Stefano Lepri per “la Stampa”
il banchiere fabio panetta
No, Ignazio Visco non si dimetterà da governatore della Banca d'Italia: come potrebbe farlo ora, con l'inflazione e la guerra che creano problemi del tutto nuovi, in una fase di discussioni accese all'interno della Bce su quanto alzare i tassi di interesse? Ma l'ipotesi non si spegne, ritorna insistente, se non ottobre prima della fine dell'anno, prima della fine della legislatura.
Se vogliamo, è un'altra prova della straordinaria capacità di complicare anche le cose semplici di cui la politica italiana continua a dare prova. Ovvero anche una nomina soggetta a una severa procedura istituzionale, con possibilità di scelta limitate anche da ragioni di prestigio all'estero, e in questo caso senza visibili ambizioni di personalità rivali, può suscitare ansie nelle stanze del potere.
ignazio visco fabio panetta
Il mandato dell'attuale governatore terminerà il 30 ottobre 2023, dopo che le Camere saranno state rinnovate. Il presidente della Repubblica, che ha un ruolo determinante, dovrà stabilire il successore su proposta di un governo che riesce difficile immaginare quale sarà. Si capisce che qualcuno sogni di provvedere prima, andando sul sicuro, con un governo a larghissima maggioranza.
Nella campagna elettorale di primavera, si darebbe però fiato alla demagogia contro le «élites che si autoperpetuano». Non è chiaro poi quale sarebbe il pericolo da evitare: il candidato più forte alla successione, quasi senza rivali, è Fabio Panetta, romano, 63 anni tra poco, membro dell'esecutivo Bce, e già numero due della Banca d'Italia stessa.
ignazio visco mario draghi
Di Panetta nessuno mette in dubbio la competenza; come idee è un cattolico conservatore che non dovrebbe dispiacere a una eventuale futura maggioranza di destra. A Francoforte sta battagliando da «colomba» per evitare aumenti troppo forti dei tassi di interesse. Non si capisce a chi gioverebbe richiamarlo a Roma per attribuirgli in anticipo una carica che quasi certamente sarà sua dal 2023.
Eppure, l'ipotesi delle dimissioni anticipate continua a circolare, anche all'interno della Banca d'Italia. Circola anche se quelli che meglio conoscono Ignazio Visco non credono affatto che le darà, salvo che nell'ipotesi che il Quirinale le ritenga preferibili.
Naturalmente circola a Montecitorio, dove ogni possibile ricambio di poltrone eccita la propensione all'intrigo.
fabio panetta e christine lagarde
Chi vuole tagliare i tempi forse cerca di prendere d'anticipo le possibili manovre di schieramento. I precedenti possono preoccupare, da quando nel 2011 Mario Draghi lasciò la carica che aveva assunto con generale consenso sei anni prima. Più la politica è in disordine, più si rischia di gettare nel tritacarne del discredito una istituzione sommamente tecnica come la Banca d'Italia.
fabio panetta
Ignazio Visco fu scelto la prima volta dopo ore confuse in cui altri erano stati convinti di avere la nomina in tasca, per opera dell'ultimo governo Berlusconi al suo interno divisissimo e alla vigilia di cadere. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fece prevalere un candidato valido dopo che altri candidati validi erano stati scartati, tra veti e ambizioni in conflitto.
IGNAZIO VISCO
Visco fu riconfermato per altri 6 anni nel 2017 sotto il governo Gentiloni benché Matteo Renzi, allora segretario del principale partito di governo, volesse punirlo per Banca Etruria. Quando già si discuteva di un possibile successore, di fronte a un attacco fattosi sguaiato il presidente Mattarella lo invitò a restare.
Potrebbe accadere di peggio? Tipo un governo paralizzato che non riesce a decidere per mesi? Di certo, scegliere una persona non all'altezza causerebbe un disastro sui mercati, con immediato maggior costo per il debito, ma il Capo dello Stato è in grado di opporsi.
IL DISCORSO DI IGNAZIO VISCO DURANTE L EMERGENZA COVID
La Banca d'Italia ha saputo riguadagnare il suo prestigio dopo i comportamenti estremi del governatore Fazio, prima schierato a favore di una parte politica poi in contesa con essa, soprattutto velleitario regista delle fusioni bancarie in dispetto sia al mercato sia alle regole. È oggi meno importante di quanto era un tempo, perché le decisioni cruciali si prendono a Francoforte. Ma l'economia si sta evolvendo in modo nuovo e imprevedibile, e i banchieri centrali sono attaccati da parti opposte. Per non restare prigionieri di idee vecchie, o di seguire interessi altrui, serve una Banca d'Italia intellettualmente autorevole.
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