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    IL CINEMA DEI GIUSTI - “IO NON CREDO NEL DEMONIO, È LUI CHE CREDE IN ME!”. ‘RICCARDO VA ALL’INFERNO’ È SHAKESPEARE IN VERSIONE MUSICAL DARK, AMBIENTATO AL TIBURTINO IN SALSA MAFIA CAPITALE. CON MASSIMO RANIERI PROTAGONISTA DAL CRANIO RASATO. UN FILM CHE MOSTRA IL LATO PIÙ STRAVAGANTE DI ROBERTA TORRE, NON SEMPRE IL PIÙ RIUSCITO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Riccardo va all’inferno di Roberta Torre.

     

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    Torino Film Festival. “Io non credo nel demonio, è lui che crede in me!”. Ecco il Riccardo III in versione musical dark ambientato al Tiburtino Terzo in salsa mafia capitale con Massimo Ranieri protagonista dal cranio rasato. Al ritmo di “E’ finito l’inverno del nostro scontento!” Riccardo esce dall’ospedale psichiatrico dove era stato rinchiuso e entra in scena prepotentemente, pronto alla sua sanguinosa scalata al trono criminale del regno del Tiburtino Terzo, in questo davvero bizzarro Riccardo va all’inferno di Roberta Torre, regista dei non dimenticati e altrettanto bizzarri musical Tano da morire e Sud Side Stori.

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    Stavolta la Torre ha dalla sua l’impostazione teatrale del suo precedente Insanamente Riccardo Terzo del 2013, dove attori professionisti e  veri pazienti psichiatrici mettevano in scena la storia, le musiche e le canzoni scritte da Mauro Pagani, geniale autore di Creuza de ma e grande amico e collaboratore di Fabrizio De André, la forte presenza di Ranieri come non lo abbiamo mai visto, inoltre al suo primo musical cinematografico, e due attrici di teatro di primissimo piano come Sonia Bergamasco nel ruolo della Regina Madre, e Silvia Gallerano come Betta. Segno del gran lavoro svolto dalla Torre in questi anni fra teatro e opera.

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    Ma ci sono anche un torvo Ivan Franek, Tommaso Ragno, una serie di presenze mostruoso e Mirko Frezza che morirà soffocato dal peso di una cicciona nuda. Non per tutti i gusti, mischione di horror e trash, forse non sempre controllato al massimo, Riccardo va all’inferno è un film sperimentale come da tempo non se ne facevano in Italia che ci riporta ai tempi di Carmelo Bene e del cinema dell’eccesso della fine degli anni ’60. Sonia Bergamasco, dietro la maschera da Amanda Lear o da Lady Cafonal ci ricorda perfino la sua presenza femminile nel tardo Pinocchio di Bene, mentre Silvia Gallerano è un’assoluta sorpresa per il pubblico del cinema.

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    Oggetto difficile da collocare in una stagione dove non si capisce davvero dove vada il nostro cinema e quali strade voglia percorrere, mostra il lato più stravagante di Roberta Torre, non sempre il più riuscito. Personalmente preferisco i toni asciutti e precisi di Angela, ma già il fatto di smuovere il nostro cinema con Shakespeare mischiato a mafia capitale (fece lo stesso Capuano con la camorra nell’illuminante e sfortunato Luna rossa) è un passo interessante. In sala da giovedì.

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