DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Francesco Olivo per “La Stampa”
ANTONIO TAJANI - MATTEO SALVINI
Cosa succederebbe se Benjamin Netanyahu atterrasse stamattina all'aeroporto di Fiumicino? A leggere le posizioni dei ministri italiani lo stesso premier israeliano potrebbe avere dei dubbi: qualcuno crede che andrebbe arrestato immediatamente, altri sono pronti ad abbracciarlo sulla pista e altri ancora preferiscono non esporsi, rimandando ogni decisione a un approfondimento e a un accordo con gli alleati.
La sentenza della Corte penale internazionale, che ha emesso dei mandati di cattura per il capo del governo di Tel Aviv e per il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant con l'accusa di crimini di guerra a Gaza, mette in oggettivo imbarazzo il governo di Giorgia Meloni.
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
I ministeri degli Esteri e quello della Giustizia stanno studiando un protocollo da applicare nel caso in cui la sentenza andasse applicata, ma alla Farnesina e a Palazzo Chigi sono convinti che il problema sia solo teorico, perché Netanyahu non ha nessuna intenzione di tentare l'avventura con un viaggio in Europa.
Le posizioni dei membri dell'esecutivo sono distanti, tanto da costringere la premier a intervenire direttamente ieri con una nota ufficiale. Il primo a dichiarare sul tema era stato, giovedì pomeriggio, il ministro della Difesa Guido Crosetto: «L'Italia, pur ritenendola sbagliata applicherà la sentenza di arresto».
Poco dopo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani correggeva il tiro: «Decideremo insieme agli alleati».
antonio tajani, giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse
La Lega, invece, proseguendo la sua crociata, definiva la sentenza "filo islamica". Mentre scoppia il caso Meloni è in volo di ritorno dall'Argentina.
Ma appena le comunicazioni lo consentono, la presidente del Consiglio lascia trapelare che la linea è quella di Tajani. Un messaggio non raccolto da Matteo Salvini che seguendo le orme dell'alleato ungherese Viktor Orban afferma: «Se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto».
Tajani non gradisce: «La linea è quella indicata anche oggi pomeriggio dal presidente del Consiglio. Tocca al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri dare la linea della nostra politica internazionale. È quello che abbiamo fatto, le altre sono opinioni».
BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
L'opposizione ha gioco facile nel denunciare le contraddizioni: «Non è accettabile che in una fase così delicata il governo si esprima in modo così confuso», dicono i capigruppo del Pd […]
In molti descrivono Meloni assai contrariata per le posizioni dei suoi ministri. Ma la vera difficoltà della premier in queste ore sta nel doversi districare tra il dovere di applicare le sentenze di un tribunale riconosciuto giuridicamente e gli obblighi imposti dalla diplomazia. Una situazione complessa, che accomuna quasi tutti i governi dell'Unione europea.
Non è un caso che la premier ieri sia voluta intervenire direttamente, pur senza prendere una posizione chiara: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale – si legge in una nota diffusa ieri pomeriggio – motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica».
Per Meloni «un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere un'equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas». I diplomatici di Farnesina e Palazzo Chigi concordano sul fatto che chiedere l'arresto Netanyahu è una mossa che non avvicina la pace in Medio Oriente, al contrario.
[…] Meloni richiama direttamente un appuntamento: il vertice dei ministri degli Esteri del G7 che si terrà a Fiuggi, in provincia di Frosinone, lunedì e martedì prossimi. Il padrone di casa sarà Antonio Tajani (originario proprio della cittadina nel sud del Lazio). I sette grandi non potranno definire una linea comune sulla sentenza, anche perché gli Usa non riconoscono la legittimità della Corte penale internazionale. Per l'Italia, però, è un modo per uscire dal dilemma giuridico sull'arresto dei leader israeliani e buttarla in politica.
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