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    IL MICHELANGELO POP O IL KHABI LAME DEL MARMO? TALENTO O FENOMENO DI MARKETING? IL CASO JAGO SCUOTE IL MONDO DELL'ARTE – LE SUE SCULTURE ATTIRANO I GIOVANI MA I CRITICI LO SNOBBANO – LUCA BEATRICE: "JAGO SARÀ UN'ECCELLENTE ESPRESSIONE DEL PRESENTE MA DIFFICILMENTE POTRÀ PASSARE DALL'ALTRA PARTE DELLA BARRICATA, LÀ DOVE SI FANNO I GIOCHI, SI DECIDE CHI VA ALLE GRANDI MOSTRE, ALLA FIERA DI BASILEA O NELLE COLLEZIONI DEI MUSEI…"


     
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    Luca Beatrice per “Libero quotidiano”

     

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    Esiste dunque un caso Jago nell'arte italiana? Un profilo da 631mila follower oggi conta di più rispetto al plauso del sistema e degli addetti ai lavori? Le file di ragazzini per entrare alla mostra di Palazzo Bonaparte a Roma fino al 3 luglio, smartphone in mano per fotografare le sculture in marmo bianco e ripostarle su instagram a conferma di un successo virale che rimanda a un influencer adolescenziale tipo Khabi Lame, hanno più peso delle opinioni di critici, direttori di museo e curatori internazionali?

     

    La questione è abbastanza complessa e merita di essere analizzata tenendo conto dei diversi punti di vista. Intanto "le physique du rôle" del giovane Jacopo Cardillo, 34 anni da Frosinone di stanza a Napoli, testa rasata e sguardo intenso da bel tenebroso come il Ciro ancora magro del primo Gomorra.

    JAGO LOOK DOWN JAGO LOOK DOWN

     

    Si è scelto uno pseudonimo shakesperiano tremendista, veste di nero, l'aria concentrata e tormentata in perenne trance creativa, insomma un profilo non esente da stereotipi. Con mosse studiate si è costruito un consenso laterale, senza il supporto di una galleria importante alle spalle né la presenza nei soliti santuari dell'arte.

     

    I RICONOSCIMENTI

    All'attivo diversi premi tra cui la medaglia pontificia consegnatagli dal cardinal Ravasi, la partecipazione al Padiglione Italia della Biennale 2011 su invito di Vittorio Sgarbi, soggetti pensati ad hoc per far dividere fan da critici come il busto di Benedetto XVI, il remake del Cristo velato, il feto affidato all'astronauta Luca Parmitano durante la missione Beyond dell'European Space Agency), la Pietà installata nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, in Piazza del Popolo a Roma.

     

    Tutte opere realizzate in marmo bianco, con una tecnica che imita la scultura classica rievocandone i valori ma attualizzando le immagini alle cronache del nostro tempo. Una ricetta furba e acuta, che piace molto al pubblico non specializzato perché ci vede un messaggio diretto e comprensibile e fa storcere al naso ai professionisti, come sempre restii a trattare l'arte alla stregua di un fenomeno (troppo) popolare. Jago, dunque, divide e non può essere altrimenti.

     

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    Sulle pagine dei giornali mainstream, per non dire delle riviste più cool, il suo nome non compare mai, il suo successo pressoché ignorato e questo potrebbe rendercelo simpatico come ogni volta che qualcuno fuoriesce dal solito giro, quando improvvisamente si allargano le maglie del sistema e viene fuori la sorpresa. Un giudizio del genere, però, mostra una sola faccia della medaglia, quel sentimento strapaesano per il quale l'arte la devono capire tutti, il messaggio deve arrivare a tutti e invece sappiamo che non è così perché ogni linguaggio ha le sue regole e le sue convenzioni.

     

    Certo, in passato abbiamo avuto giuristi che si sono formati su Un giorno in pretura, esperti in scandali grazie a Report, chirurghi che hanno imparato il mestiere con i suggerimenti del Dottor House. La fiera del dilettantismo, a maggior ragione, colpisce anche l'arte dove chiunque può esprimere il proprio parere sulla base del mi piace-non mi piace, mi lascia qualcosa, mi colpisce. Ce ne frega? Anche no.

     

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    ESPRESSIONE DEL PRESENTE

    L'arte contemporanea come tutti i linguaggi specialisti ha le sue regole proprio come il codice civile o la matematica. Per ottenere cittadinanza in tale sistema alcuni argomenti funzionano, altri no. Se oggi voglio capire qualcosa del mio tempo ascolto il rap, non i canti gregoriani, leggo Houellebecq non Verga, mi immergo nell'arte concettuale non nella pittura rococò.

     

    Sennò mi chiamo fuori dal cosiddetto "dibattito" e vivo in un tempo metafisico. Il virtuosismo, che peraltro in Jago non è neppure dei più esasperati perché le sue sculture risultano spesso stucchevoli, non è carattere precipuo del terzo millennio, in verità già superato dall'Impressionismo. Solo chi non conosce la storia, anche recente, può trovare stupefacenti queste opere furbastre, ammiccanti a destra e manca con riferimenti, citazioni, scopiazzature ma tutte abbassate di tono.

     

    JAGO BUSTO DI BENEDETTO XVI JAGO BUSTO DI BENEDETTO XVI

    Quando l'inglese Marc Quinn installò a Trafalgar Square il monumento ad Alison Lapper, la ragazza focomelica senza braccia e senza gambe, fu un pugno nello stomaco per cittadini e turisti perché il marmo sempre celebra bellezza, purezza, non l'imperfezione e la diversità. Anche Maurizio Cattelan talora ha usato il marmo: per i nove corpi coperti da lenzuola come uccisi da morte violenta, nel dito medio di piazza Affari, in Respiro/Breath la doppia scultura dell'uomo e del cane esposta di recente all'Hangar Bicocca.

     

    jago jago

    Ogni volta opere diverse perché il marmo può dire delle cose e non altre. E comunque non è mai cliché né maniera: l'arte concettuale usa il materiale e non ne è prigioniera. Sono solo due esempi a spiegare profonde differenze che non possiamo ignorare. Né far finta che esistano i fenomeni, e dunque snobbarli, né conoscere limiti e pertinenze del mondo dell'arte, la quale mai si è giudicata con il metro della popolarità e del consenso. Proprio non le appartiene, quindi Jago sarà un'eccellente espressione del presente ma difficilmente potrà passare dall'altra parte della barricata, là dove si fanno i giochi, si decide chi va alle grandi mostre, alla fiera di Basilea o nelle collezioni dei musei.

    LUCA BEATRICE LUCA BEATRICE jago look down jago look down

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