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Gemma Gaetani per “La Verità”
Sta arrivando l'estate, la stagione nella quale il burro, posto a temperatura ambiente, si trova nel punto di fusione. Con punto di rammollimento si intende lo stato termodinamico (ossia precise condizioni di temperatura e pressione) al quale una materia inizia a mutare il suo stato di aggregazione da solido a fluido.
Quello del burro parte dai 15 gradi: il cassetto del burro del frigorifero è un po' più «caldo» dei 4-6 gradi del resto del frigo, ma conta che non si avvicini ai 15. Anche l'incarto tiene il burro riparato da luce e temperatura, che lo scioglierebbero e potrebbero anche irrancidirlo. Il punto di fusione del burro, invece, è tra 32 e 35 gradi. Il punto di fumo è tra 120 e 160 gradi, e quello del burro chiarificato è di 250.
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In base alla normativa europea, ne possiamo avere vari tipi: il burro, con materia grassa del latte tra 80 e 90%, massimo 16% di acqua e 2% di materie secche e non grasse del latte (ne fanno parte anche i burri speziati, profumati e aggiunti di erbe); il burro tradizionale, da crema pastorizzata, con materia grassa del latte tra 80 e 90%, massimo 16% di acqua e 2% di materie secche e non grasse del latte; il burro ricombinato, ottenuto dalla lavorazione del burro anidro (butteroil), del residuo secco non grasso e dell'acqua, anch' esso con materia grassa del latte tra 80 e 90%, massimo il 16% di acqua e 2% di materie secche e non grasse del latte;
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il burro di siero di latte, da crema del siero di latte o da miscela di crema del siero di latte e crema, anch' esso con materia grassa del latte tra 80 e 90%, massimo il 16% di acqua e 2% di materie secche e non grasse del latte; il burro fuso - denominazione con la quale si possono intendere altri tipi di burri disidratati come il burro disidratato, il burro anidro, il butteroil, il grasso butirrico cioè la materia grassa del latte e il burro concentrato - che contiene più dell'85% di materie grasse del latte; il burro anidro (butteroil), che si ottiene dal latte, dalla crema o dal burro estraendo l'acqua e il residuo secco non grasso e presenta almeno il 99,3% di materie grasse del latte e lo 0,5% massimo di acqua e nel burro anidro comprendiamo anche l'indiano ghee.
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Il burro non è esclusiva nordica: questa convinzione è uno stereotipo. Ma è certamente opzione più nordeuropea e norditalica che centromeridionale dove comunque, attenzione, esiste ed è amato: chiamarlo l'olio del Nord, oltre che l'olio animale, non è sbagliato. In Italia il latte è volto innanzitutto a creare ottimi formaggi come Grana padano Dop e Parmigiano reggiano Dop, mentre nel resto d'Europa il latte si vota al burro: la Francia ha quattro burri Aop, equivalenti del nostro Dop, noi nessuno.
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Il Piemonte si sta adoperando per ottenere la Dop per il suo burro e la nostra nazione, riconoscimenti ufficiali a parte, pullula di tanti ottimi burri, per esempio dal Beppino Occelli, l'industriale migliore, al Botìro di Primiero di malga, prodotto di nicchia e presidio Slow Food.
METODI DI PRODUZIONE
Dicevamo che il burro deriva dal latte: per il burro da affioramento, primo metodo con il quale l'uomo ha burrificato, si lascia riposare il latte munto 12 ore a 15 gradi perché la panna, parte più grassa e più leggera del latte anche detta crema di latte, affiori in superficie. Poi, questa crema acida (acidificata dalla permanenza a temperatura ambiente) si rigenera a 80 gradi, si pastorizza, si cristallizza con raffreddamento rapido a 6-7 gradi, vi si aggiungono colture di batteri per dare «aroma di burro», si fa riposare, si mette nelle zangole dove si sbatte per 40-50 minuti a 12 gradi di modo che il grasso si raggrumi, separandosi dal liquido che si chiama latticello, poi si sciacqua, s' impasta, si modella, si impacchetta et voilà, il burro è fatto.
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Se il procedimento è tutto industriale, queste operazioni sono fatte da un'unica macchina con il cosiddetto metodo Fritz. Questo è anche detto burro di casone. Il burro centrifugato, invece, durante la lavorazione mantiene la sua temperatura stabile a massimo 6 gradi: non interrompere la catena del freddo impedisce fermentazioni e l'assenza di carica batterica fornisce una materia di partenza non acida.
È anche detto burro di centrifuga. Si burrifica anche partendo dal siero, il residuo della produzione casearia: il cosiddetto «burro da siero» è merceologicamente differente dai precedenti due definiti «burro da latte».
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La centrifugazione con scrematrice è più veloce e il processo di zangolatura manuale in passato si effettuava con zangole a stantuffo. Oggi, sono molto diffuse nel mercato internettiano degli accessori per cibo piccole zangole a manovella che sono simpatiche non solo per avere un po' di burro do it yourself, ma anche per estrarre il latticello (che si usa nella cucina anglosassone e in generale europea ed è abbastanza introvabile nella nostra grande distribuzione).
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Girando la manovella (per una buona mezz' ora) queste zangolette di plastica permettono di separare la materia grassa dal latticello e poi, procedendo con le operazioni viste prima, ottenere il panetto di burro, ma bisogna fare attenzione a operare con mani e attrezzature molto pulite e a usare panna pastorizzata.
MITI DA SFATARE
Molti sono convinti che il burro faccia male. Spiega Assolatte che negli anni Cinquanta si diffuse lo studio dei «sette Paesi» del biologo e nutrizionista Ancel Keys, la cui tesi era che le patologie cardiovascolari dipendessero solo dai grassi e portava a corredo dati che dimostravano una forte correlazione tra consumo di alimenti grassi, aumento del livello del colesterolo nel sangue e maggiore insorgenza di malattie cardiache.
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Lo studio è stato smentito più volte, anche poco tempo fa da Nina Teicholz che con il suo libro The big fat surprise ha spiegato come l'aver eliminato i grassi nell'alimentazione occidentale, in seguito alla tesi di Keys, abbia aumentato il consumo di carboidrati che, in eccesso, stimolano l'accumulo di grasso e perciò il rischio di malattie cardiovascolari e diabete.
Inoltre, i dati di Keys non valutavano i Paesi nordeuropei dove al consumo di molti grassi non corrispondeva affatto un aumento di problematiche cardiovascolari.
Per molti, quegli studi furono propedeutici al lancio commerciale delle margarine proposte come alternative salutari al burro, proprio come oggi si spinge il pedale pubblicitario/propagandistico della salubrità della «carne» plant based rispetto alla vera carne. Ingozzarsi di una cosa annientando il consumo di un'altra non conduce mai a un'alimentazione ideale: le margarine, con i loro grassi vegetali idrogenati, responsabili dell'accumulo del colesterolo cattivo, non erano «il burro buono».
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Sono molti i falsi miti intorno al burro, perciò demistifichiamoli. Il burro non è il grasso più calorico: ha 758 calorie per 100 grammi, ma la margarina ne ha 760, il lardo 891 e l'olio 899. Se il burro è composto dall'82% di grassi e il 16% di acqua, l'olio ne ha il 99,9%. Con ciò, non stiamo dicendo che il burro sia migliore di altri grassi, ma non è peggiore. Si dice sempre che il burro ingrassi e l'olio faccia bene. In realtà, entrambi vanno consumati in quantità adeguata: per il burro parliamo di circa 10-15 grammi al giorno. Il ricercatore Zemel ha dimostrato come il consumo costante di prodotti lattiero-caseari ricchi di calcio (il burro ne ha 25 milligrammi ogni 100 grammi) aiuti la lipolisi e faccia diminuire la massa grassa nel corpo.
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Uno studio pubblicato sullo Scandinavian Journal of primary health care ha dimostrato che persone osservate per 12 anni erano diventate meno obese consumando latte, burro e panna normali rispetto a chi aveva consumato latticini di tipo light o meno latticini.
Il burro contiene Cla, isomeri coniugati dell'acido linoleico, che riducono la quantità di grasso corporeo aumentando la massa magra. Il burro, poi, contiene colesterolo nella quantità di 250 milligrammi ogni 100 grammi. Ciò significa che con 10 grammi di burro stiamo assumendo 25 milligrammi di colesterolo, il 10% della quantità giornaliera raccomandata cioè 200-250 milligrammi al giorno.
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Non bisogna mai essere trancianti e assolutizzare, bisogna casomai relativizzare per avere una visione più realistica dei fatti: il colesterolo ha un effetto antiossidante, è alla base delle membrane delle cellule del cervello e gli ormoni. In un organismo non sovrappeso, in un'alimentazione equilibrata, un po' ci vuole. Le vitamine A, D, E e K sono liposolubili cioè vengono assorbite con i grassi.
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VITAMINE LIPOSOLUBILI
Gli acidi grassi a catena corta del burro che si sciolgono a 32 gradi, incontrando la temperatura corporea che è di circa 36 gradi, possono essere subito bruciati, se assunti in piccola quantità e da un organismo abbastanza affamato. Ciò fa del burro un alimento ideale per lo sportivo e per avere energia velocemente saziando e senza accumulare grasso: a ben guardare il caro vecchio pane (o fette biscottate) con burro e marmellata per colazione o merenda aveva la sua ragion d'essere, anche salutistica.
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Il burro non è un condimento o un ingrediente che fa ingrassare se consumato nelle dosi giuste, per condire la pasta, mantecare un risotto o per preparare un dolcetto da consumare con moderazione. In definitiva, il burro non è affatto nemico della salute (se consumato alle giuste dosi): la vitamina A (930 microgrammi di vitamina A retinolo equivalente in 100 grammi di burro) protegge la tiroide e le ghiandole surrenali e, indirettamente, il cuore; la lecitina regola l'assorbimento del colesterolo e degli altri grassi.
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Con la vitamina E (2,4 milligrammi), il potassio e il sodio, 15 milligrammi del primo e 7 del secondo, rapporto 2:1, virtuoso, e il fosforo (16 milligrammi), il burro è un antiossidante ed energizzante da - in piccole quantità - non discriminare affatto, ma da accogliere eccome nella propria alimentazione.
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