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    IL CINEMA DEI GIUSTI - ROBERTO FAENZA TIRA FUORI UN FILM SULL’OLOCAUSTO SERIO, ONESTO E SOPRATTUTTO NON PIETOSO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

    anita b roberto faenza regista del film in una foto dal setanita b roberto faenza regista del film in una foto dal set

    Anita B. di Roberto Faenza.

    In molti restammo incantati tanti anni fa da un piccolo film in bianco e nero sull'Olocausto, ma pieno di speranza. "Andremo in citta'" diretto da Nelo Risi e scritto da sua moglie Edith Bruck, che a Auschwitz c'era davvero stata e era arrivata in Italia dopo un lungo pellegrinaggio tra Cecoslovacchia, Francia, Palestina, approdando alla scrittura dopo un incontro con Primo Levi.

    In qualche modo negli occhi della protagonista di questo "Anita B.", diretto da Roberto Faenza, che lo ha scritto assieme proprio al vecchio Nelo Risi (classe 1920, fratello minore di Dino) e a Edith Bruck, che lo ha tratto da un suo romanzo di una decina d'anni fa, ritroviamo lo stesso sguardo pieno di speranza della Geraldine Chaplin di "Andremo in citta'" del lontano 1966.

    E con dolcezza vediamo Anita, interpretata da una dolcissima e intensa Eline Powell, che va al cinema a vedere "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin e chiede al suo fidanzatino, se veramente sia esistito un barbiere ebreo cosi'. Rispetto ai tanti film sull'Olocausto, "Anita B." puo' vantare lo sguardo di una vera protagonista di quei fatti e di quella storia, Edfith Bruck e' nata in Ungheria nel 1932, e di un uomo di cinema e di lettere, come Nelo Risi, gia' regista di film come "Diario di una schizofrenica", "La colonna infame", ma da anni inattivo.

    anita b di roberto faenzaanita b di roberto faenza

    Puo' vantare anche una ricostruzione attenta e sentita del periodo, una messa in scena seria, onesta e civile di una storia importante. Ma soprattutto un punto di vista non pietoso della tragedia, perche' parte dalla vitalita' della sua protagonista e dal suo voler andare avanti a tutti i costi senza perdere nulla della memoria ebraica, mentre gli altri membri della sua famiglia tentano di inserirsi nella nuova Europa comunista, e senza dimenticare l'Olocausto e l'orrore dei campi, mentre la tendenza dopo la guerra e' proprio quella di lasciare Aushwitz e la sua tragedia fuori dalla porta.

    anita b di roberto faenzaanita b di roberto faenza

    No, Anita uscira' di scena portandosi dietro una valigia piena di futuro, ma anche la memoria e il desiderio di raccontare. Magari senza particolari invenzioni, ma ben scritto, diretto e interpretato. Un film di gusto, senza errori storici, senza cadute nel grottesco o nel pietoso. Come da anni non se ne producono piu' tra cinema e tv, dove ormai le ricostruzioni storiche sono imbarazzanti, per non parlare di sceneggiatura e dialoghi.

    Anche se non e' un film ricco, la cosa non si sente, Arnaldo Catinari fa un ottimo lavoro di fotografia, le scene sono piu' che dignitose, gli attori da Eline Powell a Robert Sheehan, il ragazzo che divide la stanza con lei, da Andrea Osvart, la zia che non vuole sentir parlare dei campi a Moni Ovadia, lo zio Jacob, tutti in parte e ben diretti. In sala dal 19 gennaio.

     

    anita b di roberto faenzaanita b di roberto faenza

     

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