Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
DE LUCA LETTA
Vincenzo De Luca? Proprio lui, il presidente della Campania, quello che «Draghi l'ho visto camminare sulle acque del Tevere», Di Maio è «un coniglio», «uno sciacallo», «un noto sfaccendato che doveva fare il cameriere» e il Pd la forza politica che «ha assunto il peggio del Partito comunista e il peggio della Democrazia cristiana».
Lunedì 19 settembre sarà sul palco della Stazione marittima di Napoli al fianco di Enrico Letta, per uno degli eventi chiave della sfida al Sud. D'altronde, per dirla con un antico e ritoccato adagio, i voti (come i soldi) non puzzano, soprattutto quando sono tanti. Due anni fa, anche grazie alla «politica del lanciafiamme» messa in satira da Maurizio Crozza, il governatore tornò a Palazzo Santa Lucia trasportato in carrozza da 1.789.017 elettori campani, pari al 69,48% dei consensi.
DE LUCA EMILIANO LETTA 3
Comprensibile allora che un partito cui tocca rincorrere nel Mezzogiorno sia Meloni che Conte abbia bisogno anche di lui. E la lettera aperta firmata sei mesi fa da alcuni intellettuali come Giulio Sapelli, Isaia Sales, Nadia Urbinati? Quella missiva pubblicata dal Corriere del Mezzogiorno fece clamore a livello nazionale per la severa denuncia della «deriva regional-sovranista, clientelare, familista, affaristica» della Regione. In quel testo, su cui si dibatté a lungo anche pubblicamente, lo stile di governo era descritto come una «repubblica autarchica dove vige la legge del padrone» e De Luca era bollato alla stregua di un «odiatore seriale».
Al Pd gli intellettuali rimproveravano di aver incassato insulti per anni voltandosi sempre dall'altra parte, con Fassino e con D'Alema, con Bersani e con Renzi. E a Letta chiedevano di esprimersi «con chiarezza» sull'ipotesi di consentire a De Luca di correre per la terza volta grazie a una «legge ad personam».
DE LUCA LETTA EMILIANO
La domanda è tornata ieri sui giornali della destra, condita dall'insinuazione velenosa di uno scambio inconfessabile tra i voti di De Luca e il via libera al terzo mandato. «Non esiste», smentiscono al Pd.
Dove però omettono di ricordare che a marzo il leader si era impegnato a leggere con attenzione la lettera, in cui tra l'altro si evocavano «gli insulti a Franceschini, a Draghi, a Bianchi e al mondo intero».
Massimo Ranieri lo direbbe in musica, con i versi della sua tarantella: « Scurdámmoce 'o passato». E i dirigenti del Pd lo dicono così: «C'è bisogno di tutti, dobbiamo stare uniti per fermare la destra peggiore di sempre». Ma guai a chieder loro di comparire con nome e cognome, perché il tema suscita qualche rossore e il personaggio non è uno che le manda a dire. Lo sa bene Rosy Bindi, che da presidente dell'Antimafia lo inserì nella lista degli «impresentabili» e fu ricambiata con gli interessi: «Alla Bindi io rimprovero la sua esistenza, impresentabile è lei».
VINCENZO DE LUCA
Al ministero della Cultura, persino i muri conservano gli echi della sparata del governatore contro Annalisa Cipollone, responsabile dell'Ufficio legislativo del Mibact. Lei lo aveva richiamato al rispetto del paesaggio e l'ex sindaco «sceriffo» di Salerno, in una delle sue dirette social, l'aveva accusata di rallentare i progetti del Pnrr: «Al massimo potremo farci un brodino vegetale con tutte le cipollone sparse nei ministeri...».
Franceschini giustamente si infuriò. Accusò De Luca di maschilismo e chiese le scuse per una «professionista di straordinaria competenza giuridica», poi promossa capo di Gabinetto. Ma adesso il ministro ed ex segretario è candidato a Napoli e De Luca sta dando una mano al centrosinistra. Di Maio è diventato «un bell'uomo», Letta «un samaritano» e Conte, che al Sud ruba voti alla destra e anche al Pd, uno che va girando l'Italia «come fosse un turista svedese». I dirigenti dem applaudono. E sperano. E se provate a chiamarne più d'uno per parlare di De Luca vi pregheranno di lasciarli fuori, magari con la scusa che «sta per iniziare il comizio».
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