUBBLICA” SALE SUL PALCO PER IMPARTIRE QUELLE “PREDICHE INUTILI” CHE SI LEGGONO PER ESPIARE I PECCATI DEGLI ALTRI…


     
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    Anna Bandettini per “la Repubblica

     

    MICHELE SERRA SULL'AMACA MICHELE SERRA SULL'AMACA

    Non fatevi sviare dal titolo, che si riferisce alla sorpresa finale da non anticipare. Certo, c' entrano i suoi commenti e i suoi editoriali, ben ottomila, che dal 2001 scrive nella rubrica quotidiana su Repubblica e prima ancora sull' Unità, ma " L' Amaca di domani" è innanzitutto uno spettacolo teatrale, con la regia di Andrea Renzi di Teatri Uniti, dove Michele Serra è autore e interprete.

     

    Sul palco, il giornalista, editorialista, commentatore apre la sua " bottega" di osservatore severo e ironico della realtà, smonta e rimonta la macchina della scrittura che gli permette ogni giorno di dare una opinione ai lettori, confessa le proprie debolezze, le proprie manie, ma soprattutto spiega quanto sia importante la parola, quanto sia necessario usare bene le parole, perché "parlare bene ci fa capire il mondo e ci da dignità", dice Serra che sta portando il suo spettacolo in giro per l' Italia da domani al Teatro Brancaccio.

    michele serra (2) michele serra (2)

     

    Un esperimento nuovo anche per lei. Come è nato?

    «Tutto è partito da un libretto che ho scritto due anni fa "La sinistra e altre parole strane" che avevo presentato in un reading al Festival di Spoleto. Un trattatello sulla fatica quotidiana dello scrivere, un' analisi rispettosa ma anche ilare del mio ruolo di commentatore con alcune riflessioni sulla scrittura e che mi ha fatto capire che l' argomento andava sviluppato. Alla fine è diventato uno spettacolo, secondo me molto politico».

     

    In che senso?

    FABIO FAZIO E MICHELE SERRA FABIO FAZIO E MICHELE SERRA

    «Perchè parlare della necessità della parola è una rivendicazione politica di bruciante attualità. Nel discorso pubblico sempre più spesso la parola è diventata sciatta, banale; c' è chi pensa basti un tweet, uno slogan per raccontare ciò che succede. Siamo in un momento davvero rattristante. Io evoco antiche assemblee in cui l' operaio si alzava e diceva 'scusate se parlo male ho fatto la quinta elementare'».

     

    Adesso nessuno lo direbbe più.

    «Appunto. Ma quell' operaio sapeva che usare le parole giuste è un modo per partecipare alle cose del mondo. Per questo parlo di rivendicazione politica: la conoscenza, la cultura sono armi contro la più profonda delle discriminazioni che è quella culturale. Nello spettacolo, certo, lo racconto attraverso divagazioni e racconti personali, dalle parole più usate nelle 'amache' ad alcuni vecchi titoli di giornali davvero esilaranti Ma soprattutto racconto come la difesa dell' integrità delle parole ci dà dignità e senso di comunità».

    michele serra e fedez michele serra e fedez

     

    Come mai ha scelto di dirlo attraverso il teatro?

    «Perchè il teatro fantastico, è un tempietto dove rifugiarsi, il luogo della parola e dove si ascolta la parola. E poi col pubblico si stabilisce una complicità immediata, hai davvero il senso di una comunità».

     

    E fare l' attore le piace?

    «Mi trovo sempre meglio, ogni replica supero sempre più l' impaccio di non essere attore. Non è facile imparare a 65 anni un nuovo mestiere, ma ho il vantaggio che sono materiali miei, non è che devo fare un grande sforzo per parlare di scrittura basta guardare nei miei cassetti».

     

    Che ci fa in scena una mucca finta a grandezza naturale ?

    michele serra michele serra

    «Ah quella... è perchè amo le mucche. E poi in scena c' è anche un' enorme pila di fogli di carta, che sono le ottomila opinioni, quella specie di mappazza che mi rappresenta e che contrappongo alla mucca che è natura, silenzio. Come ripeto spesso: beate le bestie che non devono fare la fatica di parlare».

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