Lorenzo Cremonesi per il Corriere della Sera
Irpin, a nord di Kiev, 2022
I battaglioni di Putin avanzano molto piano. La loro offensiva è rallentata dalla coraggiosa determinazione delle unità ucraine. Le formazioni corazzate russe vengono colpite senza sosta dai droni e dai missili anti-tank che avevano pronti nei loro arsenali e che arrivano tutt’ora in notevoli quantità dalla Nato.
I generali di Putin sono stati costretti a rivedere la logistica, correggere gli errori di valutazione dell’avversario, ripensare le strategie e le scorte di carburante, munizioni e cibo per le loro unità sul terreno. E, tuttavia, sarebbe illusorio credere che l’offensiva russa sia stata bloccata. Pur tra mille difficoltà, Putin mostra di non avere affatto abbandonato il piano di catturare Kiev e così sbaragliare il governo Zelensky. Il punto adesso non è capire se ce la farà, ma quando e a che prezzo i cingolati arriveranno in piazza Maidan.
Carri armati russi a Kiev
Ogni giorno i russi guadagnano terreno. Venerdì ci eravamo svegliati con la notizia, confermata dalle immagini dei droni e dei satelliti, per cui il gigantesco convoglio di uomini e mezzi arrivato alle porte della capitale direttamente dalla Bielorussia stava posizionandosi tra i villaggi e le foreste attorno alla cerchia urbana.
Le cannonate
Già durante la notte i rombi delle cannonate si sono fatti distinti come non mai nel centro di Kiev e ieri sono diventati persistenti. Per tutta la giornata l’orizzonte settentrionale della città è stato oscurato dalle colonne di fumo nero degli incendi. Anche il flusso dei profughi dai villaggi investiti dai combattimenti verso la stazione ferroviaria della capitale si è notevolmente affievolito.
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«Ora si tratta di capire quando inizierà il grande bombardamento destinato a spianare la strada a cingolati e fanterie», ammettono gli stessi ufficiali ucraini, comunque pronti a battersi «strada per strada, casa per casa».
Il bilancio
Lo stesso Zelensky dichiara che la battaglia è giunta a «un punto di svolta strategico». Elenca quelle che a suo dire sono «perdite durissime dei russi»: 360 tank, 1.205 blindati, quasi 60 aerei e 80 elicotteri distrutti, oltre 12.000 soldati uccisi. Le sue dichiarazioni relative alla cattura di oltre 500 soldati russi non trovano conferme tra i servizi d’informazione dei Paesi Nato.
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Allo stesso tempo, il presidente ucraino ammette di aver perso 1.300 uomini, si dice pronto al dialogo, ma non alla capitolazione. «I nostri delegati trattano adesso non le posizioni di principio ma temi sostanziali», aggiunge. Nulla però lascia intendere che la situazione sia pronta per il passaggio dalla guerra alla diplomazia. Tutt’altro: ieri sera appariva evidente che i russi piazzano le loro artiglierie in posizione di tiro a meno di 20 chilometri dal centro della capitale e intanto stanno scendendo progressivamente da nord verso sud accerchiandola sui due lati.
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Tornando nel pomeriggio nei pressi del villaggio conteso di Irpin abbiamo osservato che le avanguardie hanno catturato Bucha e stavano per raggiungere l’autostrada che porta verso Leopoli. In quella zona è stato distrutto l’aeroporto di Vasylkiva. Nel settore orientale gli scontri più sanguinosi si consumano attorno al villaggio di Brovary.
Abitanti in fuga
La capitale è ormai svuotata di circa la metà dei suoi abitanti. La difesa ucraina ha denunciato l’uccisione di 7 civili in fuga dal villaggio di Peremoga, tra cui un bambino, proprio lungo un corridoio concordato con i russi. Molti di quelli che restano sono impegnati a scavare trincee e ammassare sacchetti di sabbia attorno alle postazioni dei cecchini e delle unità dotate di armi anticarro.
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Le cassette di molotov pronte all’uso si accumulano dietro gli angoli nelle case. La gente di notte scende nei rifugi, ma di giorno cerca di cucinare in casa. Diversi alimentari sono ancora aperti. Parlando con i civili è facile trovare una determinazione eroica. Il presidente incarna la volontà popolare di resistere e la rabbia contro l’invasione. Ma non mancano gli incerti.
«Forse sarebbe meglio che il presidente fosse più aperto al compromesso. Se non lo farà, molti perderanno la vita e il Paese sarà ridotto a un ammasso di rovine», dice Tania, docente di inglese 28enne preoccupata per i suoi cari. La troviamo in coda al supermercato. Attorno, in parecchi annuiscono. «Occorre iniziare a trattare con i russi», dice un’anziana, «cosa sarà altrimenti di noi?».
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