la prima regola
Marco Giusti per Dagospia
Altro che la scuola del merito. I giovani protagonisti di "La prima regola" diretto da Massimiliano D'Epiro, che una decina d'anni fa fece un bel film sull'uso smodato della cocaina, "Polvere", sono sei ragazzi difficili già sospesi per motivi diversi e obbligati dalla scuola a frequentare un corso di recupero. Un corso che non vorrebbero assolutamente fare tenuto da un giovane professore bosniaco da anni in Italia, non meno disperato di loro, interpretato dal bravissimo attore rumeno Marius Bizau, che dopo un inizio violento potrebbe rivelarsi qualcosa di estremamente positivo.
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Se razzismo e violenza dell'ambiente non giocassero con carte sporche. Tratto da un testo teatrale di Vincenzo Manna, qui anche cosceneggiatore del regista, "La prima regola" ha una solida struttura narrativa, dei personaggi davvero ben scritti e benissimo interpretati da un cast di sconosciuti o quasi, Harun Fall, Andrea Fuorto, Ileana D'amore, Luca Chirovani, Antonia Fotaras, Cecilia Montaruli, ben spalleggiato dai più esperti Fabrizio Ferracane come preside e Dario Peric, già "Helsinki" in "Casa di carta", come bidelli oltre al già citato Marius Bizau, e un'attenta ambientazione.
la prima regola
Una scuola attaccata a una sorta di bidonville, chiamata lo Zoo, che raccoglie emigrati e emarginati di qualsiasi tipo male accettati dai fascisti e razzisti della zona. La violenza esterna, insomma, non può non riproporsi nelle dinamiche comportamentali dei sei ragazzi e finisce ovviamente per esplodere nel loro rapporto con il professore che ha la pretesa di "salvarli".
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Niente di nuovo, si dirà, dai tempi di "Blackboard Jungle" col professore e i ragazzi violenti, coltelli e brillantina, situazioni pesanti a casa. Ma il film ha una sua forza, una sua realtà e una sua solidità che non lo rendono mai banale. E non credo che sia il tipo di cinema che vorranno proporre gli Sgarbi e i Sangiuliano. Canzoni di Bogotà e Porto Leon. Abbastanza sorprendente. Esce domani in sala
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