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    IL CINEMA DEI GIUSTI - AD ''AQUAMAN'' I TESORI SOMMERSI DI DAMIEN HIRST JE FANNO NA PIPPA. MALGRADO LA BELLISSIMA FOTOGRAFIA DI DON BURGESS, LE SCENOGRAFIE DI BILL BRZECKI, LA MAESTRIA DEL REGISTA JAMES WAN, IL FILM RIMANE CAFONISSIMO. PER IL SOGGETTO, PER MOMOA-AQUAMAN, PER NICOLE KIDMAN  SIRENETTA, PER AMBER HEARD TUTTA VERDE COI CAPELLI ROSSI FIGLIA DI DOLPH LUNDGREN. MA DEVE ESSERE CAFONE, E CAMP, E TRASH. SARÀ DIFFICILE GUARDARE UNA SPIGOLA CON GLI STESSI OCCHI


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Aquaman di James Wan

     

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    A Aquaman i tesori sommersi di Damien Hirst je fanno na pippa. Mettiamola così. Certo non sono pochi i legami tra i mostri marini di Damien Hirst nella sua recente mostra a Palazzo Grassi e quelli che James Wan, il nuovo master of horror cino-malese-australiano, riesce a infilar dentro agli oceani bellicosi del suo Aquaman, giocattolone che ha già incassato in tutto il mondo 763 milioni di dollari. E di questi 258 solo in Cina. Troviamo di tutto, da un octopus che suona la batteria, si chiama Topo, a un gigantesco mostrone, il Karathen, che ha voce adorabile della Julie Andrews del vero e unico Mary Poppins, da centinaia di simil Mostri della laguna, i Trench, a squali e cavallucci marini giganti che possono essere cavalcati dal nostro eroe.

     

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    Senza scordare l’abito fatto di polipo della principessa Mera. Quello che il pur ultracinefilo Damien Hirst non ha è, da una parte, Jason Momoa, il gigantesco hawaiiano con origini tedesche, che interpreta Aquaman con tanto di tridente come vuole la tradizione poseidonesca, da un’altra, quell’orgoglio della cultura oceanica che viene proprio dall’unire personalità come l’australiana Nicole Kidman nei panni di Atlanna, la mamma acquatica dell’eroe, il neozelandese Temuera Morrison, ricordate Once Were Warriors?, come padre terrestre, il regista stesso e i tanti set australiani.

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    Il tutto forma qualcosa di diverso rispetto ai tanti film di supereroi, va più sulla scia del Mad Max di George Miller, cioè dell’eroe del mondo updown. Forse per questo, il pubblico cinese e asiatico in generale ha più apprezzato questa Hollywood oceanica rispetto ai film di supereroi solo americani.

     

    Malgrado la bellissima fotografia di Don Burgess, le scenografie di Bill Brzecki, la maestria di James Wan, che ci ha dato grandi horror come Saw, Conjuring, Insidious, il film rimane cafonissimo, sia per il soggetto sia per Momoa-Aquaman, sia per Nicole Kidman vestita da sirenetta, sia per Amber Heard tutta verde coi capelli rossi figlia di Dolph Lundgren, sia per un eccesso di botte col forcone tra l’eroe e il fratellastro biondo Patrick Wilson per l’impero dei sette mari e non può piacere alle signore più sofisticate (Era meglio se restavo a casa a stirare…).

     

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    Ma deve essere cafone, altrimenti come riesci a trattare un eroe acquatico di questo tipo? E devi avere il bisteccone Jason Momoa, non puoi metterci Valerio Mastandrea o Luca Marinelli col forcone… Di fatto, la sceneggiatura, scritta in un primo tempo da Kurt Johnstad e David Leslie Johnston, poi rimpiazzati da Will Beal, tratta dalla versione fumetto di Geoff Johns del 2011, è un bel pasticcio che sembra scopiazzare un po’ tutto, da i vecchi horror Universal a indiana Jones, da Dragon Trainer a La sirenetta, ma che segue quasi alla lettera le vecchie regole dettate da Ennio De Concini per Le avventure di Ercole con Steve Reeves.

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    Cioè ogni dieci minuti di storia ci devi mettere un’ercolata, cioè una prova che Ercole dovrà superare con la forza. Aquaman è identico. E Jason Momoa, alla ricerca del tridente di King Atlan, dovrà affrontare mostri e mondi sommersi, perfino uno scontro bondistico con Black Mantra in una Erice in parte ricostruita in studio. Ogni fatica o ogni ercolata porterà l’eroe, accompagnato dalla sua bella, la Mera di Amber Heard, che serve sia come compagna d’avventura sia come momento romantico-distensivo, sulle tracce del tridente e del ricongiungimento con mammà. Fino allo scontro finale col fratellastro biondo.

     

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    Ma James Wan non ha la cultura da cinefilo inglese alla Damien Hirst, cioè gli horror dell’Hammar Film e i mostri di Ray Harryhausen, è più moderno. E australiano. Insomma. Se ci andate convinti di vedere una versione acquatica di Capri Revolution, beh, non è il vostro film. Se provate a divertirvi e a fondere un bel po’ di cultura camp con il trash artistico alla Damien Hirst ai mondi dei supereroi degli ultimi anni, saranno soldi ben spesi.

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    E, detto questo, è molto divertente, perché nemmeno Jason Momoa ci crede fino in fondo a sorgere dalle acque oceaniche col tridente in mano. E’ più nel suo quando si spara i selfie con i fan coatti del pub o quando riporta il paparino, già guardiano del faro, a casa sul suv. Sarà comunque difficile, dopo Aquaman, guardare una spigola con gli stessi occhi. In sala dal 1 gennaio.

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