Ilario Lombardo per www.lastampa.it
VIRGINIA RAGGI E LUIGI DI MAIO SUL TETTO DELLA FARNESINA
Il patto tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti prevede che su Roma ognuno vada per conto suo. Chi tra M5S e centrosinistra supererà in vantaggio il primo turno, stringerà un accordo con l’altro per garantirsi il sostegno al ballottaggio contro il centrodestra. Sarebbe impossibile altrimenti, visto che Virginia Raggi ha piantato il proprio fortino in Campidoglio e non vuole mollarlo. Forte di alcuni sondaggi che darebbero il centrosinistra - anche senza candidato - davanti al M5S, il Pd si è convinto che la migliore strategia sia di andare separati per colpire uniti, sfruttando l’occasione del secondo turno. Ma è ovvio che ogni picconata alla sindaca, anche involontaria, che provenga dai vertici del M5S faccia piacere a Zingaretti.
virginia raggi luigi di maio
Ecco perché al Nazareno raccontano che il segretario dem abbia fatto un’alzata di spalle dopo aver letto nel giro di un’ora Di Maio prima dire su Raitre, a Mezz’ora in più, che era meglio «non fossilizzarsi» su Virginia Raggi, e poi precisare attraverso il suo staff che era in atto «una strumentalizzazione becera delle sue parole» e che la sindaca di Roma ha tutto il suo sostegno. Zingaretti sa bene che il magma grillino è un frullatore letale e che Di Maio è un leader senza i galloni ufficiali del capo politico, per cui la sua parola conta, ma formalmente non fino in fondo. Raggi ha fatto entrare il M5S in un cul de sac, costringendolo a fare i conti con la propria ostinazione a voler restare al Campidoglio e trasformando Roma in un altro capitolo della faida grillina.
Cinque consiglieri capitolini del M5S sono pronti ad affossare la sindaca, dai vertici nazionali soffia un’aria gelida e non tutti la difendono apertamente. Lo fa la senatrice Barbara Lezzi, paladina anti-Pd, in perenne crociata contro Di Maio e sostenitrice della linea purista incarnata da Alessandro Di Battista. «Virginia non si tocca e merita il rispetto di tutti» scrive su Facebook, obbligando Di Maio a una precisazione.
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Segno che, al di là dell’aggettivazione cruenta usata dallo staff del ministro, non erano state solo le agenzie italiane a dare quella particolare lettura delle sue dichiarazioni: «Per spendere bene i fondi del Recovery dobbiamo puntare su candidati sindaci in sintonia con il governo - sono le parole esatte di Di Maio - Questo richiederà un tavolo di governo il prima possibile, ma non mi fossilizzerei su Raggi o su Sala che sono sindaci uscenti. Per me Raggi ha lavorato bene, dobbiamo affrontare insieme il tema delle alleanze programmatiche in tutte le città senza scaricare nessuno».
Il piano di Di Maio sarebbe di cercare convergenze con il Pd nelle grandi città che andranno al voto nel 2021. Spinge per un tavolo nazionale su Torino, Milano, Bologna, Napoli, Trieste, ben sapendo che M5S e Pd partono da posizioni di forza differenti e che Raggi è un ostacolo insormontabile. Meglio allora tenere la Capitale da parte e concentrarsi su altro: Bologna e Torino, innanzitutto, piazze più facili dove accordarsi. La conferma arriva da Zingaretti, che prima si dice «contrarissimo» a qualsiasi accordo con il M5S su Roma e poi liquida la questione della sindaca uscente come un «problema dei 5 Stelle».
VIRGINIA RAGGI E NICOLA ZINGARETTI
Da parte sua, Raggi ha chiaro lo schema elettorale che comunque le farebbe mancare, dal suo stesso partito, la spinta necessaria a conquistare il secondo turno. Lo staff sente quello di Di Maio per un chiarimento e per cancellare sul nascere le polemiche: «Raggi - fanno sapere - è l’unica candidata in campo. In difficoltà sono Pd e centrodestra, che in due mesi non hanno trovato nessuno che voglia rappresentarli».