Marco Giusti per Dagospia
alessandro borghi luigi lo cascio in delta
Bang! bang! Torna il western sociale nel cinema italiano, anche se i cattivi non sono poi così cattivi e i buoni così buoni come sembrano. Mischione di vecchio neorealismo applicato alle storie dei fiumi (dai documentari di Antonioni a “La donna del fiume” di Mario Soldati a "Un'anguilla da 300 milioni" di Samperi), di western classico (“Colorado Territory” di Raoul Walsh), di cronaca nera recente (ricordate Igor il russo alias Ezechiele il serbo?), ma anche di buone letture, arriva sui nostri schermi “Delta”, diretto da Michele Vannucci, che lo ha scritto assieme a Massimo Gaudioso e Anita Otto, prodotto da Matteo Rovere per Groelandia, interpretato da due star del cinema italiano d’autore come Alessandro Borghi, Luigi Lo Cascio e da due volti meno noti, ma decisamente emergenti come quelli di Emilia Scarpati Fanetti e Greta Esposito.
alessandro borghi in delta 2
Vi dico subito che fino a venti minuti dalla fine, il racconto, cioè lo scontro tra una piccola comunità rumena di pescatori di frodo e una incazzata comunità italiana che non li vuole, sul delta del Po tra Goro, Comacchio, Porto Tolle, funziona benissimo. Vannucci, che aveva girato sempre con Borghi l’attento e documentato “Il più grande sogno” nel 2016, un altro ritratto di comunità sofferente italiana in bilico tra delinquenza e redenzione, sempre fotografato da Matteo Vieille e musicato da Teho Teardo, ci mostra nuovamente come non sia facile stabilire il limite che ci separa tra fare il male e fare il bene.
delta di michele vannucci locandina
Così quando il suo eroe, l’Elia di Alessandro Borghi, pescatore barbuto rumeno di poche parole e parecchi grugniti, pur non volendo uccidere nessuno, spara e diventa un mostro da cacciare brutalmente come un animale, non sentiamo di fargliene una colpa. Come gli eroi dei grandi film western che finiscono sulla strada sbagliata, fa parte del gioco del destino e del mondo violento che frequentano finire cacciati come criminali.
E forse non è meno innocente o colpevole del suo antagonista, il più tranquillo Osso di Luigi Lo Cascio, a capo del gruppo di volontari ambientalisti che cercano di mantenere pulita la zona senza far cazzate, che diventerà il suo cacciatore in un gorgo di inutile violenza e di vendetta. Perché in mezzo ai due personaggi ci sono due donne, la bella ex-moglie di Osso, interpretata da una fenomenale Emilia Scarpati Fanetti, che civetta non poco con Elia, che ha conosciuto tanti anni prima, e la sorella di Osso, Nina, interpretata dalla inedita Greta Esposito, che diventa una furia degna di Mercedes McCambridge in “Johnny Guitar”, seguendo l’idea fascioleghista dell’essere padroni a casa propria e per farlo sente il bisogno di armi, fuoco e fiamme.
alessandro borghi in delta
Come dicevo, il film funziona, e bene, pure in maniera coraggiosa, se non seguisse, nel finale, troppe strade che ci confondono un po’ le idee. Troppe strade, poi, che ci portano a troppi finali, a un po’ di confusione, quando i grandi film western, come “Colorado Territory”, dove i due amanti maledetti sono destinati fin dall’inizio al regolamento di conti finali, ci insegnano che la strada da seguire, se la inizi, è solo una. Non puoi tornare indietro a darmene un’altra. E poi un’altra ancora.
alessandro borghi in delta 1
Peccato, perché il film ha tutte le carte in regole per funzionare, e non senti neanche troppo che Borghi è romano e fa il rumeno-ferrarese, che Lo Cascio è palermitano e fa l’emiliano, che la Fanetti è sorrentina e fa l’emiliana. Ad essere pignoli, si può osservare magari che come antagonista di Borghi ci voleva un attore più simile a lui, Lo Cascio è più grande e meno atletico, e che Borghi, giustamente amato dal pubblico e realmente uno dei nostri pochi attori che riempie lo schermo, esagera un po’ con le facce alla Franco Nero se non lo con tieni. In sala.
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