Ivan Zazzaroni per il “Corriere dello Sport”
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L’ultima (ma non sarà l’ultima) intervista concessa al Corsera dal presidente - non si sa a quale titolo - della Lega Lorenzo Casini, stimato giurista sensibilmente digiuno di calcio, è un concentrato di imprecisioni e vuoti, ma merita comunque attenzione per il ruolo dell’intervistato e l’importanza del momento.
Trascuro la prima risposta sulla tempistica del mercato, peraltro non correggibile, e a volo d’uccello migratore mi proietto sulle (sue) aspettative stagionali e soprattutto sul resto. Casini si augura «un torneo più ricco di reti e in grado di far emergere giovani, anche italiani».
Anche? E perché non solo? Su quali basi, poi? Ha per caso seguito le evoluzioni di questa campagna acquisti, cessioni e rottamazioni? Casini, in pieno stile Miss Italia, vorrebbe anche che «le nostre squadre potessero arrivare in fondo nelle coppe». Mancano sogno la pace nel mondo e la fine della fame, sempre nel mondo, e il campionario delle banalità è completo. Auspica inoltre un miglioramento culturale specialmente sui temi della sostenibilità e del razzismo.
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Sul razzismo non posso che concordare con lui, la sostenibilità non è purtroppo associabile al calcio competitivo ed è parola di (ab)uso fin troppo comune ormai, mi ricorda la rucola negli Anni 80. Il Nostro mi stupisce di nuovo quando dichiara che «la conflittualità nel mondo sportivo è inevitabile e appartiene alla sua dimensione agonale». Agonale? Il protagonismo è il contrario dell’agonismo, perché il protagonismo è cooperativo, cioè capacità di mettersi al servizio di un sistema e di rappresentarlo, mentre l’agonismo fa prevalere la dimensione egoistica e individuale: purtroppo la leadership di Casini pare tanto espressione di una cordata di micro interessi individualistici che pretendono di egemonizzare un sistema, cercando talvolta alleanze insane con la politica e rischiando di mina- re quel diaframma che c’è tra lo sport e la dimensione civile e che è il senso dell’autonomia dello sport.
claudio lotito
Quando il presidente Casini attribuisce la crisi della Nazionale allo scollamento che esiste fra la dimensione del professionismo e quella del dilettantismo, dice la verità, ma il rimedio che propone è l’esatto opposto di quello necessario a guarire il sistema. Perché imponendo la rappresentatività del professionismo a danno del dilettantismo non si fa che esaltare la dimensione finanziaria del calcio, che è quella che ha svuotato i vivai riempiendo le Primavere di stranieri. Ed è singolare che, parlando di riforma della Primavera, Casini si sottragga alla responsabilità che, in quanto rappresentante dei club, ha rispetto alla rinuncia a coltivare talenti, e alla comoda soluzione di comprare cartellini a basso costo fiscale perfino nei settori giovanili.
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Se i diciottenni italiani non arrivano in Nazionale è perché nessuno dei club li ha coltivati per quantità e qualità necessarie, come avviene invece in Spagna. Spero che prima o poi la gente capisca che l’organizzazione dei campionati e le scelte legate ai vivai e alla formazione dei giovani sono di esclusiva pertinenza delle Leghe. Casini sta peraltro portando avanti un progetto Primavera assurdo, poiché eleva l’età a 22 anni: pensate sia possibile che i ventiduenni impiegati in Primavera abbiano prospettive concrete?
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Altra sottolineatura: «Vi sono sempre stati contrasti tra Leghe e Figc, anche prima del mio arrivo, e non mi pare siano aumentati». Sono aumentati eccome e in modo esponenziale. Non a livello istituzionale, ma individuale. Il suo predecessore Paolo Dal Pino aveva trovato un’in- tesa sostanziale con la Figc al punto da sostenere Gravina contro tutto e tutti nelle fasi più delicate. I due salvarono il calcio nel momento più difficile della stagione pandemica. Questo non va dimenticato e vale più dello stesso risultato degli Europei nel 2021. Una parola sull’emendamento Mulé: insipido. E non mi pare che garantisca maggiore autonomia alle Leghe.
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Che Casini abbia voglia di restare in sella è naturale, non gliene faccio una colpa: sospetto tuttavia che siano dieci o undici le società a volere il cambiamento. Deve augurarsi che chi lo sostiene (questione di iniziali invertite) riesca in qualche modo a spostare l’ago della bilancia a suo favore.
PS. Quando nel marzo di due anni fa si cominciò a parlare di Casini quale successore di Dal Pino in Lega tanti giornali - compreso il nostro - pensarono subito si trattasse di Pier Ferdinando. Che quantomeno un legame forte col calcio l’aveva, tifando Bologna da prima del 1964.
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