Parla 6 lingue, laureato in educazione fisica, 19 titoli vinti tra Armenia, Ucraina, Germania e Inghilterra. Miglior marcatore nella storia della sua nazionale.
E un destino: uno che si è sposato a Venezia, chiamando Al Bano a cantare, doveva venire in Italia...:) #Mkhitaryan ? pic.twitter.com/kKxTqH9O8r
— Angelo Mangiante (@angelomangiante) September 2, 2019
Estratto dell'articolo di Paolo Tomaselli per www.corriere.it
henrikh mkhitaryan
Henrikh Mkhitaryan, il suo cognome significa qualcosa?
«In italiano si può tradurre con consolazione, conforto».
[…] Un mese fa ha ammesso di aver avuto un brutto avvio di stagione.
«Nonostante l’esperienza e la voglia che ho, sono partito malissimo. Non è facile e non me l’aspettavo, ma mi sto ritrovando e sto abbastanza bene. Sono molto critico con me stesso».
Anche l’Inter non si è ancora espressa del tutto?
«Il confronto è con l’Inter dell’anno scorso, ma noi stiamo facendo il massimo e stiamo dando il 100%. Sappiamo che abbiamo concesso tanti gol e non abbiamo sfruttato tutte le nostre occasioni, ma stiamo lavorando per arrivare al livello dell’anno scorso. In tanti vogliono vincere questo campionato, noi per primi».
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Ha ragione Inzaghi a dire che le avversarie per lo scudetto sono più attrezzate?
«Sì, ma abbiamo perso punti che non dovevamo perdere, altrimenti saremmo già in testa. Sappiamo che è un campionato diverso e che dobbiamo fare meglio. Sono fiducioso».
Siete la squadra con l’età media più alta. E se uno della sua età gioca male si dice che è vecchio. Sono etichette che pesano?
«No, siamo abbastanza sereni e intelligenti per capirlo. L’età è solo un numero e se non vinciamo una partita non è per l’età».
Che segreti ha per mantenersi giovane?
henrikh mkhitaryan.
«Non li dirò tutti! (ride). Provo a dormire e a mangiare meglio possibile: evito glutine, zuccheri e lattosio, su consiglio del nostro nutrizionista Pincella. E poi c’è l’aspetto principale: allenarsi bene».
[…] È vero che a Manchester spegneva il telefono tre giorni prima di giocare?
«No, succedeva in Ucraina. Ma in realtà lo spegnevo dopo le partite, proprio perché ero molto autocritico».
Lo fa anche adesso?
«No, ma uso il telefono il meno possibile. Ho due bambini piccoli e non voglio che mi vedano passare il tempo con lo smartphone in mano».
È stato Klopp a Dortmund a lavorare sul suo eccesso di autocritica?
«Sì, è un grande allenatore ma soprattutto un grande psicologo: mi ha detto di non prendere tutte le responsabilità su di me e di dimenticare in fretta gli errori e le sconfitte, pensando sempre alla prossima partita».
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Lei è un calciatore senza fronzoli. Si sente un antidivo?
«Sì, non mi interessano i tatuaggi, cantare, o farmi i capelli strani: guardi qui, ho due buchi sulla testa ma non mi interessa. È la natura».
Sembra un attacco a due suoi compagni che si sono rifatti la chioma.
(ride) «No, per niente! Ognuno fa quello che vuole».
Ha studiato?
«Sì, ho due lauree: una in Sports management e l’altra in Economia».
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[…] Si può essere intelligenti in campo senza esserlo fuori?
«Non credo. Si vede subito chi è intelligente in campo e fuori dal campo. Ho avuto anche compagni che facevano finta di essere intelligenti in campo, ma fuori non lo erano».
In cosa la aiuta essere uno scacchista?
«A pensare, a leggere il gioco, la situazione, il pensiero del tuo compagno. Gli scacchi mi aiutano tanto».
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[…] È vero che parla sette lingue?
«Cinque: armeno, russo, francese, inglese, italiano. Il tedesco lo parlavo, ma l’ho dimenticato».
In che lingua pensa?
«Se parlo italiano penso in italiano».
In che lingua impreca?
«Non dico parolacce. Non mi piace».
[…] Con Al Bano, che ha cantato al suo matrimonio, ha fatto solo il duetto di «Volare»?
«Anche quello di Felicità, ma quel video l’ho tenuto per me...».
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[…] Quindi da grande farà l’allenatore o — come dicono in Armenia — il politico o il presidente federale?
«Non lo so ancora. Magari lo dirò nel libro».
Inzaghi è come un fratello maggiore?
«È bravo come tecnico e come persona e non lo dico perché è il mio allenatore. Con lui scherzo, ma conosco i limiti. Invece da giovane purtroppo la pensavo in modo un po’ diverso».
In che senso?
«Pensavo che un allenatore non potesse essere un amico, che ci fosse una barriera. Adesso che capisco tutto, è più facile per me».
[…]
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