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    IL “CAZZO RAMPANTE” DI ROMA – IL PISELLONICO MAURIZIO ARENA, DIVO DEL CINEMA ANNI ’50 TENDENZA “POVERI MA BELLI” (E CITATO NEL "DOC" DI DAGO E MARCO GIUSTI "ROMA SANTA E DANNATA") NON FU SOLTANTO UN SEX SYMBOL MA ANCHE UN GUARITORE – DOPO UNA CRISI MISTICA L’EX FUSTO DELLA GARBATELLA (IL CUI PISELLO SI RACCONTA PESASSE DUE ETTI) SI MISE A FARE IL GUARITORE DE’ NOANTRI NELLA SUA ENORME VILLA DI CASAL PALOCCO VESTITO CON UN CAMICIONE DA SANTONE – LE APPARIZIONI IN TV DA MAURIZIO COSTANZO: VIDEO


     
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    Maurizio Arena (all’anagrafe Maurizio Di Lorenzo) nasce nel 1933 a Roma, nel quartiere popolare della Garbatella, da un muratore ed una casalinga. Da giovanissimo si lega sentimentalmente per qualche tempo all’attrice Anna Arena (il suo nome d’arte è una sorta di tributo alla sua storica compagna), ben quattordici anni più grande di lui, e comincia la sua scalata verso il successo.

     

    Nel 1952 arriva la prima esperienza con il mondo del cinema: Maurizio ottiene un ruolo ne La figlia del diavolo di Primo Zeglio. Questa piccola parte dà il via al suo periodo d’oro, gli anni Cinquanta: in questa decade Arena recita in oltre 40 film, via via in ruoli sempre più importanti, sino ad arrivare al suo picco massimo, la trilogia di Dino Risi (in coppia con un altro gigante di quegli anni, Renato Salvatori): Poveri ma belli (1956), Belle ma povere (1957) e Poveri milionari (1959).

     

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    Già a partire dal 1956 Maurizio Arena diventa un personaggio pubblico letteralmente mastodontico, strafamoso e amatissimo in tutto il Paese, nonché protagonista indiscusso della primissima dolce vita romana di via Veneto, tra donne, macchine di lusso e paparazzi. L’aitante giovane capitolino ha tutte le caratteristiche classiche del maschio italico di quel periodo: rude, muscoloso, duro, indolente e piacione. È quasi superfluo specificarlo: in un batter d’occhio diventa un sex symbol di portata nazionale.

     

    Alla fine degli anni Cinquanta a Maurizio non manca nulla, anzi: in un Paese malconcio ma in fase di ripresa lui è conosciutissimo, giovane, bello e soprattutto ricchissimo. Sente, complice anche l’età, di avere il mondo in mano e nel 1960, a 27 anni ancora da compiere, decide di dare alla luce una sua creatura, un film diretto ed interpretato da lui: Il principe fusto. Sulla carta il successo è assicurato. E invece no. Arena probabilmente ha terminato il suo credito con la fortuna: la sua opera prima è un flop clamoroso. Sembra quasi che insieme agli anni Cinquanta sia finita anche la sua epopea.

     

     

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    (...) È in questo contesto che il Nostro ha una crisi mistica: comincia ad ostentare una sorta di religiosità sempre più invasiva e millanta di possedere doti di guaritore donategli direttamente da Dio, grazie alle quali si dice in grado di far sparire ogni male. Molta gente gli crede e nella sua enorme villa di Casal Palocco c’è la fila, anche e soprattutto perché l’ex mister muscolo del rione non chiede soldi in cambio delle sue presunte prestazioni miracolose. Probabilmente è un modo per sentirsi amato dalla gente come un tempo, visto che nel corso degli anni, insieme al successo, sono andate via sia la bellezza che la prestanza fisica.

     

    Per entrare nel personaggio Arena è solito ricevere i malati con indosso uno strano camicione, sul quale fa cucire dei simboli esoterici. Un cambiamento surreale, in buona sostanza, che stride pesantemente con i tratti distintivi che lo hanno reso noto.

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    Sulla seconda vita di Maurizio Arena si sa poco, perché l’ex divo del cinema italiano popolare degli anni Cinquanta ha sempre fatto in modo di non renderla pubblica (o comunque di farlo il meno possibile), ma le voci di corridoio, alla fine degli anni Settanta, arrivano prepotentemente alle orecchie dei media, che a quel punto cercano lo scoop: un’intervista con l’amato protagonista di uno dei più grandi successi della storia del cinema nostrano, Poveri ma belli, che si autodefinisce un santone in grado di guarire i tumori grazie all’intercessione di Cristo oggettivamente non è roba da tutti i giorni.

     

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    È proprio in questo periodo che l’ex principe fusto della Garbatella si concede alla televisione nazionale per ben due volte: il 19 febbraio del 1979 è ospite di Maurizio Costanzo in una puntata di Acquario, la trasmissione dalla cui costola qualche anno dopo nascerà il popolarissimo talk show serale di Fininvest/Mediaset; il primo novembre dello stesso anno, invece, compare in uno speciale di Rai 2 dedicato al mondo dei paparazzi.

     

    Nel programma di Costanzo, Arena si presenta molto cambiato rispetto ai tempi andati: è in evidente sovrappeso e dimostra circa dieci in più rispetto alla sua età effettiva. Rifiuta la definizione di guaritore, ritenendola limitante, perché – spiega senza remore – lui è in grado anche di guarire le persone a distanza. L’attore romano è un fiume in piena e prosegue tirando fuori una sorta di supercazzola a base di cristianesimo, esoterismo, filosofie orientali, sedute spiritiche (tra le tante cose, si dichiara pure medium) e guarigioni miracolose, asserendo inoltre che le sue presunte capacità siano un dono divino.

     

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    Nel secondo troncone del programma Arena si confronta con un medico. I due hanno ovviamente posizioni antitetiche. La trasmissione prosegue insieme ad altri ospiti, ma il canovaccio rimane praticamente invariato. Il gran finale è un autentico capolavoro: Costanzo lascia uno spazio libero all’ospite principale, il quale si alza, fa il segno della croce e guarda verso la telecamera imponendo le mani senza dire nulla. Interrogato subito dopo dal presentatore riguardo la sua scelta comunicativa, diciamo così, Arena spiega che ciò che ha fatto “arriva dove deve arrivare” e invita chiunque abbia tratto benefici dal suo gesto a scrivere alla redazione. L’ex divo capitolino, in parole povere, afferma in maniera abbastanza esplicita di aver effettuato una (forse anche molteplici) guarigione a distanza in diretta televisiva.

     

     

     

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    Il taglio del servizio di Rai 2 è molto diverso. In questa occasione Arena ha un atteggiamento completamente differente rispetto a quello avuto nel salotto di Costanzo: a tratti è quasi aggressivo e, grazie anche all’argomento portante dello speciale (il mondo dei paparazzi, ricordiamolo), spazia maggiormente tra gli argomenti, sino ad arrivare a togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

     

    Afferma senza mezzi termini di essere stato usato dal mondo del cinema, il quale, secondo lui, nel momento in cui ha tentato di crearsi una carriera indipendente da regista lo ha boicottato al punto da dare il via al suo declino artistico. Il prosieguo dell’intervista è sempre su questa linea: Arena si dice convinto di aver ispirato La dolce vita di Fellini (1960), perché a suo parere il protagonista del film (il giornalista di gossip Marcello Rubini, interpretato da Mastroianni) ha tanto in comune con lui. In una sorta di climax malinconico, Maurizio continua i suoi racconti parlando del carattere impetuoso che aveva ai tempi d’oro, da ventenne ricco e famoso, e dei vizi avuti in gioventù, contrapponendo quel periodo ormai andato al suo presente da mistico benefattore che aiuta il prossimo senza chiedere nulla in cambio, tra citazioni bibliche e infermi guariti in maniera prodigiosa dalle sue capacità.

     

    maurizio arena maurizio arena

    L’epilogo della movimentata esistenza di Maurizio Arena è paradossale: venti giorni dopo la sopracitata intervista, il divo di borgata muore stroncato da un infarto, diretta conseguenza di una grave infezione renale che lo affliggeva da tempo. Poco più di un mese dopo avrebbe compiuto 46 anni.

     

    L’ex bullo romano che negli anni Cinquanta aveva regalato momenti lieti e scanzonati ad un’Italia ingenua e speranzosa e che circa vent’anni dopo, in un contesto completamente diverso, probabilmente si era anche illuso di poterla curare nello spirito e nel corpo, non riuscì preservare se stesso dal male, sia quello fisico che quello mentale. In un certo senso rimase per sempre povero ma bello, com’era giusto che fosse. (Il Messicano)

    LORELLA DE LUCA E MAURIZIO ARENA LORELLA DE LUCA E MAURIZIO ARENA

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