Guido Rampoldi per ‘il Fatto Quotidiano’
STAINO RENZI
Che cosa è davvero in gioco nello scontro che oppone Renzi al Fatto e a Report? La verità circa ricostruzioni per le quali l' ex premier si ritiene calunniato o molto di più? Se alziamo lo sguardo dalle faccende legate al salvataggio dell' Unità scopriamo che la questione non è le fake news, le notizie fabbricate manipolando gli eventi, ma le non-news, gli eventi che non diventano notizia.
Si può essere in disaccordo con quello che scrive il Fatto (capita anche a me), ma non si può negare che nessun giornale dia altrettanto rilievo alle metamorfosi in corso nel sistema dei media. Perché vicende che altrove farebbero discutere in Italia sono minimizzate, la loro sostanza omessa? A indagare si scopre che le non-news funzionano come l' interdetto in alcune scienze umane: gridano ciò che vorrebbero silenziosamente rimuovere. Ecco alcuni esempi recenti.
bersani renzi
A) Secondo quanto afferma Pier Luigi Bersani nel dicembre scorso, Renzi e il suo governo hanno goduto di buona stampa perché "alcuni soggetti economici di comando, finanziari e dell' informazione, avevano bisogno di aggiustare le cose loro". I giornali non riprendono questa affermazione, è una non-news; e nessuno indaga su quell'"aggiustare le cose loro". Eppure non è marginale sapere se in Italia la funzione critica svolta dall' informazione possa essere regolata in modo di escludere dal suo raggio alcuni sistemi di potere, per primo il governo.
È possibile limitare in segreto un elemento costitutivo della democrazia liberale? L' ipotesi non è inverosimile. Come ricerche confermano (Stefano Feltri sul Fatto, 30 marzo), i media possono fabbricare consenso durevole e cospicuo, un bene assai pregiato dalla politica. E se il consenso può essere fabbricato come una merce, allora come una merce potrà essere venduto e scambiato.
vincino vignette 2
B) L' Unità ha pochi lettori ma valore simbolico e udienza tra i quadri del Pd. Il vertice del partito ha cercato, trovandoli, imprenditori e banche disponibili a salvarla. Ma chi compra e chi finanzia un' impresa che accumula perdite e non controlla neppure il proprio sito? "Io ai filantropi non credo", risponde uno che è stato nella partita, l' imprenditore Guido Veneziani, quando il Fatto gli chiede se chi ha rilevato l' Unità si aspettasse favori dal Pd. In tema Report collega alcuni appalti con l' ingresso di un costruttore nella proprietà (il costruttore smentisce). Alla trasmissione segue un frastuono di dichiarazioni sdegnate sul dilagare delle fake news.
sigfrido ranucci l unita
Tra gli sgomenti anche Franco Siddi, personaggio dalla spettacolare curvatura: già segretario della Fnsi, il mesto sindacato dei giornalisti, entra nel cda Rai in quota Renzi e diventa presidente di Confindustria radio-televisioni, un interessante combinato di interessi politici e privati. Sergio Staino spiega l' interessamento di imprenditori all' Unità, di cui è stato fino a ieri direttore, con "l' attenzione e la simpatia" con la quale le industrie che operano all' estero guardavano al governo Renzi. Per esprimere "attenzione e simpatia" basta una email: oppure occorre molto di più? Il dubbio non sfiora i media, che liquidano la vicenda nei termini innocui della polemica.
matteo renzi francesco bonifazi
C) Perché anche ottime imprese ritengano prudente mostrare simpatia verso il governo per ottenere quel che altrove è assicurato dal merito, è cosa che potrebbero spiegare gli stessi imprenditori, magari attraverso il loro quotidiano, il Sole 24 Ore. Simpatizzare aiuta a ottenere linee di credito, vantaggi competitivi, la protezione che dovrebbe garantire la giustizia civile se non fosse disastrata?
massimo pessina
Sul tema, il giornale della Confindustria non offre molto più di esortazioni alla competizione corretta e trasparente, certo lodevoli ma meno efficaci da quando la società editrice è oggetto di un' inchiesta per falsi contabili e vendite gonfiate. Sui suoi guai l' informazione sorvola, non-news, anche perché in tema di vendite gonfiate altri sarebbero in difetto. In ogni caso, il doppio standard pare la regola di tanti gruppi editoriali, restii ad applicare in casa propria i principi etici che proclamano alto e forte.
Se mettiamo insieme tutto questo, appare quel che le non-news indirettamente rivelano: il modello italiano ha configurazione diversa da quella di una democrazia liberale classica. Semmai è un capitalismo di relazione, sistema dato per morto due anni fa proprio da Renzi con uno dei suoi annunci menagramo: "Il sistema che poneva la relazione come elemento chiave di un Paese in cui giornali, banche, imprese, fondazioni bancarie, partiti politici hanno pensato che si potesse andare avanti tutti insieme dialogando e discutendo, è morto".
Però nella frase successiva il cadavere respirava ancora: "Se non muore quel sistema muore l' Italia". Il sistema non è morto, non essendo venuti meno i fattori strutturali che lo sostengono. Inoltre si salda perfettamente con la cultura che divide il mondo in chi ha 'le conoscenze' e chi non le ha. Il suo motto era già nell' ex-ergo di un romanzo di Balzac: "Merito, talento? Puah. Iscrivetevi a una consorteria".
È stata soprattutto questa mentalità - trasversale a classi e partiti - a condurre al dissesto la Grecia. Malgrado il precedente di pessimo auspicio e le ristrettezze causate dall' analogo debito italiano, il nostro capitalismo di relazione ha ancora un futuro. Molto potrebbero giovargli le sante alleanze in costruzione per fermare Grillo: intrecceranno una vastità di interessi pubblici e privati, e con quelli i media sottostanti (a scanso di equivoci: non voto M5S , sono un liberal ultra-europeista).
l unita
L' invisibilità del sistema aumenterebbe, e così i baratti fondati sulla fabbricazione del consenso. Si consoliderebbe, tra l' altro, la tendenza a identificare la politica estera con gli interessi di alcune grandi imprese (un esempio è il tetragono silenzio dei media sulle lodi di Renzi al Pinochet egiziano, al-Sisi, motivate anche dal desiderio di promuovere gli affari).
In ogni caso, le propensioni ancillari del nostro giornalismo sembrano destinate a crescere al ritmo col quale si va ingrossando, in quei luoghi infelicissimi che ormai sono le redazioni, la filiera dei funzionari del capitalismo di relazione. Questo non cambierà la vita a tanti giornalisti bravi e limpidi, purché si tengano alla larga dalle non-news potranno continuare a occuparsi delle loro cose: però nei ranghi di una professione sempre più screditata. Conviene accettare in silenzio questo declino? Non è più onorevole, più appassionante, più sano, alzare la testa e discutere di cosa sia diventato questo mestiere nel tempo dell' informazione-merce?