Giovanni Sgardi per “il Messaggero”
giuseppe pio d astolfo
Dopo il pugno che ha quasi ammazzato il 18enne di Lanciano, durante l'impazzare della movida dietro una vecchia stazione, un ragazzino moderno non poteva rinunciare a dire la sua chattando sui social. E mentre i carabinieri gli davano la caccia, il baby rom (13 anni) affidava al web le sue considerazioni da brivido. Con il sigillo di un morte tua, vita mia che comunque sembra confermare quanto confessato durante l'interrogatorio: di averlo preso a botte temendo l'aggressione dell'avversario.
I DIALOGHI
Ed eccoli i fraseggi dell'adolescente, interpuntati dalle considerazioni dell'amico. La grammatica è quella dell'originale. «Se io non tiravo quel pugno - dice il tredicenne - loro potevano benissimo ammazzarmi. E quindi sai come si dice: morte tua vita mia». L'interlocutore sembra affidarsi alla saggezza: «Ma tutto si può risolvere a parole e non alle maniere forti, non sono nessuno ma il karma gira». E poi l'affondo, spiazzante: «Sinceramente se muori a noi non ce ne frega un ca..., almeno un assassino in meno».
la mamma di giuseppe pio d astolfo
E il minore replica: «Ok, allora a sto punto anche a me non importa niente di un italiano in meno. E comunque mi sa che era meglio che ci andavi tu al posto di quel ragazzo». Infine l'amico scrive: «Ma i tuoi lo sanno che hai menato a cussù (quel ragazzo, in dialetto ndr)? Lo so che non sono ca... miei, però». Il tredicenne risponde: «Secondo te. È logico che lo sanno».
LA MADRE
Infatti è proprio alla madre che il baby rom ha raccontato tutto, con la donna che lo ha convinto ad andare dai carabinieri e ora dice: «Se ha sbagliato deve pagare». Giuseppe Pio D'Astolfo è ancora in coma farmacologico all'ospedale di Pescara. I medici hanno iniziato a diminuire i sedativi, ma la botta è stata grossa. Per un completo risveglio bisognerà aspettare i prossimi giorni e non è detto che il pugno non gli lasci conseguenze permanenti. L'inchiesta grosso modo è definita. La ricostruzione di sabato scorso: il gruppo di Giuseppe Pio e quello dei rom sono poco distanti.
giuseppe pio d astolfo
Ai rom non va la musica che ascolta il terzetto vicino. Una ragazzina dice a Giuseppe Pio e compagni: «Quelli vi vogliono menare». Giuseppe Pio si fa avanti a muso duro e l'altro colpisce per primo. «Per difendermi, mi sentivo minacciato» dirà ai carabinieri. Con il ragazzo a terra ci sarebbe stata un'altra scazzottata, tra l'amico dominicano di Giuseppe Pio e altri due rom. Questa volta però i pugni vanno parzialmente a vuoto. E comunque è cronaca minore, buona per definire prove e responsabilità davanti a un Tribunale. Ma il tredicenne in Tribunale non ci finirà mai. Per la sua età non è imputabile e affronterà solo forme di giustizia alternativa.