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    VOLETE SAPERE QUANDO SALTERA’ L’EUROPA? QUANDO CI SARA’ UN TEDESCO ALLA GUIDA DELLA BCE - IL CAPO DELLA BUNDESBANK, JENS WEIDMANN, PARLA COME SE FOSSE GIA’ AL POSTO DI DRAGHI: “È TEMPO DI INIZIARE A USCIRE DALLA POLITICA MONETARIA ULTRA-ESPANSIVA E DALLE MISURE NON CONVENZIONALI” - IL PIZZINO ALL’ITALIA: “CHI CHIEDE UNA MAGGIORE CONDIVISIONE DEL RISCHIO, DOVREBBE ESSERE PREPARATO A RINUNCIARE A PIÙ DIRITTI SOVRANI A LIVELLO EUROPEO”


     
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    1 - BUNDESBANK DETTA LE REGOLE ALLA BCE

    Rodolfo Parietti per “il Giornale”

     

    weidmann schaeuble weidmann schaeuble

    Jens Weidmann studia da una vita per diventare presidente della Bce. Ma il capo supremo della tedesca Bundesbank rischia di restare a terra anche al prossimo giro di giostra, quando nell'ottobre 2019 andrà a scadenza il mandato di Mario Draghi. Sembra, infatti, che Angela Merkel abbia dirottato le proprie attenzioni sulla poltrona di numero uno della Commissione Ue, che Jean-Claude Juncker occuperà fino al novembre del prossimo anno, scaricando in pratica il pur fidato Jens.

     

    janet yellen jens weidmann steven mnuchin janet yellen jens weidmann steven mnuchin

    Così almeno rivela Handelsblatt. Mutti pensa - non a torto - che dal punto di vista delle decisioni politiche Bruxelles sia più importante rispetto all'ottenimento della leadership dell' Eurotower, considerata più di rappresentanza. In questo modo, la Merkel pensa di poter arginare i movimenti populisti e sovranisti, verosimilmente destinati ad avere una maggiore rappresentanza dopo il voto del prossimo mese di maggio.

     

    Weidmann diventerebbe una pedina sacrificabile anche per non creare tensioni con i Paesi del Club Med, che in tutti questi anni hanno mal digerito l'avversione del banchiere tedesco verso le politiche di allentamento quantitativo. A cominciare dal nostro: «In Italia rispondono lui, mai a ogni colloquio», cita il giornale vicino alle imprese.

    MARIO DRAGHI MARIO DRAGHI

     

    Il numero uno della Buba continua tuttavia a comportarsi come se fosse il presidente in pectore della banca centrale di Francoforte. In un discorso tenuto ieri a Berlino, all'Associazione della Stampa estera, ha spiegato quali dovrebbero essere le coordinate dell' azione della Bce una volta finito sul binario morto il quantitative easing. Sul finis vitae del Qe, Weidmann non ha dubbi: deve chiudersi in dicembre, così come concordato. «Nelle loro proiezioni di giugno - ha ricordato - , gli esperti dell' Eurosistema hanno previsto che l' inflazione annua sarà all' 1,7% fino al 2020. Se lo chiedete a me, questo è ampiamente coerente col nostro obiettivo di stabilità dei prezzi di medio termine».

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    Quindi? «Per questa ragione - ha proseguito - è anche tempo di iniziare a uscire dalla politica monetaria ultra-espansiva e dalle misure non convenzionali, soprattutto se consideriamo i possibili effetti collaterali». Parole dal preciso peso politico: sbarrare la strada alla possibilità di una prosecuzione del piano di acquisto titoli significa mettere sull'avviso Draghi, che invece ha sempre mantenuto in vita quest'opzione per far fronte a eventuali emergenze.

     

    Inoltre, si tratta di una presa che assume ulteriore spessore nel mentre l' Italia è già alle prese con la risalita degli spread, sotto schiaffo da parte delle agenzie di rating e nel mirino della speculazione internazionale. Insomma: Weidmann lascia cadere l'invito a prolungare il Qe rivolto alla Bce nei giorni scorsi dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti.

    weidmann draghi weidmann draghi

     

    Sulla condivisione dei rischi il presidente della Bundesbank ha d'altra parte, e non da ora, un' idea molto precisa: «Coloro che la chiedono dovrebbero essere preparati a rinunciare a più diritti sovrani a livello europeo».

     

    Magari accettando l'idea dell' istituzione di un super-ministro dell'Economia a trazione tedesca, ruolo che Weidmann potrebbe voler ricoprire se non riuscirà a diventare il successore di SuperMario. Comunque, anche un'eventuale condivisione dei rischi non porterà a una mutualizzazione dei debiti: «Il pesante fardello del debito pubblico deve essere spezzato. Ma sono sfide che ogni Stato membro deve affrontare individualmente».

     

    2 - BERLINO CI AIUTERÀ SOLO SE CI INCHINIAMO ALLA UE

    A. Bar. per “Libero Quotidiano”

     

    MARIO DRAGHI MARIO DRAGHI

    Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe rinunciato a conquistare la presidenza della Banca centrale europea del dopo Draghi, puntando direttamente sulla Commissione Ue, Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, ha rilanciato il teorema tanto caro ai falchi tedeschi.

     

    Quanti si aspettano di condividere il rischio a livello europeo debbono prepararsi a cedere sovranità. «Coloro che chiedono esplicitamente una maggiore condivisione del rischio», ha puntualizzato il presidente della banca centrale tedesca, «dovrebbero essere preparati a rinunciare a più diritti sovrani a livello europeo».

     

    A questa cessione di sovranità, almeno per noi, dovrebbe cominciare probabilmente dalla stesura della nuova legge di bilancio. La premessa a questo nuovo altolà di Francoforte non è meno pesante per noi della conclusione. «Il pesante fardello del debito pubblico dev' essere spezzato», ha dichiarato Weidmann nel corso di un intervento pubblico a Berlino, nella sede della stampa estera, sottolineando poi che il taglio al debito, assieme al miglioramento della competitività e dei fondamentali di crescita, nell' Eurozona, «sono sfide che ogni Stato membro deve affrontare singolarmente».

    Jens Weidmann e Angela Merkel Jens Weidmann e Angela Merkel

     

    E la cuccagna monetaria è agli sgoccioli. «Nelle proiezioni di giugno, gli esperti dell' Eurosistema hanno previsto che l' inflazione annua sarà all' 1,7% fino al 2020. Se lo chiedete a me, questo è ampiamente coerente col nostro obiettivo di stabilità dei prezzi di medio termine», ha chiosato il banchiere centrale tedesco, «e per questa ragione è anche tempo di iniziare a uscire dalla politica monetaria ultra espansiva e dalle misure non convenzionali, soprattutto se consideriamo i possibili effetti collaterali». Da tempo i tedeschi chiedono la fine del Quantitative easing. Ora ci siamo.

     

     

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