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    GNABRY DA URLO, IL BAYERN CONQUISTA LA FINALE DI CHAMPIONS: DOMENICA SFIDERA’ IL PSG - DOPPIETTA DELL'ATTACCANTE TEDESCO NEL PRIMO TEMPO, LEWANDOWSKI CHIUDE IL MATCH - IL LIONE PUÒ RECRIMINARE PER LE OCCASIONI SPRECATE IN AVVIO DI GARA – LA RIVINCITA DI GNABRY (ACQUISTATO DAL WERDER PER 8 MILIONI): DA SCARTO DEL WEST BROMWICH A STELLA DEL BAYERN MONACO. LA STORIA CON LA MODELLA SVIZZERA DI ORIGINI ETIOPI SANDRA JERZE…


     
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    Stefano Cantalupi per gazzetta.it

     

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    Sarà il Bayern a contendere la Champions League 2019-20 al Psg nella finale di domenica. Niente derby francese, il fantastico cammino del Lione s'interrompe al José Alvalade. I bavaresi vincono 3-0 e restano dunque a Lisbona: per presentarsi all'atto conclusivo di questa interminabile stagione calcistica dovranno solo cambiare stadio (si giocherà al Da Luz).

     

     

    IL LIONE SPRECA

    Dopo le imprese con Juve e Manchester City, il Lione non poteva più contare sull'effetto sorpresa, anche perché i titolari in campo sono gli stessi ventidue dei due quarti di finale.

     

    Eppure il Bayern, nel primo quarto d'ora, sbanda quando l'Olympique accelera con le solite armi: recupero palla il più avanti possibile e lancio in verticale immediato per Depay, Toko-Ekambi o Cornet. Buon per Flick che Depay sprechi col destro la prima chance a porta quasi incustodita, e soprattutto che Toko-Ekambi centri il palo dopo un'azione quasi analoga. Altrimenti chissà.

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    CICLONE GNABRY

       Attacca anche il Bayern e Lopes deve subito tuffarsi per negare la rete a Goretzka, ma ci vuole un capolavoro di Gnabry per consentire ai campioni di Germania di impadronirsi davvero del match. Corre il minuto 18: Gnabry si accentra da destra, crea lo spazio per liberare il sinistro e calcia il pallone in rete con un mix imparabile di potenza e precisione.

     

    Per il raddoppio serve un quarto d'ora, nonostante l'Olympique provi a restare in gara dopo lo svantaggio: Perisic mette dentro un pallone basso da sinistra, Lewandowski stranamente incespica sotto porta ma c'è ancora Gnabry, che fa doppietta da un paio di metri. Nove gol in nove gare, 23 per la coppia Lewa-Gnabry (diventeranno 24 prima della fine, superati Ronaldo-Bale nella Champions 2013-14).

     

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    SEMPRE LEWA

      Serve qualcosa a Garcia per uscire dall'intervallo con mezza chance di rimonta. Una scossa, una mossa tattica, un episodio. Ci prova con Thiago Mendes al posto di Bruno Guimaraes, mentre Flick toglie Boateng e inserisce Sule. L'occasione arriverebbe pure, prima che scocchi l'ora di gioco: Toko-Ekambi si presenta davanti a Neuer, ma calcia male sul portierone in uscita.

     

    Sarà l'ultima "sliding door" della partita, nemmeno l'ingresso di Dembelé - l'incubo del City - cambia il corso degli eventi. Anzi, prima della fine Lewandowski stacca alla grandissima e trova il modo di segnare il suo 15° gol in questa Champions. A segno in tutte le partite, il polacco: un mostro. E ora gliene manca solo una...

     

     

     

     

    GNABRY

     

    Da www.goal.com

     

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    Era il 2015. Serge Gnabry aveva scelto di andare in prestito al West Bromwich per mettere minuti nelle gambe, fare esperienza di Premier League ai massimi livelli. Aveva scelto lui i Baggies tra un ventaglio di opportunità.

     

    La scelta che forse ha più rimpianto in vita sua. Anche se, cinque anni dopo, (anche) quella scelta lo ha portato ad essere un perno del Bayern Monaco che punta a vincere la Champions League. L'esempio perfetto che spesso il viaggio conta relativamente: è importante la destinazione. In questo caso, la Baviera. La maglia rossa. Quella che Gnabry sognava già a 10 anni.

     

    Oggi indossa il Rot, nel 2011 aveva scelto il Red. Londra. L'Arsenal. Gnabry giocava nello Stoccarda, condivideva il campo con Timo Werner e Joshua Kimmich, con i quali oggi condivide lo spogliatoio in nazionale. Con il secondo, anche quello del Bayern, oltre a una profonda amicizia. Lo aveva confessato in quarantena: "Quando non so cosa fare, chiamo Joshua". 

     

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    Che era a casa con un figlio appena nato. A 16 anni il nome di Gnabry era sul taccuino degli scout di tutto il mondo. Gunners compresi. Arsène Wenger lo convinse. Valigie chiuse, aereo verso l'Inghilterra e verso la Premier League. Appena si incontrarono, Serge non riusciva a non sorridere. Un sogno diventato realtà. Tra Rot Red c'è differenza, ma in quel momento Gnabry non la sentiva.

     

    Si era 'innamorato' del Bayern a 10 anni, a un torneo. Era con papà (ivoriano) e mamma (tedesca). Uno scout del Bayern avvicinò la famiglia, erano interessati a quel ragazzino che sembrava già più bravo degli altri. Papà disse no: il piccolo Serge non poteva andare via di casa a 10 anni. Un trauma.

     

    Lacrime su lacrime. Pianti trasformati in forza di volontà, in spinta verso il successo. Poi l'Arsenal, a 16 anni. Gli allenamenti con Per Mertesacker, un esempio per i giovani - non a caso oggi responsabile dell’academy dell’Arsenal - definito da Gnabry a 'The Players' Tribune' come “un amichevole Arnold Schwarzenegger”.

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    A poco più di 17 anni, dopo un po' di praticantato con la seconda squadra, l'esordio da professionista. Le prime presenze in prima squadra a 18 anni, la strada che si apriva in mezzo alla folta concorrenza sugli esterni (Walcott, Chamberlain, Podolski, occasionalmente Rosicky, Özil e Ramsey, Sanchez). Poi, però, un infortunio e un lungo stop hanno cambiato tutto. Pochissime presenze fino al 2015, quando viene presa la decisione del prestito. West Bromwich Albion, con Tony Pulis in panchina.

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    12 minuti contro il Chelsea ad agosto, due volte titolare in Coppa di Lega. Stop. Da ottobre a gennaio, una volta in panchina e sempre in tribuna. Alcune volte, addirittura, con la seconda squadra. Davanti a lui giocatori da bassa classifica di Premier o addirittura provenienti dalla Championship, come James McClean, Callum McManaman, Alex Pritchard. Tony Pulis a fine ottobre aveva demolito tutte le sue speranze.

     

    “Gnabry è venuto qui per giocare, ma per me non è ancora al livello per poterlo fare. Non ha mai giocato molto a livello professionistico. L’academy è sufficiente per rendere pronti i giocatori? Devo scegliere la mia formazione migliore”.

     

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    In seguito Pulis riconoscerà l’errore, ammetterà che Gnabry è l’esempio del duro lavoro, uno che ha sfruttato il potenziale che aveva e che al tempo non riusciva a dimostrare. Quel duro periodo cambiò la sua mentalità. Qualcuno lo definì impigrito. Serge reagì. A gennaio il ritorno all'Arsenal, lo spazio che non aumentava. Anzi. C'era un contratto in scadenza a breve, una firma che non arrivava, tantissime voci. L'estate 2016 avrebbe cambiato la prospettiva di tutti. Giocò l'Olimpiade di Rio con la Germania, perdendo in finale ai rigori col Brasile ma segnando 6 goal. Capocannoniere insieme al compagno Petersen.

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    Non servivano quei goal per convincere Wenger: lui era già disposto a tutto per tenerlo. Servirono per convincere il Werder Brema a puntare su di lui. Gnabry si fece persuadere, prendendo quella che definisce la scelta più difficile della sua carriera. Tra i rimpianti di Wenger.

     

    “Lo avevamo lasciato andare con la nazionale alle Olimpiadi, avevamo un contratto pronto da fargli firmare. Poi ci ha detto di voler andare al Werder Brema. Ma non era il Werder che lo stava comprando, ma il Bayern. Ci sarebbe andato sei mesi dopo, ma era un affare già fatto da prima. Ci aveva detto che sarebbe rimasto”.

     

    Il Bayern lo acquistò per 8 milioni di euro - valore della clausola - qualche mese dopo. Nell'estate 2017 gli fece firmare un triennale. Poi un anno di praticantato con Nagelsmann all'Hoffenheim, colpi da fuoriclasse (compreso un goal da centrocampo al Lipsia), poca continuità. 10 goal. Arrivato al Bayern nel 2018, ha ottenuto la fiducia di Niko Kovac. Non subito ripagata.

     

    Dopo qualche difficoltà nei primi mesi, un goal al Friburgo lo sbloccò. Scattò qualcosa. Ha chiuso la stagione con 10 goal, il premio di miglior giocatore della stagione del Bayern, il primo Meisterschale e soprattutto un lungo rinnovo di contratto. Segnale di fiducia. La chiave per conquistare Gnabry.

     

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    Lo ha capito Kovac, lo ha capito Flick. E subito ci è arrivato anche Joachim Löw. Lo aveva fatto esordire nel novembre 2016 contro San Marino: tripletta. Lo ha richiamato dopo il mondiale di Russia. Lo ha messo al centro del progetto. Risultato: 13 goal in 13 partite. È diventato il più veloce a segnare 10 goal in nazionale, battendo anche Miro Klose. Jogi sapeva.

     

    “Con me Gnabry gioca sempre”.

    Con Pulis, invece, non giocava mai. Ora, quando ci pensa, sorride. Non se lo spiega, ma sorride. Al tempo festeggiava per aver giocato 57 minuti contro il Port Vale, oggi segna contro il Barcellona ed è la cosa più normale del mondo. Per inciso: è già sopra i 20 goal quest'anno. E anche doppia cifra di assist. Con la maglia che papà gli ha negato a 10 anni.

     

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