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    IL "BRIT POP" LE CANTA A BORIS JOHNSON: LA BREXIT DANNEGGIA I CONCERTI - DA LIAM GALLAGHER AD ED SHEERAN, DA STING A ELTON JOHN, IL MONDO DELLA MUSICA BRITANNICO ACCUSA IL GOVERNO DI AVERLO ABBANDONATO NEI NEGOZIATI: "A RISCHIO LE TRASFERTE IN EUROPA, TROPPI VISTI E COSTI". UN DISASTRO PER GLI ARTISTI EMERGENTI… IL GOVERNO SI È INCONTRATO CON ESPONENTI DEL SETTORE, PARTE VITALE DELL' ECONOMIA E VEICOLO DEL SOFT-POWER BRITANNICO: BASTI PENSARE ALLA “COOL BRITANNIA” DI BLAIR - VIDEO


     
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    Alessandra Rizzo per "la Stampa"

     

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    Non sarà la rivoluzione cantata dai Beatles, ma è un duro atto di accusa contro il governo: decine di stelle del rock e del pop britannico, da Sting a Elton John, da Liam Gallagher ad Ed Sheeran, hanno rimproverato a Boris Johnson di non aver negoziato un accordo che garantisse la libera circolazione degli artisti dopo la Brexit.

     

    boris johnson panino boris johnson panino

    Un fallimento «Un fallimento vergognoso», scrivono in una lettera aperta pubblicata dal Times, che secondo loro minaccia la sussistenza di un settore artistico già messo in ginocchio dalla pandemia. «Esortiamo il governo a fare ciò che aveva promesso, cioè negoziare la possibilità, per gli artisti britannici e le loro attrezzature, di viaggiare in Europa senza scartoffie».

     

    Colpo al mondo dell' arte Quello artistico è solo uno dei settori in cui gli effetti della Brexit cominciano a farsi sentire. E se è facile immaginare che mega star multimilionarie possano ovviare alle necessarie pratiche burocratiche o sostenere i mancati introiti di un anno chiuso dal Covid, lo stesso non si può dire per le manovalanze, o per gli artisti emergenti. Nei mesi scorsi, tra teatri del West End chiusi, spettacoli cancellati e sale da concerto serrate, decine di loro hanno fatto sentire la loro voce nelle piazze o sulle pagine dei giornali per chiedere al governo un sostegno al settore.

    liam gallagher real city liam gallagher real city

     

    Su questo disastro arriva la Brexit. Il Regno Unito è formalmente uscito dall' Unione europea nel gennaio del 2020, ma nel corso di un periodo di transizione durato un anno, nulla è cambiato.

     

    Da quest' anno invece il Paese ha detto addio alla libera circolazione delle persone, artisti inclusi, e l' accordo commerciale negoziato da Londra e Bruxelles non copre il settore artistico. In mancanza di misure ad hoc, secondo le regole entrate in vigore dal primo gennaio tutti i musicisti che intendano andare in tour in Europa dovranno avere visti per ciascuno dei singoli Paesi in cui vogliono esibirsi, per se stessi e naturalmente per il loro staff, e permessi per l' attrezzattura.

     

    ed sheeran ed sheeran

    Bruxelles e Londra si accusano a vicenda, ma intanto è il settore a rimetterci, e con loro i milioni di fan europei che dovranno rinunciare a vedere tanti artisti, quando la pandemia consentirà di tornare a tenere concerti e altre manifestazioni artistiche. «I costi aggiuntivi renderanno impraticabili molti tour, soprattutto per i giovani musicisti emergenti che, con la musica dal vivo annullata dal Covid, stanno già lottando per tenere la testa fuori dall' acqua», si legge nella lettera. «Questo fallimento negoziale farà precipitare molti musicisti oltre il limite».

     

    sting sting

    Petizione da 250mila firme L' atto di accusa è stato firmato dalle stelle del firmamento presente e passato: Sex Pistols, Peter Gabriel, Roger Waters, Bob Geldof, il rapper Rag 'n' Bone Man, perfino Roger Daltrey, il leggendario cantante degli Who che, al contrario della maggior parte degli artisti, era favorevole alla Brexit; ma anche dagli organizzatori del festival rock di Glastonbury, e stelle della musica classica, come la violinista Nicola Benedetti, e Judith Weir, la «master of the Queen' s music», riconosciuta dalla Famiglia Reale per il suo contributo alla musica. E una petizione che chiede l' esenzione dei visti per gli artisti ha raggiunto oltre 250 mila firme.

     

    Il governo si è incontrato con esponenti del settore, parte vitale dell' economia e veicolo del soft-power britannico (basti pensare alla «cool Britannia» di Blair); a Bruxelles dice che la «porta è aperta» per trovare una soluzione. Probabilmente seguiranno negoziati. La musica, c' è da scommetterci, non è finita.

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