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    CIUCCI CON LE ALI - IL CONSIGLIO DELL’ANAS È RIMASTO SENZA CONSIGLIERI DOPO LE DIMISSIONI DI MARIA CANNATA E SERGIO DONDOLINI - IL PRESIDENTE CIUCCI, ULTIMO BOIARDO DI STATO, NON MOLLA LA POLTRONA MA RENZI LO VUOLE FUORI DAI GIOCHI


     
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    Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera”

     

    PIETRO CIUCCI ANAS PIETRO CIUCCI ANAS

    Nei suoi quasi nove anni al timone dell’Anas mai il presidente Pietro Ciucci ha dovuto affrontare simili marosi. A metà gennaio le dimissioni del consigliere nominato dal ministero del Tesoro, Maria Cannata. Che alla domanda sui motivi della decisione se l’è cavata con un salomonico: «Ho troppe cose da fare». La sua poltrona è vuota da un paio di mesi, e ieri si è svuotata anche quella del terzo consigliere di amministrazione Sergio Dondolini, direttore generale dei Trasporti.

     

    Anche lui, al pari di Maria Cannata, sostiene di essere talmente impegnato al ministero delle Infrastrutture da non poter sostenere un impegno tanto gravoso. Ancora più decisiva, nel suo caso, sembra tuttavia la circostanza di essere stato nominato appena lo scorso agosto dal ministro Maurizio Lupi: uscito di scena qualche giorno fa dopo la tempesta che si è abbattuta sul suo ex responsabile delle grandi opere Ercole Incalza. Più che sensato pensare che Dondolini abbia voluto mettere il proprio mandato a disposizione di chi oggi ricopre a interim quella carica, vale a dire il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Chapeau!

    Pietro Ciucci Pietro Ciucci

     

    Ma il fatto è che ora si viene a determinare una situazione nuova. Il consiglio dell’Anas è composto da tre persone, in maggioranza dipendenti dei ministeri. E con le dimissioni di due dei tre si dovrà convocare un’assemblea per sostituirli. Questo però avverrà soltanto dopo l’approvazione del bilancio: fino ad allora Dondolini dovrà restare in carica per garantire comunque il funzionamento del consiglio. Dopo non si possono escludere sorprese clamorose per lo stesso Ciucci. Oggi la sua posizione appare più debole di ieri.

    Il presidente dell’Anas può essere considerato l’ultimo dei boiardi di Stato.

     

    ANAS ANAS

    A 19 anni è già nella società Autostrade, dove scala tutti i gradini fino a raggiungere quello di condirettore generale. Poi , dopo aver quotato in Borsa la concessionaria autostradale, eccolo all’Iri: direttore finanziario. Da allora non gli è precluso alcun incarico. La presidenza di Cofiri, i consigli di Alitalia, Rai, Stet, Finmeccanica, Comit, Credit, Banca di Roma. Sme, Autostrade, Aeroporti di Roma... Finché nel 2002 Silvio Berlusconi non lo vuole al vertice della Stretto di Messina, la società controllata dall’Anas che dovrebbe realizzare il ponte fra Scilla e Cariddi. Un progetto che l’esecutivo di Romano Prodi stoppa subito quando arriva, nel 2006: ma subito mette Ciucci, che ne era l’autore, a capo dell’Anas.

     

    Berlusconi redivivo lo conferma nel 2009 e due anni più tardi lo nomina addirittura amministratore unico. E resta intoccabile anche con il ritorno della sinistra al governo: nel 2013 Enrico Letta rifà il consiglio di amministrazione e gli affida l’incarico di presidente e amministratore delegato. Ma pochi mesi dopo arriva Renzi e si capisce che la musica è cambiata. Spunta la regola che dopo tre mandati si va a casa.

    anas anas

     

    A voler essere pignoli, per Ciucci che è rimasto anche al vertice della Stretto di Messina ininterrottamente per undici anni, sarebbe addirittura il quarto. Ma è stato appena nominato da Letta. E il nuovo governo, pur professando la volontà di cambiamenti radicali nelle imprese pubbliche, decide di lasciare tutto com’è. E non è l’unico caso. Del resto Ciucci sta andando in pensione, ed è chiaro che alla conclusione del suo mandato, nella primavera del 2016, non potrà restare un altro giro.

     

    MARIA CANNATA MARIA CANNATA

    I giornali raccontano che è l’unico, insieme al solo amministratore di Invitalia Domenico Arcuri, a vedersi tagliare lo stipendio al tetto dei 300 mila euro annui fissato dal governo. Il Movimento 5 stelle, come riporta il Fatto quotidiano, non rinuncia però a infilzarlo con una interrogazione a proposito di una buonuscita da 1,8 milioni che l’amministratore delegato Pietro Ciucci avrebbe concesso nell’estate del 2013 al direttore generale Pietro Ciucci per la «risoluzione consensuale del rapporto di lavoro» dipendente. Notizia confermata, quanto all’importo, dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.

     

    E poi ci si mette il caso Incalza a mescolare tutte le carte. Lupi fa le valigie e Renzi si prende l’interim del ministero annunciando un bel repulisti. Prima di passare la mano forse a un fedelissimo, magari tipo Luca Lotti. Ciucci sa come funziona. Ne ha viste talmente tante, anche quando a fare le nomine all’Iri era lui, che oggi si manifesta serafico: «Ho sempre considerato il mio mandato a disposizione degli azionisti. Non farò certo le barricate. Così dev’essere e così sarà».

     

     

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