NICOLA DI GIOIA
Marco Giusti per Dagospia
Il cinema italiano e il cinema stracult perdono anche Nicola Di Gioia, 73 anni, nato a Andria ma trapiantato da subito a Roma, stuntman, attore, organizzatore, storico acchiappa-mostri per Fellini, presenza fondamentale e infaticabile in un numero imprecisato di film di ogni tipo. Peplum come Ponzio Pilato o Romolo e Remo, comici come 002 agenti segretissimi, western come Un poker di pistole o Tre pistole contro Cesare, Merola movies come La tua vita per mia figlio, Bud-movie come Banana Joe, gialli, storici. Non se li ricordava nemmeno tutti.
NICOLA DI GIOIA
Ogni tanto spuntava un titolo nuovo, come Accattone. Per Dino Risi, Nicola era tout court il cinema. Per Carlo Verdone, che lo avuto come attore a più riprese, Nicola aveva “la voce più scojonata del cinema italiano”. Proprio la sua voce così roca, così particolare, così “scojonata” gli aveva dato una sorta di nuova vitalità nella commedia recente, da Verdone a Giovanni Veronesi a Paolino Ruffini, che lo ha voluto come Darth Vader in Tutto molto bello. Per me era non solo un fratello d’avventure, ma la chiave per andare alla ricerca di caratteristi e attori che avevano fatto, come lui, il cinema.
NICOLA DI GIOIA
Lo avevo incontrato per la prima volta in tv su Orgoglio Coatto dove aveva il ruolo del reclutatore di coatti per me e Carlo Verdone. Aveva riempito il Teatro delle Vittorie di presenza davvero temibili. Da lì era diventato un elemento fondamentale di Stracult. E se penso a Stracult penso proprio a me e a Nick che andiamo in giro per l’Italia alla ricerca di grandi caratteristi degli anni ’60 e ’70 come Ennio Antonelli, il Manzotin di Febbre di cavallo, di Nino Terzo, il Tartaglione d’Italia, di Osiride Pevarello, che si presentò a 90 anni passati in moto con in mano un cocomero, di attori misteriosi come Ken Klark. O alla ricerca di stuntman come Mario Novelli o Gilberto Galimberti, scomparsi anche loro da poco.
O di vecchi attori mal ridotti, come Max Turilli, che ci aprì la porta di una una specie di inferno dove abitava. Nick non si fermava di fronte a niente e poteva ritrovarti chiunque. Conosceva il cinema italiano, i suoi set, le sue geografie assurde come pochissimi altri al mondo. Non c’era strada romana che non conoscesse e dove non avesse girato. Se appariva su un set lo conoscevano tutti.
NICOLA DI GIOIA
Quando andammo alla ricerca di vecchi attori e stuntman di spaghetti western arrivarono personaggi mitologici mai visti prima da nessuno, come Angelo Susani detto “Ciuffo”, un pelatone triestino controfigura di Livio Lorenzon che era passato da ruoli di mongolo nel peplum a quelli di messicano.
O registi dimenticati come Franco Lattanzi, che mentre girava un film per un produttore, ne girava contemporaneamente un altro con gli stessi set per se stesso. Nicola mi aveva aperto le porte di un cinema incredibile ben lontano da quello ufficiale, anche se aveva a lungo bazzicato anche quello. Per Mario Monicelli era un ricercatore di vecchietti, anche se molti non reggevano il secondo richiamo sul set. Anche per Dino Risi aveva costruito il cast minore di Dago
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bert. Se lo conoscevi, come accadde a me e a Verdone, era impossibile farne a meno. Lo conosceva meglio di tutti Federico Fellini, che gli aveva dato una mano per i cast più assurdi, reclutando i nani per Ginger e Fred, le ciccione, i gay, i cinesi. Nick aveva ancora il quaderno dove aveva diviso per generi le comparse romane e le attrazioni, compresi i nani, ne aveva 62 ai bei tempi, compresa una coppia di lillipuziani, rarissimi.
I nani gli servirono anche per il set di un Sogno di una motte di mezz’estate di Michael Hoffman. Coi cinesi ci riempì Gangs of New York. Potevi chiedergli tutto. Alla richiesta di un leone, rispose “Come lo voi, bono o cattivo?”. Aveva storie meravigliose. Come quaando Richard Burton lo cacciò dal set del Doctor Faustus perché toccava il culo a Elizabeth Taylor. Ma faceva un diavolone infoiato, che altro avrebbe dovuto fare?
NICOLA DI GIOIA
O quando ebbe una storia con una giovanissima Catherine Deneuve sul set di Ponzio Pilato. O quando si menarono con un altro celebre stunt per la controfigura della Lollobrigida. O quando scavalcava il muro di Cinecittà per ottenere una comparsata su Ben-Hur. Nick era la Metro Goldwyn Mayer per chi il cinema lo aveva solo sognato. Con lui ci siamo sempre divertiti. E tutti lo hanno sempre adorato. Da Fellini a Monicelli a Risi a Verdone a Veronesi. Con Nick se ne va una parte sana e mitica di Cinecittà e del nostro cinema.