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    IL COMUNISMO SECONDO LO ZIO SAM - A WASHINGTON D.C. È STATO INAUGURATO IL MUSEO DEL COMUNISMO, CHE RACCONTA GLI ORRORI COMMESSI DAI REGIMI DI SINISITRA IN GIRO PER IL MONDO - NELLA GALLERIA SI PUÒ TROVARE UNA REPLICA DELLA STATUA DELLA "DEA DELLA DEMOCRAZIA", LA STESSA ATTORNO A CUI SI STRINSERO GLI STUDENTI DI PIAZZA TIENANMEN NEL 1989, E ANCHE UN CONTATORE DELLE VITTIME DEI VARI DITTATORI COMUNISTI DI TUTTO IL MONDO...


     
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    Marco Respinti per “Libero quotidiano”

     

    museo del comunismo di washington 12 museo del comunismo di washington 12

    Più di 100 milioni di morti dopo, sta angariando ancora un miliardo e mezzo di persone. Al Museo del comunismo di Washington, inaugurato il 13 giugno, il contatore delle vittime mitraglia cifre da capogiro. I 70 anni e passa di storia del comunismo mondiale scorrono veloci nei cinque minuti di regia sapiente che sintetizzano la più grande catastrofe umana provocata da mano umana.

    «Rivoluzione», «guerra», «persecuzione», «genocidio». Le parole chiave della tragedia guidano i passi dei visitatori lungo il pavimento.

     

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    Il rosso color del sangue predomina su tutto: pannelli, didascalie, foto. Nell'ultima sala l'implorazione prende il posto dell'accusa. «Ricordateci», dicono i volti fotografati alle pareti, per lo più trapassati, ma alcuni viventi.

     

    Ancora sotto il comunismo. Il Museo ha un pregio enorme. Non è un'esibizione di fossili provenienti da tempi remoti e non è nemmeno un amarcord dell'invettiva. È un film vero e angosciante, che rievoca il passato affinché, come diceva Aleksandr Solzenicyn, la memoria viva, ma soprattutto ricordi l'attualità.

     

    Molti lo dicono, tanti lo ripetono, tutti sbagliano: il comunismo non è scomparso nel nulla. Si è evoluto, si è adattato ai tempi, ma ciò significa che ha raffinato i metodi della persecuzione, facendosi più scaltro. Gli spazi del Museo su Cina, Indocina e Corea del Nord martellano efficacemente questa verità semi-sottaciuta.

     

    NESSUNA BUGIA

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    Un altro punto di forza del Museo è ciò che il Museo non fa. Il Museo non racconta la favoletta dell'"idea buona realizzata male" e non racconta la bugia del "Lenin buono" contro lo "Stalin cattivo" solo lui. Ricorda invece che la Russia leniniana diventò subito repressiva, oppressiva e totalitaria. Che fu Lenin a ideare il mostruoso sistema dei Gulag, un sistema niente affatto accidentale bensì strutturale al marxismo-leninismo, implementato sempre, in ogni cinica variante, ovunque il comunismo abbia preso il potere.

     

    A Washington, sull'angolo dove la verde MacPherson Square (dedicata al generale della Guerra di secessione caduto nel luglio 1864 nella battaglia di Atlanta) tocca il civico 900 della 15esima Strada, direzione nord-ovest, il Museo è nato degli sforzi pluridecennali della Victims of Communism Memorial Foundation.

     

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    Nel 1993 il presidente Bill Clinton firmò la legge voluta dai senatori Repubblicani Steve Symms, Dana Rohrabacher e Jesse Helms che permetteva di erigere un memoriale alle vittime della lucida follia rossa. La Fondazione prese avvio da lì, grazie tra l'altro all'infaticabile dedizione di Lee Edwards, saggista e storico del conservatorismo americano, oggi suo chairman emerito, sostituito da Edwin Feulner, già fondatore della Heritage Foundation.

     

    Negli anni la Fondazione si è legata a nomi illustri, fra cui il biografo di due Papi George Weigel, gli storici Robert Conquest, Richard Pipes e Brian Crozier, il "tassonomo" dei massacri di Stato Rudolph Rummel, l'ex ministro americano Jack Kemp, il denunciatore delle connivenze ideologiche fra certi quartieri del mondo libero e l'"impero del male" Paul Hollander, gli ex premier Václav Havel, cecoslovacco, e Sali Berisha, albanese, l'ex capo di Stato lituano Vytautas Landsbergis, il poeta dissidente cubano Armando Valladares, l'eroe di Solidarnosc Lech Walesa, stelle della dissidenza russa come Yelena Bonner Sacharova e Vladimir Bukovsky.

     

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    Nel 2007 fu il presidente George W. Busk jr. a inaugurare il memoriale pubblico a quei caduti. Sorge poco lontano da Union Station ed è una replica della cosiddetta «Dea della democrazia», quella attorno a cui si strinsero gli studenti di Piazza Tienanmen nel 1989 e che il governo comunista cinese distrusse al pari di come distrusse quegli stessi studenti. Al Museo di MacPherson Square ne svetta un'altra copia.

     

    Non smette di tenere alta, orgogliosa, la torcia della libertà. Su, al secondo piano, un monografico sull'eccidio di Tienanmen esibisce documenti e cimeli autentici come la camicia di Jian Lang, lordata del suo stesso sangue. Le sgorgò dalla testa quando i soldati la picchiarono. Cercava solo di fare il proprio mestiere, documentando i fatti. Era una reporter per il giornale dell'Esercito cinese, stava dalla loro parte.

    statua memoriale delle vittime del comunismo a washington statua memoriale delle vittime del comunismo a washington

     

    TESTIMONI

    La gola si stringe in un nodo incrociando gli occhi dell'arcivescovo ungherese martire Jozsef Mindszenty, del capitano di cavalleria polacco Witold Pilecki (che entrò volontario ad Auschwitz per documentare la barbarie nazista e che fece lo stesso con il Gulag, finendo ammazzato) o degli uiguri perseguitati, ora, adesso, in questo momento dal neo-post-nazional-comunismo di Pechino. Non si può non fremere alla rievocazione del «Miracolo della Vistola» (l'unica sconfitta militare dell'Armata Rossa) e all'insurrezione di Budapest del 1956.

     

    Ci sono le voci del beato Jerzy Popieluszko e di san Giovanni Paolo II, Ronald Reagan parla alla Porta di Brandeburgo, le pile di teschi accatastati restituiscono il genocidio cambogiano e le cattiverie di Cuba illustrano il falso paradiso terrestre del comunismo tropicale. Sin dall'inizio il comunismo ha prosperato attraverso inganno, menzogna, strumentalizzazione e violenza: il bagno di verità al Museo è per tutti, senza sconti. Non costa nemmeno un cent.

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