Marco Giusti per Dagospia
i soliti idioti 3 – il ritorno
“Dai cazzo!” – “Minchia, Il Milan, Figa, l’Inter” – “Te faccio il check up al buco del culo!” – Sì. Sono tornati i Soliti idioti, dopo 12 anni di assenza, gli unici che possano alternare le battute più triviali da hinterland milanese (“Minchia, figa, poco dighel”) alla sofisticata gag costruita sul furto della banana di Cattelan (quello che era un artista importante 12 anni fa, non Alessandro…) del valore di 250 mila euro, ma installata e piegata secondo i precisi voleri dell’artista. O che battezzino come “Stronzo Orizzontale” la casetta eco-solidale fatta di merda di Gianluca accanto al Bosco Verticale di Stefano Boeri.
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La notizia non è solo che questo buffo “I soliti idioti 3 – Il ritorno”, scritto e diretto dagli originali Biggio&Mandelli assieme a Ferruccio Martini, prodotto dal loro storico direttore della fotografia, Massimo Schiavon assieme a Medusa, segna la fine del loro lungo litigio e della rottura con il loro vecchio produttore, che sosteneva da anni di avere i diritti sui personaggi, ma che fa molto, molto, ridere e ci riporta intatti, come se miracolosamente non fossero passati tutti questi anni, i loro personaggi più noti, da Gianluca e Ruggero De Ceglie (dai cazzo) ai due milanesi rincoglioniti che si esprimono solo a Minchia-Cazzo-Porco Dighel, dal motociclista con la barbetta e la signora delle poste ai due omosessuali Fabio&Fabio assieme a altri che non conoscevamo, i due signori litigiosi.
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E, ancora più miracolosamente, grazie anche al programma di Fiorello (ringraziato nei titoli di coda), e credo un po’ anche al vecchio Stracult che vedeva Biggio presentatore assieme a Andrea Delogu, qui in un cammeo in versione bionda, la coppia Biggio&Mandelli è perfettamente funzionante e per nulla invecchiata. Non mi spiego in altro modo il fatto che oggi pomeriggio al cinema Lux c’era una ventina di ragazzetti, tutti ventenni, che ridevano alle battute più volgari e celebri di Gianluca e Ruggero, al fatto che i due Minchia boys aspettassero un figlio da battezzare Ibra da una cino-milanese, anche se il film è più povero dei primi due, più piccolo, più sperimentale, ma credo più vicino a quello che Biggio&Mandelli avrebbero voluto fare nel cinema anche dodici anni fa.
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Magari qualche lunghezza, nella seconda parte c’è, anche se il finale con lo stornello volgare romano alla Lino Banfi è fantastico. Magari ci sono troppi sketch e troppi personaggi da inserire, ma quando Ruggero al grido di “le cavallette se la buttano al culo” cerca di accoppare la rarissima cavalletta di Gianluca o quando si presenta come ostetrico Gué Pequeno, i ragazzi ridevano. E’ come se i dieci anni di coma irreversibile di Ruggero, che si sveglia dopo essere stato, come dice lui, “tra la vita e la sorca”, e scopre che il figlio ha venduto la sua casa da ricco berlusconiano per puntare tutto sulla casa eco-solidale, lo “Stronzo Orizzontale”, appunto, sul modello di “The Curse”, non fossero passati.
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E trova subito la donna della sua vita in Patrixia, la Alexia ultravolgare (“sti cazzi!”) che ha la voce e le battute di Sabrina Ferilli, e con lei trama di tramortire il povero Gianluca, che farà operare dal gommista Gianni perché si ritrova un Mini-Pony nel culo, per non finire in una RSA milanese. Attorno al duo Ruggero-Gianluca girano tutti gli altri personaggi. Rimasti intatti e freschi dopo tutti questi anni. Qualcosa si poteva togliere, in fondo non aveva tutti i torti il loro vecchio produttore a puntare tutto sui De Ceglie, ma si ride così poco col cinema italiano di oggi che non possiamo che perdonare qualche difetto al film. Tra le partecipazioni scordavo Gabriele Corsi, Daniele Virgilio e Gabriele Vagnato, fresco di Viva Rai Due. In sala.
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