Francesco Perugini per “Libero Quotidiano”
diritti tv
Dopo l' abbuffata natalizia, la prima domenica senza calcio porta un po' di nostalgia pallonara. I tifosi da stadio - sempre di più, come raccontano i numeri sotto - si godono una giornata alternativa, mentre gli sportivi da divano devono accontentarsi al massimo della FA Cup. Ma è giusto chiedersi: quale sarà il futuro del calcio in televisione?
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Per rispondere tocca fare un passo indietro, alla lunga estate dei diritti tv. Con Mediaset Premium stroncata dall' azzardo della Champions League, Sky si è ritrovata l' unica pay tv in grado di tenere in piedi il sistema. Dopo lo scontro con gli spagnoli di Mediapro - che promettevano il canale della Lega, ma sono caduti di fronte a una fidejussione da pagare -, l' emittente satellitare ha offerto 780 milioni per 266 partite per tre anni fino al 2021. Oltre 200 milioni in più rispetto al passato con 114 partite in meno. Si tratta dei tre incontri a giornata finiti a Dazn - un concorrente indispensabile per il dettato della legge Melandri - che se li è aggiudicati per 193 milioni: 973 milioni totali, lontanissimi dagli 1,1 miliardi attesi dalla Lega.
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Certo, sono partite in esclusiva che in teoria dovrebbero portare più abbonamenti (e doppi abbonamenti), ma non è così. Almeno in Italia, dove già ai tempi del duopolio tra Tele+ e Stream le due concorrenti accumularono una montagna di debiti che li spinse alla fusione. Colpa anche degli oltre due milioni di schede pirata di inizio anni Duemila, mentre oggi la pirateria va a gonfie vele tra lo streaming illegale e il "pezzotto": un decoder pirata per la visione di Sky, Dazn e Netflix a 12 euro al mese.
La bolla dei diritti tv si è sgonfiata. Accade anche all' estero, per esempio in Premier League: da 5,1 miliardi, Sky e Bt hanno fatto retromarcia fino a 4,4 miliardi di sterline (5 miliardi di euro) per il 2019-2022. Numeri comunque astronomici per il calcio italiano: basti pensare che la BBC versa 240 milioni di euro per i diritti in chiaro, mentre Novantesimo minuto vale appena 4 milioni (mentre la Supercoppa italiana e la Coppa Italia costano 35 milioni alla Rai).
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Il peso degli accordi firmati, però, resta come un macigno sul futuro di chi possiede i diritti. Cifre ufficiose parlano, per esempio, di 1,3 milioni di abbonati per Dazn: attenzione però, il servizio permette di collegare sei apparecchi allo stesso account, pagato una sola volta.
Più complessa è la situazione di Sky Italia. Con abbonati in crescita ma inchiodati sotto la soglia dei 5 milioni (4,8), l' emittente ha nel calcio il suo core business e allo stesso tempo è il primo finanziatore dei club di A. L' ex azienda di Rupert Murdoch - ora nelle mani di Comcast - ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2018 con quasi 3 miliardi di ricavi e 100 milioni di utile. All' orizzonte, tuttavia, ci sono impegni ancora non contabilizzati per 4,4 miliardi di euro per i diritti tv pluriennali di Serie A, Champions ed Europa League, Premier, motori e il resto dell' offerta sportiva. Un macigno che imporrà un taglio ai costi per tenere i conti in ordine.
Anche all' estero le cose non vanno bene: Img aveva comprato per 340 milioni i diritti globali della A - il doppio del passato -, ma a novembre scorso aveva ancora un buco di 100 milioni da colmare. Nonostante Cristiano Ronaldo.
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