Marco Giusti per Dagospia
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Fermi tutti! Bang! Bang! Oggi esce il nuovo James Bond, l’ultimo di Daniel Craig, “No Time To Die”, diretto da Cary Fukunaga, regista della prima stagione di “True Detective”, 160 minuti. Sempre meno dei 180 minuti di “Drive My Car”. Visto che ha un budget di 250 milioni dollari (avete capito bene, cosa avrebbe fatto Galliano Juso ai bei tempi con tutti questi soldi…), deve incassare al primo weekend almeno 90 milioni di dollari per far pari. Insomma l’Austin Martin di 007 contro la Cadillac scopatrice di “Titane” contro la Saab Turbo 900 di “Drive My Car” contro la macchina della prima scena di “Tre piani” di Nanni Moretti.
Dago
Ovviamente i critici inglesi, peggio dei critici italiani quando parlano dei nostri film ai festival, fingono grande entusiasmo di fronte al colosso nazionale, e che devono dire? Così ecco addirittura cinque stelle sul ‘’Guardian’’ (ma perché?). Anche se poi, dopo due anni di attesa, tutto quello che riescono a scrivere del film è che è divertente e “thrill drive”, pieno d’azione. Vedi un po’…
Purtroppo neanche sapevo dell’anteprima, mi chiama il fido Corallo per dirmi che non era invitato. Neanche io. Stavo ancora in mutande sdraiato sul divano a vedere Lilli Gruber. Pazienza. Dago invece, che c’è andato, e che è un fan dei vecchi 007, è ancora incazzato.
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Protesta per come sono mostrati gli italiani e una città spettacolare come Matera, con le donne vestite di nero come prefiche, gli uomini modello tagliagole da film di mafia anni ‘60, con l’Austin Martin di 007 che se la vede con un pericolosissimo gregge di pecore pilotate dalla Spectre, come fossimo in un film di Franco e Ciccio.
Non parliamo dei giamaicani, dei cubani: dei pittoreschi baluba che ruggiscono “Uh!”, come nell’orchestra di Perez Prado. Poi parlano di body shaming e di razzismo. Non gli è piaciuta neppure Léa Seydoux con la sua faccia da maritozzo con panna alle prese con una storia sdolcinata, da “Va dove ti porta la coratella”, tra lei e un Daniel Craig che non possiede nemmeno le due espressioni di Rod Cameron, con la pistola o senza. Ne ha una sola, quella detta “la paresi”. Inoltre, è così mechato che sarebbe meglio chiamarlo “James Blond”.
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In una scena una bella figheria gli consegna uno smoking e Craig, prima di togliersi i pantaloni, chiede alla fanciulla: “Girati!”. Girati?!? Ma tu sei James Bond non Marco Giusti, mi dice Dago. Ahi! Quando appare il nuovo 007 in modalità Metoo, un donnone nero a sei ante sormontato da un volto alla Mike Tyson, la prostata di Dago ha perso il controllo: ma è un invito all’omosessualità! Togliete subito il 7: è solo 00, un cesso!
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Dopo essersi sorbito anche il collegamento con Londra alla prima con il principe addormentato Carlo e l’equina Camilla, passata un’ora di film, rimbambito di esplosioni, mitragliate, tripli salti mortali, bombe a mano, Dago se ne è andato. Credo con un sospiro di sollievo del pubblico che aveva vicino, a partire da Paolino Bonolis. Ma magari ha ragione lui. Qualche testata più giovane e aggressiva, come “Vulture”, lo stronca, “sempre lo stesso statico meccanismo nonsense, solo più lungo”. Aiuto! In settimana lo vedo.
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