Massimo Sideri per il “Corriere della Sera”
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Non era accaduto con le invasioni sovietiche della Cecoslovacchia nel '68 e nemmeno con quella dell'Afghanistan nel '79. Ma è accaduto ieri: per la prima volta nella sua lunga storia il Cern - il più grande centro di fisica delle particelle al mondo, dove è stato scoperto il Bosone di Higgs e dove è nato il World Wide Web - ha «sospeso» dallo status di Paese osservatore la Russia. E ha deciso che nessuna nuova collaborazione scientifica verrà avviata con la federazione guidata da Vladimir Putin.
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La decisione è stata presa durante un consiglio straordinario dei 23 Paesi membri riunito ieri mattina dalla direttrice Fabiola Gianotti dopo una drammatica richiesta arrivata da parte della piccola comunità di scienziati ucraini (40 su 12 mila): «Il Cern deve immediatamente cessare qualunque collaborazione con la Russia altrimenti ogni crimine di guerra sembrerà legittimato» aveva scritto un dipendente del Cern in Ucraina, la cui identità è stata mantenuta anonima per sicurezza.
L'Ucraina compare tra gli Stati associati e ha dunque uno status «superiore» agli osservatori (Russia, Usa e Giappone). Ma in realtà il peso della collaborazione russa è enorme: fu l'allora direttore del Cern Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, a consolidare il rapporto con la Russia dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica nel '91. E oggi sono mille gli scienziati che provengono da Mosca, tanto che secondo uno storico fisico del King' s College di Londra, John Ellis, che collabora con il centro di Ginevra da 40 anni, senza di loro il «Cern si fermerebbe».
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Le attività in essere, in effetti, non sono state bloccate e molti scienziati russi del Cern stesso hanno firmato un documento interno di condanna dell'aggressione. Il Cern, un tempio della ricerca mondiale, è sempre stato una sorta di «Onu» della scienza proprio per la sua storia. Nasce nel '54 nel complesso clima del Dopoguerra e diventa un luogo di diplomazia dove far incontrare scienziati americani, dei diversi Paesi europei e dell'Urss.
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Come ha raccontato al Corriere il fisico di fama internazionale Ugo Amaldi, ex scienziato del Cern, anche dopo l'Afghanistan c'era stato un forte dibattito interno, ma non si chiusero mai i ponti con i sovietici. «C'è un episodio - ha testimoniato Amaldi - di cui non ho mai parlato prima: nell'85 o nell'86 viaggiavo in Urss, in qualità di responsabile di Delphi, uno dei grandi progetti del Cern. Mio padre Edoardo Amaldi (uno dei «ragazzi di via Panisperna» di Fermi, Ndr ), che era membro dell'Accademia Sovietica delle Scienze come di molte altre Accademie straniere, in quella occasione mi chiese di parlare con Bruno Pontecorvo (fratello del regista Gillo, ndr ), anche lui allievo di Enrico Fermi, che allora lavorava al Jinr, un piccolo Cern sovietico.
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Il fisico premio Nobel Andrei Dmitrievich Sakharov era esiliato a Gorky per le sue posizioni contrarie all'invasione dell'Afghanistan e gli scienziati italiani - e in particolare l'Accademia dei Lincei di cui mio padre era vicepresidente - volevano trasmettere all'Accademia Sovietica il proprio sconcerto per questo trattamento. Incontrai Pontecorvo e passeggiammo nel bosco, fuori dalla sua casa a Dubna, per non farci intercettare».
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Sakharov venne rilasciato dopo poco, anche se non si può sapere se il successivo intervento di Pontecorvo fu quello risolutivo. Ma l'aneddoto dimostra quanto debba essere stato difficile ieri alzare i ponti del Cern, per la prima volta, e isolare la Russia non solo con l'embargo, ma anche con la scienza e la tecnologia.
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