Alessia Marani per “il Messaggero”
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«Quello m' ha provocato. Mi si è messo testa a testa, mi diceva che c' hai da guarda'?, io manco lo conoscevo, che dovevo fa'? Ho reagito». Il quindicenne con la tuta rossa, uno dei ragazzi denunciati per la maxi-rissa del 5 dicembre al Pincio, parla contornato dagli amici sotto casa, nel cortile dei palazzi popolari alla periferia Est della Capitale dove abita con il padre, la madre, i tre fratelli più piccoli e la sorella maggiore.
pincio rissa
L' anno scorso ha finito la terza media, quest' anno avrebbe voluto iscriversi a una scuola privata per barbieri, ma causa Covid le lezioni sono state sospese. Neanche più in palestra a sfogarsi tirando la boxe, la sua passione, può andare.
E, così, quel sabato è finito al Pincio. «Lo hanno provocato, stava lui da solo contro venti, lo hanno fatto apposta, per fare il filmato e fasse grandi in giro e sul web», incalzano gli amici e un cugino.
RISSA PINCIO WELCOME TO FAVELAS
Questa volta il 15enne ha la tuta scura, il cappuccio sulla testa, niente mascherina, né lui, né gli altri. Sembra più grande della sua età, ha una bella stazza. Sorride, sa di avere combinato un guaio, ma ci tiene a precisarlo anche davanti alla mamma, che «non c' era nessun appuntamento tra noi per menacce, io ero andato in piazza di Spagna con la mia ragazza, poi a un certo punto mi ha chiamato un amico, sono salito su per un saluto, dicevano che c'erano due ragazze che dovevano fare a botte. Camminavo e mi sono ritrovato quel pischello (un 16enne del Collatino, anche lui denunciato, ndr) davanti al naso che mi provocava, mi ha spinto, è stata la scintilla, loro erano una banda, uno mi ha colpito pure da dietro, alla schiena, e io ho risposto istintivamente. Tutto questo l' ho già raccontato ai carabinieri».
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Nei filmati girati dai ragazzini sul Pincio e postati sui social, si vede lui con la tuta rossa che, nella zuffa, un paio di cazzotti ben assestati li sferra. «Poi me ne sono andato via con la mia ragazza per prendere la metropolitana, quando ero sulla banchina mi sono ritrovato da solo contro tutti quelli che mi filmavano. E il tipo con cui mi ero picchiato prima ha avuto la meglio solo perché mi ha preso alle spalle e mi ha immobilizzato le braccia rigirandomi il giubbetto. La scena dopo, però, quando mi sono liberato e gli sono corso dietro gridandogli allora eh, chi sei tu?, e lui è scappato via, i suoi amici mica l' hanno postata, l' hanno tagliata...». Ammicca, fiero, ai ragazzi.
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Ma la mamma lo fulmina con lo sguardo. Quel sabato, quando se lo è visto rientrare a casa con il volto pieno di sangue, un occhio gonfio e un taglio dietro l' orecchio, è svenuta per lo spavento. «Ho perso i sensi e sono caduta a terra - racconta - Girava la voce che c' era stata una rissa al Pincio e sapevo che mio figlio era andato in Centro con la fidanzata, non ci andava mai. Mio marito è salito in macchina per andare a cercarlo, invece lui è tornato prima. Volevamo portarlo al pronto soccorso - spiega - ma poi abbiamo avuto paura del Covid.
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Anche un nostro amico che lavora in ospedale ce lo ha sconsigliato perché diceva che per un codice non grave avrebbe dovuto aspettare tanto tempo, addirittura l' esito del tampone prima di una visita. Temevamo pure che si infettasse. Quindi gli abbiamo messo il ghiaccio e abbiamo controllato che stesse bene tutta la notte». É sconvolta questa mamma di origine serba, approdata con tutta la famiglia in Italia quando aveva 11 anni, scappando dalle bombe del Kossovo.
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«Con mio marito abbiamo sempre lavorato sodo per non fare mancare nulla ai nostri figli, io con le pulizie, lui in officina, mai un problema con la legge; la più grande diventerà presto cittadina italiana. A mio figlio abbiamo parlato tutti insieme, noi genitori, gli zii, i nonni: una cosa del genere mai più, non si dovrà ripetere.
Però, per favore, non dite ciò che non è vero: non è un cattivo ragazzo e non va in giro a picchiare a caso la gente, si è difeso». Adesso la famiglia ha paura di ritorsioni e strascichi. Il quindicenne non si allontana da casa, passa le giornate nel cortile e nel quartiere. Sembrava «tutto risolto», con il 16enne del Collatino, si erano sentiti al telefono usciti dai carabinieri. «Poi, però, - aggiunge la sorella - quello ha fatto una diretta Instagram in cui minacciava mio fratello». Il 16enne ha il papà in galera, vive solo con la mamma.
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Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti a scatenare la rissa ci sarebbe stato anche il furto di un cellulare. Ma il 15enne giura di non saperne nulla, «questa cosa con me non c' entra». Ci sono altri due indagati. Al Collatino, le comitive avevano puntato l' indice contro di lui: «Se l' è cercata». Ma gli amici del ragazzo con la tuta rossa sono con lui: «Gli vogliamo tutti bene qui, è grosso ma buono, l' anno scorso aveva litigato con uno ma solo perché lo aveva preso di mira». La mamma di una cosa è certa: «Questi ragazzi l' hanno fatta grossa, a quest' età non si rendono ben conto, ma ora devono fare la pace, devono pensare al loro futuro e non rovinarselo».
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