Paolo Giordano per “il Giornale”
paul mccartney
Quel giorno, era un giovedì proprio come oggi, Paul McCartney se ne uscì con la notizia più grossa del momento parlandone come se fosse un' inezia. I Beatles erano finiti. 9 aprile 1970. Il gruppo che aveva aperto al futuro le porte della musica leggera non esisteva più, non ci sarebbe mai più stato, zero, niente, scordateveli. Per carità, la notizia nell' ambiente circolava già da qualche tempo e lo stesso John Lennon l' aveva in qualche modo annunciata all' interno del gruppo già a gennaio.
lennon, yoko ono e mccartney
Ma fu Paul McCartney che la formalizzò al mondo nel comunicato stampa per l' uscita del suo primo album solista, non a caso intitolato soltanto McCartney. Nel comunicato-intervista gli fu chiesto se il disco rappresentava un periodo lontano dai Beatles o l' inizio di una carriera solista e lui rispose che era entrambe le cose. Poi, dopo aver confermato che non avrebbe più scritto canzoni con Lennon e che non c' erano progetti futuri con i Beatles, «Macca» elencò con naturalezza i motivi per i quali aveva interrotto i rapporti con il gruppo, che sono poi gli stessi per i quali qualsiasi gruppo normalmente si scioglie, ossia «divergenze personali ed economiche, ma soprattutto sto meglio con la mia famiglia».
i beatles 2
Paul McCartney aveva sposato la sua adorata Linda l' anno precedente, ma lei non aveva di certo la vocazione conflittuale e polemica di Yoko Ono perciò non prese alcuna posizione netta quando suo marito smise di essere parte del gruppo più importante di sempre. Risultato: dopo 8 anni, i Fab Four erano soltanto un ricordo e basta.
Ed erano un ricordo anche quando, poche settimane dopo, ossia l' 8 maggio, uscì Let it be, l' ultimo disco di Harrison, Starr, Lennon e McCartney insieme, uno dei più belli della storia. Nel brano Let it be, che è praticamente frutto del solo McCartney anche se firmato come consuetudine anche da Lennon, lui racconta un sogno nel quale la madre, morta di cancro nel 1956 quando la futura megastar aveva 14 anni, gli diceva «non ti preoccupare». «Quando mi trovo in momenti di preoccupazione, mia mamma viene da me dicendo parole di saggezza, non ti preoccupare».
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In realtà McCartney si preoccupò molto per la fine dei Beatles, così come gli altri tre. Avevano suonato l' ultimo concerto, quello sul tetto della Apple a Savile Row, il 30 gennaio del 1969. Il gennaio del '70 si ritrovarono per l' ultima volta insieme in uno studio (non c' era Lennon) per registrare I me mine, che diventò la traccia numero 4 di Let it be. La numero 10, ossia The long and winding road, fu talmente modificata dal produttore Phil Spector, quello del «muro del suono», quello che oggi sta ancora scontando la condanna per omicidio di secondo grado, condanna espiata per lunghissimo tempo nello stesso carcere di Charles Manson, la Corcoran State Prison a Kings County in California, che McCartney arrabbiatissimo fece causa. Prima aveva litigato con la band perché aveva proposto suo suocero avvocato per risanare i disastri finanziari della Apple ma gli altri gli avevano preferito il manager Allen Klein. In realtà queste sarebbero state semplicemente bagattelle se il rapporto tra loro quattro non fosse già arrivato alla fine e se le loro vite, prima ancora delle carriere soliste, non avessero preso strade diverse. Come sempre i grandi eventi sono destinati a restare in parte misteriosi e così anche la fine dei Beatles, annunciata urbi et orbi da McCartney con la sua solita garbata leggerezza, ha tuttora molti lati oscuri.
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the beatles 3
Ma chi se ne importa.
Conta che quel giorno di cinquanta anni fa finirono una band ma soprattutto un' epoca. La swingin' London era sempre meno swingin', l' ossessione ideologica ingrigiva l' ispirazione di tanti e, in quel giovedì di inizio aprile 1970, tutti dicevano che il rock stesse per morire, mentre in realtà stava iniziando il decennio più esaltante della sua storia.
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