Letizia Tortello per "la Stampa"
Proteste in Polonia
«Unione sì, PiS no. Restiamo in Europa!». Gli abitanti di Katowice, nel Sud della Polonia non lontano da Cracovia, hanno portato anche i bambini alla grande marcia nazionale di protesta contro il rischio di una «Polexit», cioè l'uscita del Paese dall'Unione. Dalla capitale Varsavia, a Lublino, Poznan, Lodz e altre cento città: il richiamo dei sostenitori della Ue contro lo strapotere del partito nazionalista di Jaroslav Kaczyski (PiS) ha radunato in strada centomila persone, che hanno acceso candele, sventolato bandiere a dodici stelle e suonato l'inno alla Gioia, leggendo la Costituzione.
Proteste in Polonia
«Sono nato in Polonia, preferisco morire nella Ue», recitava uno slogan. E un altro: «Abbasso l'anatra al potere», facendo riferimento al cognome del presidente di Diritto e giustizia, che ha la stessa radice della parola «kaczka», anatra appunto. Un raduno pieno di richiami simbolici, su invito dell'ex presidente della Ue Donald Tusk e leader dell'opposizione (Piattaforma civica), per reagire alla sentenza della Corte costituzionale polacca che giovedì ha sancito la priorità del diritto nazionale sulla legge europea.
Proteste in Polonia
Da tre giorni il Paese era in subbuglio. Il pronunciamento della scorsa settimana ha segnato un nuovo punto di distanza nella disputa tra il governo nazionalista di Varsavia e Bruxelles su indipendenza della magistratura e rapporto fra leggi nazionali e comunitarie. Su quest'ultimo tema la miccia l'aveva accesa il premier Mateusz Morawiecki, che a marzo aveva presentato ricorso alla Corte costituzionale di Varsavia.
La Commissione Ue a giugno gli ha chiesto di ritirarlo, perché in palese violazione con uno dei fondamenti dell'Unione: il primato del diritto europeo su quello nazionale. A metà luglio, una nuova puntata dell'escalation: la Corte di giustizia Ue ha obbligato la Polonia a sospendere le attività della sezione disciplinare della Corte suprema, la cui indipendenza non è garantita. Ma il governo non ha obbedito, ed è scattata la richiesta di sanzioni.
Proteste in Polonia
La scorsa settimana alla tensione con Bruxelles si è aggiunta la sentenza dell'Alta corte polacca, con cui viene confermata la supremazia del diritto nazionale su quello europeo. La sentenza era stata rinviata quattro volte nell'estate, per paura che la Ue riducesse i Fondi non ancora erogati per il Covid, circa 36 miliardi. Varsavia è stata una delle principali beneficiarie dei soldi post-pandemia, che dovrebbero diventare la base per programmi sociali nei prossimi anni.
Ma il PiS, con una campagna sempre più aggressiva, minimizza sull'importanza del sostegno comunitario per il bilancio del Paese. Ieri, invitato alla convention dell'ultradestra spagnola Vox, Morawiecki ha lanciato la stoccata a Bruxelles: «L'Europa è la nostra casa comune, dove vivono nazioni differenti e ognuna deve avere garantito uno sviluppo sovrano». Come a dire: non è Tusk l'unico difensore dell'Unione, ma il governo polacco vuole un'Unione diversa.
Proteste in Polonia
La presidente della Commissione Ue von der Leyen si era detta «preoccupata» negli scorsi giorni per l'irrigidimento dei rapporti con Varsavia: le sentenze della Corte di giustizia europea sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali, dice Bruxelles. Che tradotto significa: i magistrati polacchi non possono emettere sentenze sulla competenza di questioni che riguardano la Ue.
Proteste in Polonia
«Questa è la nostra casa, l'Europa, e nessuno ci porterà fuori da essa», gridava ieri Wanda Traczyk-Stawska, una veterana di 94 anni, che partecipò alla rivolta di Varsavia del 1944 contro gli occupanti nazisti. Tusk, che ha arringato la folla davanti al Palazzo reale a Varsavia, ha ribadito: «Sappiamo perché il PiS vuole lasciare la Ue, per violare impunemente le regole democratiche». Un sondaggio dice che l'80% dei polacchi non crede che il Paese uscirà davvero dall'Unione.