Estratto dell’articolo di Fabrizio Peronaci per www.corriere.it
EMANUELA ORLANDI 5
Nel giallo di Emanuela Orlandi, la figlia del messo pontificio di papa Wojtyla scomparsa nel lontano 1983, torna in primo piano la pista inglese. Le rivelazioni emerse nelle ultime ore provengono da fonti diverse e, forse non a caso, presentano punti di convergenza.
A cominciare dalla destinazione dell'ostaggio: Londra. Di questa traccia e di altro parla Pietro Orlandi al programma DiMartedì su La7, ma da qualche settimana sta circolando anche un altro documento "riservatissimo", pervenuto al Corriere, che descrive i presunti spostamenti della quindicenne, fin dalla sera della scomparsa.
PAPA BERGOGLIO PIETRO ORLANDI E LA MADRE DI EMANUELA
L'autore del dossier - sulla cui attendibilità sono in corso accertamenti - sembra mescolare fatti veri a circostanze non verificate e si ricollega al documento reso noto nel 2017, bollato come falso, contenente la (presunta) nota-spese da 483 milioni di lire stanziati dal Vaticano per tenere in vita Emanuela.
emanuela orlandi mirella gregori
La firma è: "un servitore della Repubblica". Nel testo si alternano toni perentori e l'uso del condizionale. In ogni caso, l'estensore (ammesso sia uno solo) si dimostra ben informato e a conoscenza delle varie piste e della posizione dei principali protagonisti, dai boss della banda della Magliana ai prelati coinvolti negli scandali esplosi all'ombra del Cupolone negli anni Ottanta, fino a Marco Accetti, il fotografo romano oggi 67enne indagato nel 2013 (e poi prosciolto) dopo aver consegnato il flauto riconosciuto da familiari come quello di Emanuela.
IL DOSSIER DEL VATICANO SU EMANUELA ORLANDI
I possibili nuovi spunti sul giallo della "ragazza con la fascetta" sono sintetizzati nella parte iniziale. Premesso che «l'operazione Orlandi» (così viene definito l'allontanamento da casa della vittima) fu «comminata» dopo contatti non meglio precisati tra "un agente del Sisde e il sig. Ercole", di certo inconsapevole e vittima di pressioni (qui una delle poche interviste concesse dal padre di Emanuela), il documento passa a descrivere quanto sarebbe accaduto.
Il "servitore della Repubblica" entra nel dettaglio fin dal giorno del mancato ritorno a casa: «Emanuela il 22 giugno 1983, alle ore 20, è già a Civitavecchia, dove dal molo turistico viene messa a bordo di un'imbarcazione e portata in Sardegna, ed esattamente fino alla darsena di Santa Teresa di Gallura.
Questo luogo fu scelto di proposito perché in quello stretto si incrociavano i segnali radio dei radiofari italiani e francesi. Questo permetteva, a causa delle tecnologie obsolete dell’epoca, di non essere tracciati, poiché un radar creava interferenze all’altro».
ERCOLE ORLANDI
Quali i soggetti coinvolti e quale la destinazione? «Seguendo le informazioni in mio possesso - prosegue l'estensore del documento - posso affermare con estrema certezza che Emanuela è transitata dalla Sardegna, verso l’estero.
Per questo tipo di strategia, tecnica e messa in opera, furono utilizzati agenti dormienti della sezione Gladio o SB, che con le loro conoscenze sia a livello tecnico-operativo che a livello di territorio hanno garantito un passaggio sicuro in una zona comunque attenzionata». E poi? Eccolo, il punto di congiunzione con il dossier di cinque anni fa.
GLADIO
In questo caso, però, il tono è molto meno assertivo: «Fino al 2000 Emanuela Orlandi potrebbe essere stata ospite in Inghilterra “sotto protezione” di una fondazione ecclesiastica... Il potrebbe - si premura di precisare il sedicente "servitore della Repubblica" - è d'obbligo, perché rintracciarlo ufficialmente diventa complicato: secondo la giurisprudenza britannica infatti certe fondazioni non sono obbligate a comunicare informazioni su benefattori o associati...».
Nel successivo capoverso, infine, due indicazioni più precise: «La cosa certa è che tra il 1993 e il 2000 Emanuela è stata ospite in una casa di South Kensington, a Londra, sotto la gestione dello Ior, che ha provveduto al suo mantenimento lontano dagli affetti, con il plauso e l’appoggio del Sacro collegio per le opere misericordiose, che a quel tempo utilizzava come cassa la fondazione Nova». […]
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