Estratto dell'articolo di Matteo Pinci per “la Repubblica”
CHER NDOUR
Non sono in tanti ad aver giocato, a 19 anni, con Benfica e Psg. Cher Ndour, nato a Brescia, papà senegalese e mamma bresciana, ha aggiunto a tutto ciò la vittoria dell’Europeo Under 19 con l’Italia. […]
Ndour, com’è iniziata la sua passione per il calcio?
«Il primo anno all’oratorio San Giacomo, a Brescia. Non c’era la mia categoria, allora andavo ad allenarmi con i ragazzi più grandi. Sono juventino e per andare agli allenamenti mettevo la maglia di Krasic».
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Ha mai dovuto fare i conti col razzismo?
«C’è una cosa che io per carattere prendo a ridere. Quando ero all’Atalanta e c’era qualche compagno bravo, in tribuna dicevano “bravo il numero 7, bravo il numero 10”. Quando invece volevano fare un complimento a me non dicevano “bravo l’8”.Dicevano “bravo il neretto”. Ecco».
E a lei che effetto faceva?
«A me non pesava tanto. A mia mamma invece dava fastidio, si arrabbiava. Ma era ignoranza: la cosa assurda è che con quella frase pensavano di fare un complimento, nella loro ignoranza».
CHER NDOUR
[…]Come si vive il passaggio dalle giovanili alla prima squadra?
«Se entri pensando di essere il fenomeno di turno ti mettono subito una croce sopra. Ho legato con Joao Mario, che è stato all’Inter: parlava italiano, mi ha fatto i complimenti per la convocazione, è stato bello».
Ora è al Psg, pensa mai che potrebbe succederle di non giocare in Serie A?
«Onestamente no, ho tanti anni di carriera davanti a me. Chissà, a 30 anni magari potrei giocarci (ride)».
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Lei non ha praticamente mai visto l’Italia ai Mondiali. Siamo un movimento in crisi?
«Sinceramente non lo so. Ma non dimentico che abbiamo vinto l’Europeo battendo Spagna e Inghilterra. Ci sono mancati i Mondiali, ma vedo un bel futuro».
Però sui giovani si punta poco.
«L’estate ha dimostrato che abbiamo ragazzi di 19 e 20 anni forti. Le prossime squadre saranno competitive».
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