Mario Gerevini per www.corriere.it
È l’ora dei complici, o presunti tali, nella caccia alle responsabilità per il crac miliardario del gruppo dell’imprenditore astigiano Marco Marenco. È questa la novità emersa lunedì ad Asti dove la Procura da anni indaga sulle società di trading del gas ed energia (da tempo fallite) dell’ex Mister Borsalino, arrestato nel 2015 e già condannato a 5 anni nel 2016, dopo patteggiamento, per bancarotta fraudolenta.
I PUBBLICI UFFICIALI SPIONI
MARCO MARENCO
L’inchiesta però è andata avanti e ora si è saputo che ci sono 51 denunciati per i fallimenti a cascata delle società riconducibili a Marenco. Chi siano ancora non è noto ma in buona parte dovrebbe trattarsi di professionisti, manager e amministratori ai quali era delegata la gestione delle aziende e dei flussi finanziari. Ma è emerso che tra gli indagati ci sono anche pubblici ufficiali che garantivano a Marenco e ai suoi familiari servizi di sicurezza e notizie sull’andamento delle indagini.
TRUFFA E BANCAROTTA
In particolare, gli illeciti ipotizzati nei confronti degli indagati sono reati tributari (dichiarazione fiscale infedele, omesso versamento delle imposte, sottrazione al pagamento delle accise), truffa aggravata, appropriazione indebita, false comunicazioni sociali e, soprattutto, bancarotta fraudolenta aggravata.
ARRESTO DI MARCO MARENCO
Quest’ultimo reato, secondo gli accertamenti dei finanzieri, è stato commesso «con l’unico scopo di distrarre e occultare somme, partecipazioni e beni aziendali in favore di imprese costituenti un mero schermo dell’imprenditore astigiano, spostando, in tal modo, tutte le attività patrimonialmente significative sotto il diretto e personale controllo di quest’ultimo».
BORSALINO SALVATA
Il dissesto, alimentato e nascosto utilizzando decine di società sparse in paradisi fiscali, è nell’ordine dei 4 miliardi, secondo quanto accertato dagli inquirenti che hanno aggiornato in peggio il dato comunicato nel 2015 di 3,5 miliardi, già allora indicato come il peggior crac dopo Parmalat (ma le banche venete erano ancora «vive»). Nel corso dell’inchiesta sono stati anche sequestrati beni per un valore complessivo di 107 milioni di euro. Dal disastro si è faticosamente salvata la Borsalino, oggi rilanciata dall’imprenditore svizzero Philippe Camperio che ne ha assunto il controllo.