Marco Giusti per Dagospia
ANSELM DI WIM WENDERS
Arieccolo Wim Wenders! Fresco del successo del suo ultimo film, il giapponese “Perfect Days”, molto amato dal pubblico dei quartieri alti col suo pulitori di cessi d’autore molto dandy che ascolta la musica anni ’70 su cassetta. Ma negli ultimi anni, però, solo i suoi documentari artistici, parlo di quelli su Pina Bausch e su Sebastiao Salgado hanno funzionato. E parecchio. Eppure già a Cannes, dove l’anno scorso presentò i suoi due ultimi film, il suo fu un grande ritorno.
ANSELM DI WIM WENDERS
Magari funzionerà anche questo documentario appena uscito in sala un po’ pesantone, ma non così trombone come si temeva, "Anselm", dotto ritratto dell'artista tedesco Anselm Kiefer, girato in 3D come "Pina" e prodotto da Jeremy Thomas, garanzia del grande cinema europeo di qualità. Wenders ha la buona intuizione di non far raccontare Kiefer allo stesso Kiefer. Ma lo ricostruisce attraverso la sua messa in scena un po' biopic un po' saggio, con le trovate poetiche descrittive, le ricostruzioni di un Anselm bambino in una Germania distrutta dalle bombe, altre con Anselm più giovane e coi baffi, con lunghi momenti dove vediamo il vero Kiefer in giro per il suo incredibile studio degno del Signore degli anelli e, soprattutto, con uno strepitoso materiale di repertorio.
ANSELM DI WIM WENDERS
Ovvio che se inizi un documentario con la meravigliosa voce di Paul Celan che recita una poesia, le rare riprese rimaste di Martin Heiddegger, un filmato di Joseph Beuys col suo giovane allievo Kiefer, il mai risolto problema del Kiefer col braccio alzato alla Ignazio La Russa (per dimostrare diceva che non si può far finta di niente dopo il nazismo) comunque vinci. Anche perché Wenders conosce alla perfezione il personaggio il suo paese e quello che sta raccontando. Vorrei anche vedere. Sono bellissime anche le riprese di Kiefer in mezzo alle sue opere in bicicletta.
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Funzionano meno i tableaux con Kiefer bambino che rimandano alle opere, e i tableaux in generale. Come non funziona un eccesso di lunghe scene con musica che ne fanno un film-opera romantico. Wenders sa che non può usare troppo Kiefer come intervistato. La scommessa è un'altra. E funziona meglio col lanciafiamme come fosse il Di Caprio di "C'era una volta a Hollywood " o un De Luca incazzato, di quando parla. Francamente un filo noioso. Ma grandi applausi per il ritorno del maestro e grande celebrazione di Kiefer. In sala.
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