CAMILLA MOZZETTI per il Messaggero
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«Esclusa la morte che quando arriva non ti lascia neanche il tempo di capire, qual è il nemico invisibile che riesce a spaventarti?» chiede nei vicoli di Trastevere Alessio Serangeli, trentenne, studente universitario. La stessa domanda se la pongono un po' tutti coloro i quali, adolescenti o meno, in queste settimane di riaperture sono tornati a popolare le piazze della movida romana a tal punto da far scattare un nuovo allarme: attenzione ai contagi e al pericolo provocato dagli assembramenti, con la polizia locale costretta a transennare quelle stesse piazze, storici luoghi di ritrovo, che nonostante tutto sono ancora animate.
«Il Covid-19 è un nemico invisibile - prosegue il ragazzo - ti spaventano le immagini che guardi alla televisione, ascolti i casi, le storie di chi si è ammalato ma fino a quando non ti toccano non ti scuotono» e il senso di responsabilità - si direbbe - può continuare tranquillo a dormire. «Se danno il via libera ai locali come si può pensare che i ragazzi non ne approfittino?».
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D'accordo, ma la coscienza dove sta? Quando epidemiologi e virologi - mettendo per un attimo da parte la classe politica - avvertono sul rischio nuovi casi che mille e più persone strette in una piazza potrebbero covare? «Se le regole sono lasche - aggiunge un gruppetto di giovani a piazza Trilussa - c'è sempre qualcuno che ne approfitterà: viviamo in una città di quasi 3 milioni di persone». Mentre la pandemia arretra ma non scompare e l'Organizzazione mondiale della sanità avverte: «Il peggio deve ancora arrivare».
«REGOLE LASCHE» Tuttavia, a Roma è un giorno di festa, la ricorrenza dei santi patroni Pietro e Paolo e uno spritz (se non si è andati al mare con le spiagge che trasudavano bagnanti) si gusta sulle scalinate della fontana di piazza Santa Maria in Trastevere, su quelle di piazza Madonna dei Monti, intorno a piazza Bologna. Ovviamente le mascherine si tengono ai polsi, dentro le borse, «siamo tutti amici, le indossiamo al chiuso, ma poi dove sta scritto che all'aria aperta è obbligatorio metterla?», domandano altre due ragazze.
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«Ci dicono che siamo incoscienti, ma nella Capitale tutti questi casi non ci sono stati», commenta Riccardo Basili un altro giovane sempre a Trastevere.
«Il flusso della vita non lo fermi, ho paura di contagiarmi? Sì forse, ma se hanno aperto tutto avranno calcolato anche questo: non tutti abbiamo lo stesso senso di responsabilità e se le regole certe a volte non vengono rispettate, figuriamoci i suggerimenti», analizza Riccardo Conti nella famosa piazzetta del Rione Monti. Così, «dopo tre mesi di prigionia una birra con le amiche è più che meritata», gli fa eco Teresa.
Lo sanno, tuttavia, che le regole, o i suggerimenti come preferiscono chiamarli, ci sono e che gli assembramenti sono vietati, ma l'onere è sempre di qualcun altro: «Di chi dovrebbe controllare, stanare i trasgressori, allontanare i potenziali untori». Stare a casa nelle sere d'estate «è difficile, non posso impazzire per questo», aggiunge Cecilia di ritorno a Roma da Milano dopo mesi. «Il Covid è pericoloso va bene - riprende Serangeli da Trastevere - ma si muore per o con il Covid? Perché è diverso e ognuno qua dice la sua. Anche questo genera confusione»
trastevere degrado
Motivo per cui c'è sempre tempo per un altro giro, di birra o di spritz con le mascherine sempre lontane dai volti. «Restare in casa genera altri problemi, ho paura del contagio? Di beccarmi questo virus e portarlo in casa? Non più di tanto - aggiunge Daniele Cipriani, 31 anni - Ho più paura di morire di noia».
Intanto gli esercenti dei locali parlano di «un'ascesa irrefrenabile». Se i locali chiudono non lavorano e il fallimento è dietro l'angolo, se restano aperti contribuiscono a generale gli assembramenti. «Ma secondo lei se a Trastevere fosse tutto chiuso ci verremmo?», chiede Vittorio Apostoli 24 anni birra in mano e cappello da baseball in testa. Questo però non giustifica comportamenti scellerati.
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Risposta: «Allora mi trovi lei uno che davvero davanti a un'occasione, quale che sia, prende e si gira dall'altra parte». «Siamo stati multati e per due sere abbiamo chiuso - racconta Fabrizio dallo storico bar San Calisto - cerchiamo di allontanarli ma tanto anche se chiudiamo prima noi, si spostano da un'altra parte». E si riparte da capo.
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