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    IL CINEMA DEI GIUSTI – MASTANDREA METTE IN “RIDE” LA SUA ESPERIENZA DI ATTORE E PRODUTTORE DEI FILM DEL SUO DICHIARATO MAESTRO CALIGARI, CON NETTUNO AL POSTO DI OSTIA, MA ANCHE MOLTO DEL SUO BAGAGLIO DI VITA PIÙ PERSONALE. SENZA PUNTARE SULLA DRAMMATICITÀ PERÒ ANZI STEMPERANDOLA - MAGARI IL FILM NON È COMPATTO FINO ALLA FINE, MA È UN ESORDIO IMPORTANTE – VIDEO


     
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    Ride di Valerio Mastandrea

    Marco Giusti per “Dagospia”

     

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    Festival di Torino. Tornano gli operai, i morti sul lavoro, i lutti da smaltire in famiglia e tra i compagni, proprio negli anni di Salvini. E’ stato un successo il primo film da regista di Valerio Mastandrea, Ride, che vede protagonista Chiara Martegiani, nel ruolo di una giovane vedova che non riesce proprio a piangere, a stare davvero male, e mentre si prepara al funerale del marito, assorbe su di sé le confessioni e il dolore delle tante persone, più o meno vicine, che lo avevano conosciuto e amato.

     

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    Un fratello, Stefano Dionisi, che ha fatto altre scelte e che vorrebbe forse un regolamento di conti interno alla famiglia (“è morto il fratello sbagliato”). Un padre, Renato Carpentieri, che ha vissuto le lotte operaie con altro spirito e si prepara con gli amici a una sorta di funerale manifestazione. Un figlioletto, Arturo Marchetti, che vuole vestirsi di nero con la moglia del Borussia, e si prepara alle interviste della stampa studiandosi un copione in modo da far colpo su una ragazzina. Ma ci sono anche una ex fidanzata sconvolta, Silvia Gallerato, una coppia di amici in crisi che dichiarano il proprio fallimento proprio a lei, a Carolina, la vedova che non riesce a piangere, e non riesce neanche a uscire di casa, chiusa in una sorta di curioso stato di incapacità alla sofferenza.

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    Mastandrea mette in questo piccolo film, in qualche modo collegato al suo primo corto da regista, Trevirgolaottantasette, con Elio Germano e Marco Giallini, dedicato alle morti sul lavoro, non solo la sua esperienza di attore e di produttore dei film del suo dichiarato maestro e amico Claudio Calligari, con Nettuno al posto di Ostia, ma anche molto del suo bagaglio di vita più personale.

     

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    Senza puntare sulla drammaticità, però, anzi, stemperandola spesso nella commedia, nell’ironia, grazie proprio al personaggio di questa ragazza incantevole che non riesce a piangere, cioè a entrare nella parte, e a quello del figlio che vorrebbe invece entrare in una sorta di mood da intervistato televisivo. La drammaticità, però, è ben presente sia nel rapporto del padre con i vecchi compagni e con le vecchie battaglie, sia nel rapporto del fratello col padre, al quale ha molto da rimproverare.

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    Il defunto, che a un certo punto si materializzerà per mangiare gli spaghetti e trovarli un po’ sciapi, non è interessante come “chi resta”, a loro il film è dedicato, agli orfani, alle vedove, a chi deve elaborare un lutto. E l’originalità e la forza del film è appunto nella descrizione del personaggio di Carolina, interpretato con grande grazia e la giusta ironia da Chiara Martegiani, nel suo rendersi conto di non essere entrata nel ruolo che le circostanze le impongono, mente tutti, attorno a lei, sembrano prendersi un ruolo ben preciso.

     

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    Magari il film non è compatto fino alla fine, ma è un esordio importante di un attore molto amato dal pubblico, che non si è sentito mai né solo un attore, neppure all’interno dei suoi film, ma neanche qualcos’altro. Come se la ricerca della propria identità, insomma, coincidesse anche con il saper prendere le giuste distanze da un personaggio, dal metterlo in discussione quasi teatralmente.

     

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    Tutti gli attori sono bravissimi, da Stefano Dionisi a Renato Carpentieri, dai vecchi amici Emanuel Bevilacqua a Lele Vannoli, e in tutti, magari, ci sembra di rivedere un po’ del Mastandrea attore e della magia di Caligari, ma il film poggia interamente sulle spalle di Chiara Martegiani e sulla sua non sofferenza. E grazie a lei il film trova la sua identità e la sua originalità. Esce giovedì 29 novembre. 

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