Articolo di Pierluigi Panza per il “Corriere del Veneto”
Annuncio ai Pastori Jacopo e forse Leandro Bassano
Il periodo più tardo dell’attività di Jacopo da Ponte detto Bassano, uno dei maggiori pittori della Serenissima nel Cinquecento, coincide con la partecipazione a bottega dei numerosi figli, i più importanti dei quali furono Francesco e Leandro al quale oggi, per la prima volta, viene dedicato un convegno per merito della Fondazione Cini.
Dopo la morte di Jacopo, Leandro prese in mano il ramo veneziano della bottega ampliando i rapporti con i clienti in laguna e nel resto d’Europa. Quello dei Bassano fu un lavoro di equipe tanto che spesso, come ricorda il maggior studioso di Jacopo, Alessandro Ballarin, a seguito della caotica attività della bottega “troppo faticoso riesce il distinguere la mano e la maniera dei diversi membri della famiglia”.
Lo dimostra un “Annuncio ai pastori” - il soggetto di maggior successo della bottega – recentemente passato di mano tra famiglie dell’area lombarda tramite una casa d’aste come intermediario, molto simile a quello esposto a Palazzo Pitti, ma più piccolo nelle dimensioni (38 x 50 con cornice cinquecentesca).
Come scriveva lo storico dell’arte Wilhelm Suida, dovevano esistere un gran numero di “Annunzio ai pastori” realizzato o abbozzati da Jacopo che servivano per il lavoro di bottega (A. Ballarin, “Jacopo Bassano, Scritti 1964-1995”). Anche riguardo a questa replica è forse possibile intuire, a fianco del soggetto di Jacopo, una mano di Leandro nel tratto più nitido dei contorni e il cauto notturnismo.
Autoritratto Jacopo da Bassano
Portiano all’evidenza questo caso in occasione del convegno - che s’innesca sull’ultima importante discussione pubblica dei Bassano occorsa nel 2010 nella città natale (la mostra “Lo stupendo inganno dell’occhio”, a cura di Ballarin e Ericani, catalogo Electa), poiché questo consesso si propone di colmare le sporadiche riflessioni dedicate a singoli aspetti della attività di Leandro, fino a oggi oscurata dalla personalità del padre Jacopo.
Spiegano i curatori Sabine Engel (Gemäldegalerie di Berlino) e Giorgio Tagliaferro (Università di Warwick): «Leandro fu l’unico, tra i discendenti di Jacopo, a discostarsi in modo significativo dal linguaggio artistico del padre, presso il quale si era formato insieme ai fratelli. Nonostante avesse assorbito e continuasse ad attingere dal bagaglio tecnico e dal vocabolario figurativo appresi nella bottega di famiglia, egli sviluppò precocemente una propria maniera distinta e riconoscibile”.
fondazione cini
Sul giovane Leandro, però, bisogna essere molto cauti poiché è casa-bottega: appare, a volte, specioso insistere nel cercare l’attribuzione all’uno o all’altro dei Bassano nei soggetti biblici, quasi si fosse scoperta una web-cam all’interno della bottega capace di osservare chi, un determinato giorno, tracciava una determinata pennellata.
Ciò sembra più finalizzato a far oscillare le quotazioni delle opere, che vanno attualmente da poche migliaia di euro a otto milioni di dollari (“Adorazione dei pastori”, da Christie's a New York). Forse entrambi gli estremi dovrebbero guardare verso una mediana virtù nell’attribuire un prezzo all’opera di ideazione bassanesca.
La distinta produzione del Leandro (Bassano 1557 – Venezia 1622) affrancato dalla famiglia annovera opere di vario genere e formato sparse in collezioni di tutto il mondo e talvolta in situ: da pale d’altare conservate in chiese non solo venete (anche nell’Italia meridionale) a cicli decorativi come quello nella Cappella della Visitazione a San Cassian, dai dipinti monumentali di tema storico realizzati per Palazzo Ducale al disegno per il mosaico della “Cena in Emmaus” nella Basilica di San Marco alla pala del Rosario nel Duomo di Bassano, del cui restauro parlerà Antonella Martinato.
dettaglio della Pala del Rosario DI Leandro Bassano
Leandro fu anche ritrattista al servizio di dogi, ambasciatori, cardinali, patriarchi, sovrani, nonché di scienziati di fama come Galileo Galilei e Prospero Alpini. In virtù dei suoi meriti artistici ricevette dalla Repubblica di San Marco, unico della sua famiglia, il titolo di Cavaliere di San Marco e l’onore di essere sepolto nella chiesa veneziana di San Salvador.
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