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    BERLUSCONI TEME DI PERDERE RENZI, IL SUO SALVAVITA, NELLA PALUDE DEMOCRISTIANA DI ENRICHETTO (’LUI E LETTA COME D’ALEMA E PRODI’) - SE SALTA IL PATTO SULLE RIFORME, UN TRACOLLO FAVORIREBBE SOLO GRILLO


     
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    Paola Di Caro per ‘Il Corriere della Sera'

    «Stanno facendo come D'Alema e Prodi. Noi con loro non c'entriamo nulla, e non dobbiamo entrarci...». Raccontano che Silvio Berlusconi nelle ultime ore stia guardando con estrema freddezza a quanto accade dall'altra parte, alle «beghe» del Pd di quell'Enrico Letta dal cui governo è uscito con sdegno, ma anche di quel Matteo Renzi per il quale continua a nutrire una certa simpatia, ma anche crescente diffidenza.

    RENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIARENZI E BERLUSCONI PROFONDA SINTONIA

    La «cotta», come scherzosamente la definivano i suoi, per il sindaco di Firenze sta scemando. E molto ha contribuito l'atteggiamento tenuto sulle vicende della giustizia, per lui cruciali per capire chi ha davanti. Non è piaciuto a Berlusconi il modo in cui Renzi ha bollato una eventuale collaborazione con lui in un ipotetico governo per le riforme come «impossibile», e tantomeno gli è piaciuto che non abbia pronunciato parola, o comunque non abbia fatto gesto pubblico o privato per impedire che il Senato si costituisse parte civile contro di lui. Anzi, lo hanno sentito lamentarsi perché «anche i suoi applaudivano».

    Insomma ha avuto conferma il Cavaliere di quanto in tanti cercavano di fargli capire da tempo: nemmeno da questo leader del Pd c'è da attendersi un cambiamento di marcia deciso su un terreno delicatissimo come quello della giustizia. Se per convinzione o per impossibilità di tenere il partito su una posizione più garantista l'ex premier non può dirlo con certezza, ma la realtà è che - ha ragionato con i suoi - è vero che anche sul voto sulla Severino Renzi non gli fece sconti, anzi, volle anticiparlo per presentarsi al meglio alle primarie.

    GRILLO RITWITTA IL FOTOMONTAGGIO VECCHIOTTO DI RENZI E BERLUSCONI FUSI INSIEMEGRILLO RITWITTA IL FOTOMONTAGGIO VECCHIOTTO DI RENZI E BERLUSCONI FUSI INSIEME

    Non è l'unica ragione per cui oggi il Cavaliere e tutto il suo stato maggiore escludono un sostegno, diretto o mascherato, a un eventuale governo Renzi. Ma è una ragione in più, che si somma alla considerazione che, dando una mano all'avversario, Forza Italia avrebbe solo da perdere.

    Per questo in molti sono convinti che davvero oggi - anche se ufficiosamente la soluzione preferita sarebbe quella di andare avanti con un governo Letta indebolito dalle liti e dal dualismo con Renzi per un altro anno -, dentro di sé Berlusconi speri solo che si vada al voto presto. Senza dirlo, senza chiederlo, senza mostrare sicurezza in quella che gli appare come l'inizio di una nuova cavalcata che può essere vincente, ma non facendo nulla per opporsi a questa evenienza.

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    C'è però un percorso che Berlusconi ritiene vada concluso, ed è quello del varo della legge elettorale e, se ci riuscirà in tempi brevi, di qualche provvedimento «forte» che possa in qualche modo co-intestarsi, nel campo delle riforme costituzionali o economiche. Forza Italia, ha garantito, terrà sul voto segreto sulla legge elettorale non solo perché i patti si rispettano, ma perché «un tracollo dopo essere arrivati a un passo dall'intesa, danneggerebbe enormemente tutti i partiti tradizionali e porterebbe a un boom di Grillo».
    Berlusconi, raccontano, sa bene quanto il rischio di una legislatura che cede di schianto per le beghe fra i partiti non tocchi solo il futuro del centrosinistra, ma anche quello del centrodestra.

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    E lui personalmente, che sta facendo di tutto per scrollarsi di dosso l'immagine di leader chiave del «ventennio» di impantanamento del Paese che «mi vorrebbero cucire addosso». Per questo collabora al patto sulle riforme pur mantenendo chiaro che «noi siamo e restiamo opposizione», per questo ha esaltato, finché gli è sembrato utile farlo, il suo rapporto personale e politico con un leader «nuovo e fresco» come Matteo Renzi, e per questo sta tentando di rivoluzionare l'idea di partito trasformando FI in una struttura presidenziale, agile, dove i suoi fedelissimi, a partire da Toti, sono in posizioni apicali e funzionali.

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    E per questo continua a frenare su organismi statutari che in tanti pretendono temendo di rimanere schiacciati tra vertici e club, ma che «sanno di antico, quando tutto è in movimento e quello che dobbiamo riprendere è il rapporto con la gente, dal basso». Attraverso i club, sua vera passione. E arma da tenere calda per un voto che vorrebbe presto.

     

     

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