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    IL BARONE RAMPANTE - CHE FINE HA FATTO FRANCO CAUSIO? L'EX GIOCATORE DELLA JUVE, SOPRANNOMINATO IL "BARONE", DA RAGAZZO HA FATTO ANCHE IL GARZONE DA UN BARBIERE, SI È SPOSATO DUE VOLTE (ANCHE CON UNA BRASILIANA) E HA AVUTO TRE FIGLI: UNO HA PURE FATTO IL CALCIATORE - L'AVVOCATO AGNELLI, IL MONDIALE, LO SCOPONE CON PERTINI, IL RAPPORTO CON BEARZOT: OGGI CAUSIO HA 73 ANNI E DOPO IL RITIRO SI È COSTRUITO UNA NUOVA VITA A UDINE COME… - FOTO


     
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    Andrea Sereni per www.corriere.it

     

    Franco Causio, da Lecce al Mondiale

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    Barocco e fantasia, estro e corsa. Franco Causio da Lecce, 73 anni, una delle ultime ali, come venivano intese una volta. Bravo a fare tutto, finte, cross, dribbling. «Bianconero da una vita», scrive nella sua autobiografia, che racconta gli anni alla Juventus, la squadra a cui si è legato per gran parte della carriera.

     

    Poi la Nazionale, il Mondiale del 1982, la mitica partita a scopone sull’aereo con Bearzot, Zoff e Pertini. Per tutti è «Il Barone». Ha saputo reinventarsi dopo il ritiro, restando sempre attaccato a quel pallone che lo ha reso grande: commentatore, allenatore dei ragazzi. Ecco che fine ha fatto Franco Causio.

     

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    I soprannomi

    Partiamo dal soprannome. Perché il Barone? «Un giornalista di Torino, Fulvio Cinti, diceva che avevo stile in campo e fuori. Mi piaceva vestire in giacca e cravatta, poi per come mi muovevo in campo». Ce ne è un altro, meno noto, «Brazil», inventato da Vladimiro Caminiti: «Lui fotografò così il mio modo di giocare, per la fantasia che mi portava a fare dei numeri a effetto e spettacolari. Ma sempre al servizio della squadra».

     

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    Garzone dal barbiere

    La storia del Barone inizia a Lecce: partite in strada com gli amici, spazi stretti e tanta tecnica. Il padre, Oronzo, ha un deposito di bombole del gas. Franco per non pesare sul bilancio di famiglia fa anche il garzone di bottega da un barbiere. Intanto entra nel vivaio del Lecce, con cui esordisce in serie C nel 1965, a 16 anni.

     

    Poi un anno alla Sambenedettese e la Juventus, che lo nota e lo ingaggia nel 1966. Arriva a Torino a stento 18enne. Dopo due esperienze in prestito (Reggina e Palermo), torna alla Juventus e ci resta per undici anni.

     

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    Il ricordo di Armando Picchi

    Causio ha indossato la maglia bianconera dal 1970 al 1981: 447 presenze, 72 gol, e tantissime finte, dribbling, cross. Vince sei scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Entra appieno nel mondo Juve. Tra le persone con cui lega di più c’è Armando Picchi, per un periodo suo allenatore.

     

    Di recente lo ha ricordato così: «Provo ancora un dolore lacerante. Quando morì, lo avremmo voluto salutare con la conquista della Coppa delle Fiere, ma nella doppia finale con il Leeds ci andò male. Di Armandino mi piace ricordare la gaffe che facemmo uno dei primi giorni di ritiro a Villar Perosa.

     

    Eravamo sul balcone dell’albergo. A un certo punto arrivò una Jaguar. Scese una ragazza stupenda, bellissima. Puoi immaginare i commenti. Poi, all’improvviso, da sotto la terrazza, comparve il mister: “O’ buhaioli, è la mi’ moglje!”. La figuraccia era oramai fatta, ma con quella battuta ci si fece tutti una gran risata».

     

    La cena a casa dell’Avvocato

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    Diversi anche gli aneddoti raccontati negli anni sull’Avvocato Agnelli. «Ci sono state le telefonate alle sei del mattino, gli arrivi in elicottero a Villar Perosa. E invitava Boniperti a farmi tagliare i capelli e Giampiero rispondeva: “Lo lasci stare”.

     

    L’Avvocato sapeva veramente tutto, lo avevo soprannominato l’Enciclopedia. Una sera mi ha invitato a cena a casa sua, aveva una cineteca immensa. Abbiamo visto “Il profeta del goal”, il film realizzato da Sandro Ciotti, un altro grande, su Cruijff. E, dell’olandese, Agnelli sapeva tutto».

     

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    Le incomprensioni con Trapattoni e l’Udinese

    Lascia Torino perché Trapattoni, l’allenatore di quella Juventus, che per primo gli aveva dato la maglia numero 7, dal 1981 inizia a preferirgli i più giovani Fanna o Marocchino. Causio passa all’Udinese e gioca una stagione su altissimi livelli, che gli vale la chiamata di Bearzot per il Mondiale di Spagna.

     

    Resta a Udine tre anni, si toglie diverse soddisfazioni, dice no alla Juve che voleva riportarlo indietro («Non finché c’è Trapattoni»), chiude tra Inter, Lecce e Triestina, nel 1988.

     

    In Spagna grazie a Bearzot

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    Fa in tempo, come detto, a giocare il Mondiale del 1982. In campo nella finale contro la Germania: «Lo devo al Vecio, Bearzot, il primo che mi ha chiamato quando sono stato ceduto. Mi ha detto: “Fai vedere all’Udinese e a te stesso che non sei finito e sarai il primo nella lista per i Mondiali”. Ho avuto tanti allenatori, ma Bearzot è stato unico, un incompreso, massacrato da vivo, dimenticato da morto».

     

    Il consiglio a Paolo Rossi

    Il Mondiale dell’82 è anche Paolo Rossi e i suoi gol decisivi: «Durante Italia-Perù Bearzot mi mandò in campo al posto di Rossi. Poi ci trovammo uno accanto all’altro sui lettini dei massaggiatori.

     

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    Vidi che Paolo non era contento della sua prestazione, lo guardai negli occhi e gli dissi: “Ti ho sostituito stavolta, ma mica ti porto via il posto. La prossima volta giocherai ancora tu e ti sbloccherai”. Lui mi sorrise e rispose: “Non lo so, vedremo”. Passarono altre due partite e si sbloccò».

     

    Lo scopone con Pertini

    Una delle immagini di quel Mondiale è la partita a scopone in aereo tra Causio, Bearzot, Zoff e il presidente della repubblica Pertini: «Il presidente voleva giocare. Io ho chiesto di stare col Vecio, lui ha scelto il capitano, Zoff.

     

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    Abbiamo vinto grazie a una mia mossa, estrosa come quelle che facevo in campo e anche lì c’è stato di mezzo un 7, il mio numero, che ho calato al momento giusto. Che uomo Pertini! Un anno dopo era in visita a Udine e ha mandato un’auto dei Carabinieri a prendermi, per stare tutto il pomeriggio con me».

     

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    Due mogli e un figlio calciatore

    Il Barone si è sposato due volte. Dal primo matrimonio ha avuto due figli: Barbara e Francesco. Gianfranco, l’ultimo, è arrivato dalla seconda e attuale moglie, Andreia, di origini brasiliane. Ha giocato anche a calcio, senza riuscire a raggiungere i livelli del padre. Attaccante, idolo Ibrahimovic, tifoso della Juventus ovviamente, oggi lavora con il padre.

     

    Team manager, commentatore in tv

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    Da quando si è ritirato Causio vive a Udine, dove ha aperto un negozio di articoli sportivi. Tutti lo trattano come fosse un friulano doc. All’Udinese ha fatto anche il team manager, nel periodo in cui allenatori erano Guidolin e Zaccheroni. Poi è stato commentatore in tv per Sky Sport e Udinese Tv. Nel 2015 ha scritto con Italo Cucci il libro «Vincere è l’unica cosa che conta».

     

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    Il furto mentre è in Brasile

    Nel dicembre del 2014, mentre è in Brasile per trascorrere il Natale con la famiglia della moglie Andreia Brito Dos Anjos, dei ladri gli svaligiano la lussuosa villa che Causio ha a Udine, zona Campoformido. Un vicino di casa si accorge della rete che protegge la villa tagliata. I carabinieri accerteranno che per manomettere il sistema d’allarme della casa i ladri hanno usato della schiuma da barba. Il bottino? Gioielli e orologi di valore.

     

    Cosa fa oggi

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    Di recente il Barone ha aperto una scuola calcio a Udine, in collaborazione con la Juventus. Si chiama CF7 Academy, un marchio in cui spicca il suo numero 7 e che ricorda il celebre CR7 di Cristiano Ronaldo. Con Franco lavora, come detto, anche il figlio Gianfranco.

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