Marco Giusti per Dagospia
dark phoenix
Chi siamo? Bella domanda. Non mi ero neanche accorto che la protagonista di questo disastrato X-Men, Dark Phoenix, scritto e diretto da Simon Kinsberg, è Sophie Turner, cioè la Lady Sansa di Games of Throne. Chi siamo? È la prima battuta del film e quello che si chiede appunto Sophie Turner, nei panni della potentissima Jean Grey detta Dark Phoenix, alla ricerca della sua vera identità. Sa che i genitori sono morti in un incidente che lei stessa ha provocato non riuscendo a controllare la propria potenza, in fondo voleva solo cambiare musica e non aveva tutti i torti.
Sa che il suo padre adottivo, il Charles Xavier di James McAvoy della scuola per ragazzi speciali e giovani mutanti, le vuole bene ma la sta usando per risolvere problemi troppo grandi. Al punto che la sua amica del cuore, la Raven di Jennifer Lawrence, a un certo punto sbotta e spiega a Xavier che sta usando le donne per i suoi fini. E allora chiamateci X-Women! Tié.
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Xavier, un James McAvoy pelato sulla sedia a rotella che sembra ancora posseduto da qualche personalità multipla di Split, capisce che non riuscirà più a controllare i suoi ragazzi. E poi qualcosa di brutto è capitato proprio a Jean Grey lassù sulla spazio in missione speciale quando ha inghiottito una misteriosa scarica di fuoco e luce come se fosse stata Eta Beta. Gluck! Ne è tornata più forte, sì, ma anche più consapevole che le cose non stanno proprio come dice Xavier.
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Non l’aiuta neanche il suo fidanzatino Cyclop, Tye Sheridan. E il problema di identità, insomma, rimane. Aggiungiamoci che a questo punto arriva dallo spazio un gruppo di alieni fuggiaschi da qualche pianeta lontano, capitanati da Jessica Chastain biondissima tipo Heather Parisi, ma così bassa rispetto a Sophie Turner, che deve mettersi dei tacchi altissimi per starle vicino. Cosa vuole?
Ovviamente occupare il pianeta terra, distruggerci, e per farlo ha bisogno della donna più potente del pianeta, cioè Dark Phoenix. Per rendere le cose più semplici Dark Phoenix va pure a trovare il poro Michael Fassbender, cioè Magneto, che si era rifugiata su un’isoletta insieme a quattro mutanti amici. E così sarà un tutto contro tutti per risolvere il problema di identità di Dark Phoenix e salvare il mondo. Mah…
dark phoenix
Diciamo che il film, il terzo della seconda saga di X-Men, dopo Days of Future e Apocalypse, con James McAvoy e Michael Fassbender, che dovrebbe chiuderla per agganciarsi alla più riuscita prima saga, diretto da Simon Kinsberg, produttore e sceneggiatore dei precedenti episodi, non funziona granché.
Il meglio che gli hanno scritto i critici è che è noioso. E i personaggi poco convincenti. E il finale assolutamente non riuscito per chiudere una saga così grande. Kinsberg, a dispetto di Bryan Singer, regista dei primi due film, sembra non avere gran controllo della messa in scena e della costruzione degli attori.
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Ognuno recita senza sapere dove andare. Lady Sansa annaspa bamboleggiando per tutto il film come una ventenne che da qualche parte si deve sfogare senza spiegarcene il perché, e quando si sfoga sono dolori per tutti. McAvoy ha la giusta dose di ambiguità, ma la sua esplosione di molteplici personalità non aiuta il personaggio. Michael Fassbender è sempre il più bello e il più bravo ci sembra davvero sprecato con l’elmetto da Magneto in testa. Jennifer Lawrence è diventata una ragazzona americana poco credibile quando inizia il suo processo contro il machismo paternalista di Xavier.
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In versione blu, però è ridicola. Anche il mutante blu con la coda e l’accento tedesco, il Kurt di Kodi Smit McPhee, fa ridere, ma è più simpatica, sembra un po’ Mia. Inoltre, capisco che dopo Black Panther e Wonder Woman ogni film di supereroi deve partire dai problemi delle donne e delle minoranze a Hollywood, ma in questo caso la protesta delle ragazze contro Xavier mi sembra proprio una trovata per modernizzare la storia e per permettere a qualsiasi ragazza in forma di menare i supereroi maschi. Insomma… In sala.