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    NON È UN PAESE PER VECCHI - IL CASO DEI CINQUE ANZIANI RIFIUTATI DALL'OSPEDALE DI VERCELLI E MORTI POCO DOPO: “C’È POSTO SOLO PER I GIOVANI” - IL MEDICO AVEVA DISPOSTO IL RICOVERO MA IN RIANIMAZIONE NON LI HANNO ACCOLTI - ERA LA SERA DEL 19 MARZO: GLI ANZIANI SONO MORTI NEL GIRO DI UNA SETTIMANA - LA PROCURA APRE UN’INCHIESTA…


     
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    terapia intensiva coronavirus 1 terapia intensiva coronavirus 1

    Andrea Zanello per “la Stampa”

     

    L'intervento è all' interno di una casa di riposo, nel pieno dell' emergenza covid19. Cinque ospiti hanno febbre e saturazione bassa. Viene lanciato l' allarme. Al medico del 118 che entra nella struttura ormai basta un' occhiata per riconoscere i sintomi da covid19, nemico che sta mettendo sotto stress le Rianimazioni degli ospedali del Nord Italia. Anche a Vercelli. I 5 ospiti vengono dichiarati in codice rosso, per un ricovero.

     

    Ma nessuno di loro va in ospedale: ci sarebbe stato un solo posto libero in Rianimazione al Sant' Andrea, ma la priorità era da riservare a malati più giovani. Era la sera del 19 marzo: tutti quegli anziani, che secondo il medico dovevano essere ricoverati, sono morti nel giro di una settimana.

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    L' episodio è emerso nell' inchiesta che la Procura di Vercelli sta conducendo sulla casa di riposo di piazza Mazzini. Da inizio marzo i decessi sono stati oltre 40 e il sostituto procuratore Davide Pretti indaga per omicidio colposo plurimo e procurata epidemia. Per ora nel registro degli indagati ci sono i nomi del direttore della casa di riposo di piazza Mazzini, Alberto Cottini, e della direttrice sanitaria della struttura Sara Bouvet. L' ultima indiscrezione delle indagini potrebbe però aprire nuovi orizzonti nell' inchiesta.

     

    Il 19 marzo un' ambulanza del 118 arriva in piazza Mazzini, dove la situazione in casa di riposo è già molto seria. Il medico che interviene dà l' allarme chiamando la centrale: almeno cinque anziani tra quelli che presentavano sintomi riconducibili al covid19, secondo il suo giudizio, sono da codice rosso. Parte la comunicazione all' ospedale Sant' Andrea: la risposta è che non ci sono abbastanza posti in Rianimazione. Sono giornate durissime nell' ospedale vercellese, dove vengono dirottati pazienti covid19 anche dalle province limitrofe.

     

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    Ci sarebbe solamente un posto ma il ricovero di almeno uno degli anziani della casa di riposo non avviene. Perché sarebbe stato meglio lasciare quel posto ad un paziente più giovane. Nessuno di quegli anziani viene ricoverato: il medico intervenuto in casa di riposo allerta la Protezione Civile riferendo dell' emergenza in corso. È proprio la Protezione Civile a quel punto a portare diverse bombole d' ossigeno nella struttura di piazza Mazzini.

     

    Un aiuto che non basta, almeno per gli anziani segnalati come codici rossi. Moriranno infatti tutti nel giro di una settimana nel corso di un' emergenza che da giorni angoscia i familiari degli ospiti e i dipendenti sulla situazione all' interno della struttura. Arrivano i primi esposti e la Procura di Vercelli inizia ad indagare. Ad inizio aprile vengono fatti i tamponi: su 84 pazienti 44 risultano positivi. Ci sono positività anche tra il personale.

     

    La Procura per ora ha disposto e fatto eseguire cinque esami autoptici sui corpi di altrettanti ospiti della casa di riposo morti tra il 2 e il 16 aprile. Non su quelli degli anziani visti dal medico del 118, la sera del 19 marzo, perché è un episodio precedente, emerso solo ora.

     

    ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus

    Gli esiti devono ancora arrivare, serviranno a stabilire se i decessi si possano attribuire al coronavirus. I carabinieri dei Nas di Torino e un consulente informatico della Procura di Vercelli si sono presentati inoltre alla casa di riposo di piazza Mazzini e all' Asl di Vercelli. Sono state acquisite cartelle cliniche di ospiti e pazienti, ma anche tutta la corrispondenza per ricostruire le comunicazioni tra casa di riposo e Asl.

     

    «Esiste il vincolo del segreto istruttorio che ad oggi ci impone ancora determinati silenzi - hanno commentato Massimo Mussato e Aldo Casalini, legali dei due indagati -. Certo è che quando i nostri assistiti verranno sentiti da parte degli inquirenti saranno portatori della loro verità su questa drammatica vicenda. E si farà luce sulla correttezza del loro operato e sulla loro impossibilità di agire in modo diverso da come è stato. Così come avverrà, sotto un altro profilo ma nello stesso senso, in seguito all' esame dei numerosi documenti che dimostreranno la loro piena innocenza».

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