Salvo Palazzolo per la Repubblica
Messina Denaro al matrimonio della sorella
L’odore del pitrusinu è intenso, all’alba. Dentro un vecchio baglio, il portone di legno è rimasto spalancato. Lungo una trazzera ci sono i segni delle jeep. Questa notte, i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani hanno battuto palmo a palmo le campagne che sanno di pitrusinu, il prezzemolo che qui cresce da sempre in abbondanza. Anche il paese si chiama Petrosino.
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Fra questi bagli e le trazzere che guardano il mare affacciato sull’Africa hanno cercato stanotte l’uomo che non si trova da 24 anni. Matteo Messina Denaro, il capomafia di Castelvetrano condannato all’ergastolo per le stragi di Roma, Milano e Firenze. L’erede del sanguinario Totò Riina, che conosce i segreti di quella stagione. Sembra essere diventato un fantasma.
Di sicuro, continua a godere della protezione di una rete di fedelissimi. E questa notte la procura di Palermo diretta da Francesco Lo Voi ha fatto scattare un provvedimento di fermo per 14 persone, tutte residenti nella zona di Marsala. Perché è in questo scorcio di Sicilia che si sono strette le indagini negli ultimi tempi, grazie ad alcune preziose intercettazioni.
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Una prima traccia ha sorpreso nel 2015 due mafiosi di Campobello di Mazara mentre dicevano che Iddu si nasconde nella zona di Marsala. Poi, in un altro dialogo, un autorevole esponente della famiglia di Marsala, Nicolò Sfraga, sussurra: “Iddu u dissi". Lui l’ha detto. “Lui” voleva mettere fine a un contrasto che attraversava la cosca di Petrosino. “Iddu u dissi” da che parte stava il torto, e da che parte la ragione. E tutti obbedirono.
"Il latitante ha i c... vunciati (è arrabbiato - ndr) - diceva ancora Sfraga - che sarebbe Messina Denaro, si trova nelle zone nostre... e vorrebbe ammazzare a qualcuno? Uno, due, tre, quanto... Ma qua, gli ho detto, ci sarebbe da salire là sopra... lui li dovrebbe ammazzare quelli di là, e poi scenderebbe piano piano". A capo della famiglia di Marsala c'era Vito Vincenzo Rallo. Sfraga era un suo fedelissimo; l'altra fazione del clan era animata da Vincenzo D'Aguanno.
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Ora, questi frammenti di intercettazioni sono un tassello importante per provare a ricostruire il mistero di una latitanza che dura da troppo tempo. Per investigatori e magistrati, Messina Denaro si sposta di frequente. La rete di assistenza e di protezione è ampia, questo ribadisce il provvedimento di fermo disposto dal procuratore Lo Voi e dai sostituti Carlo Marzella, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo, della direzione distrettuale antimafia. E’ scattato un fermo d'urgenza perché dalle intercettazioni sembravano emergere fibrillazioni all’interno della famiglia mafiosa di Marsala. E c’era persino il rischio di un omicidio che doveva avvenire presto per risolvere l’ennesimo contrasto nel clan. Forse, perché adesso Iddu è lontano. Chissà.
toto riina
Dai misteri di una lunga latitanza emerge la foto del giovane Messina Denaro al matrimonio della sorella Giovanna. Ha vent'anni in questa immagine che Repubblica mostra per la prima volta, ancora nessuno può immaginare il ruolo del rampollo di don Ciccio Messina Denaro, boss di peso e campiere della famiglia D’Alì, la famiglia del futuro sottosegretario agli Interni del governo Berlusconi.
BERNARDO PROVENZANO
E’ il 1982, l'anno del primo omicidio per Matteo Messina Denaro. Dieci anni dopo, sarebbe diventato l'erede di Totò Riina ("Suo padre l'ha affidato a me", diceva il capo dei capi intercettato in carcere), il custode dei suoi segreti ("Conserva lui l'archivio di Riina", ha spiegato il pentito Giuffrè). Questa è ormai una latitanza scandalo costruita sui segreti del passato: dieci anni fa, Bernardo Provenzano trasmise a Messina Denaro (Alessio, si faceva chiamare) anche il nome di un misterioso politico tramite un pizzino riservato. Un altro giallo nella veloce carriera della primula rossa di Cosa nostra, l'uomo che sta traghettando l'organizzazione mafiosa in una nuova stagione di affari e complicità.