pier silvio berlusconi ai palinsesti mediaset 2018
Ettore Livini per “la Repubblica – Affari & Finanza”
La stella politica di Silvio Berlusconi, complice l' anagrafe e l' Opa ostile di Matteo Salvini sul centrodestra, si è un po' appannata. Il mondo dei media - terremotato dall' invasione di Netflix, Amazon & C. e dalle nozze reali Comcast-Sky - è ormai un affare da grandi. E Fininvest, ventun anni dopo quella primavera 1998 in cui Mediaset stava per essere venduta a Rupert Murdoch, torna di fronte all' amletico dubbio: cosa fare delle tv di Cologno.
torri mediaset
I tempi per decidere sono maturi. E la posta in palio, lo sanno benissimo anche ad Arcore, è altissima. «Dobbiamo cambiare passo e dimensione», ha ammesso con sincerità Pier Silvio Berlusconi. Non c' è tempo di discutere sulle beghe interne come la deriva più o meno sovranista di alcuni programmi (e manager) del Biscione, nè di piangere sul latte versato del disastroso braccio di ferro con Vivendi.
Mediaset è troppo piccola per competere con solide speranze di sopravvivenza, in un mondo a misura di giganti. E deve cambiare pelle. Come farlo è il dilemma che agita i vertici del gruppo e anima, ormai da qualche mese, i tradizionali pranzi del lunedì a Villa San Martino tra Silvio, i suoi fedelissimi e i figli.
PIER SILVIO BERLUSCONI
Pier Silvio Berlusconi - per quanto lo riguarda - ha le idee chiare: Mediaset deve diventare il primo e unico grande network tv generalista in Europa. Alleandosi con altri gruppi continentali. Quando: «Prima è meglio è», dice lui. Anche perchè il calo degli spettatori della tv generalista - partito in Spagna qualche mese fa - pare essere iniziato all' improvviso anche in Italia. L' importante - ha messo i paletti Berlusconi jr. - è che questa nuova realtà «abbia un azionista stabile come Fininvest » alle spalle.
I pezzi del puzzle, in teoria sono già tutti sul tavolo: Cologno tratta da tempo - tra strappi e ritorni di fiamma - con i tedeschi di ProsiebenSat e i francesi di Tf1. Aziende con cui (assieme all' inglese Channel 4) fa già affari e ha società comuni nei video e nella pubblicità online. Il problema ora è riuscire a fare andare a posto tutti i tasselli di una trattativa che fino ad oggi si è spesso arenata sui personalismi e sulle questioni di governance (detto terra terra, su chi potrebbe comandare in una futura alleanza).
bollore de puyfontaine
I numeri consentono in qualche modo ad Arcore di sperare nella quadratura del cerchio. Il Biscione può mettere sul piatto delle nozze il suo 45% (quota che potrebbe salire di un altro 0,8% nei prossimi giorni) di Mediaset e la partecipazione in Mediaset España. Cologno vale in Borsa 3,3 miliardi, la controllata iberica 2,24. Prosiebensat vale 3,4 miliardi ma alle spalle ha un azionariato diffuso e nessun padrone. Tf1 vale "appena" 1,8 miliardi ma ha come azionista di controllo al 43,7% un osso duro come Martin Bouygues.
fedele confalonieri
A bocce ferme un agglomerato tra queste realtà vedrebbe Fininvest primo socio con una quota vicina al 20%. E porterebbe a casa qualche risparmio sull' acquisto di tecnologie e di contenuti multinazionali. Il diavolo però sta nei dettagli: e per arrivare ai fiori d' arancio restano in ogni caso molti nodi da sciogliere. Il primo sono i rapporti di Cologno con Vivendi, attualmente alle carte bollate dopo la lite su Premium anche se Berlusconi jr. non esclude «un accordo proficuo per tutti». La società di Vincent Bolloré - che con Bouygues, malgrado il matrimonio tra i loro due figli, ha precedenti burrascosi - ha un 29% in Mediaset che le darebbe voce in capitolo nell' operazione. Qualcuno ipotizza che il raider bretone potrebbe sostituire Tf1 come sponda transalpina dell' accordo con i suoi canali tv (peraltro a pagamento).
Ma il suo peso azionario a quel punto sarebbe preponderante. Non solo: le sinergie tra gruppi tv di diversi Paesi, dicono gli analsti, non sono facili. E le precedenti esperienze all' estero del Biscione - al netto del successo in Spagna, non sono proprio felicissime, con il flop di La Cinque in Francia e i guai con Kirch in Germania. Piersilvio comunque ci crede. E si è dato anche un limite di tempo per capire se le cose potranno funzionare: luglio prossimo. La prova?
La decisione di Fininvest di non spremere dividendi da Mediaset dopo i maxi-utili di 471 milioni del 2018, garantiti in buona parte dalla plusvalenza per la cessione di Ei Towers. Soldi tenuti in cassa per eventuali operazioni straordinarie necessarie a creare la tv europea. Se non serviranno, Fininvest si è riservata di passare alla cassa in un' assemblea nella prossima estate per il prelievo.
TF1
Tenersi una doppia uscita - la mega- alleanza o il super-dividendo - è un percorso utile anche per garantire gli equilibri di famiglia ad Arcore. Dove un pezzo di famiglia, con ogni probabilità, preferirebbe mettersi in tasca subito qualche soldo piuttosto che giocare troppe carte in un mercato come quello della tv generalista che diversi analisti giudicano molto maturo. I prossimi mesi, insomma, saranno decisivi per il futuro dell' impero di casa Berlusconi. E se non andasse a posto il puzzle della tv generalista europea - sostengono molti analisti il Biscione dovrebbe in ogni caso trovare un "Piano B" per il futuro.
Meno calda del passato, su questo fronte, è la pista di un' intesa con Telecom Italia. Un po' per l' incertezza nell' azionariato e per il quadro politico nazionale. Un po' perché l' integrazione verticale media- tlc va un po' meno di moda del passato. Anche se - in caso di scorporo della rete - un avvicinamento tra Mediaset e la società di servizi avrebbe qualche logica.