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    SOCIAL JIHAD – IL “DILEMMA” DELLE PIATTAFORME DI INTERNET: CHE SI FA CON I TALEBANI? FACEBOOK PER ORA HA DECISO DI TRATTARLI PER QUELLO CHE SONO, CIOÈ TERRORISTI. MENTRE TWITTER, CHE HA BANNATO A VITA TRUMP, CONTINUA A PERMETTERE ALLE MILIZIE ISLAMISTE DI CINGUETTARE IN TRANQUILLITÀ - INTANTO GLI ISLAMISTI LANCIANO FRECCIATINE: UNO DEI PORTAVOCE DEI TALEBANI, A UNA DOMANDA SULLA LIBERTÀ DI STAMPA, HA RISPOSTO INVITANDO I GIORNALISTI A CHIEDERE A FACEBOOK: “PROFESSANO LIBERTÀ DI PAROLA MA CI CENSURANO” - VIDEO


     
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    Martina Pennisi per www.corriere.it

     

    Zabihullah Mujahid Zabihullah Mujahid

    Ci risiamo. Come in occasione di ogni evento di portata storica, ormai, il mondo si capovolge nella sua versione digitale e ci costringe a riflettere e ragionare su un doppio binario.

     

    Martedì uno dei portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha invitato i giornalisti a chiedere a Facebook, «che si dice promotore della libertà di parola», perché impedisce al movimento che ha preso il potere in Afghanistan di pubblicare contenuti su Facebook e Instagram e usare Whatsapp.

     

    mark zuckerberg mark zuckerberg

    La risposta è in apparenza facile e l’ha data il colosso di Menlo Park stesso, senza commentare direttamente la dichiarazione di Mujahid ma spiegando la posizione dell’azienda in un nota: «I talebani sono sanzionati come organizzazione terroristica dalla legge degli Stati Uniti e sono banditi dai nostri servizi in quanto organizzazioni pericolose. Questo significa che rimuoviamo gli account gestiti da o per conto dei talebani e vietiamo lodi, supporto e rappresentanza» del loro movimento.

     

    facebook facebook

    Quindi: seguendo la sua regola sulle «organizzazioni pericolose» anche offline, la stessa che in Italia aveva portato all’esclusione di CasaPound (poi riammessa dal Tribunale di Roma) ed è applicata ai talebani da «molti anni», Facebook prova a individuare con un «team di esperti afgani» i contenuti e i profili dei talebani o legati ai talebani su Facebook e Instagram per rimuoverli. Su Whatsapp, dove i messaggi sono criptati e dunque non intercettabili, sono stati chiusi numeri di assistenza e altri canali ufficiali usati dal movimento, come racconta oggi il Financial Times.

    DONALD TRUMP FACEBOOK DONALD TRUMP FACEBOOK

     

    Menlo Park rivendica la sua linea — indiscutibile e garantista se la si accosta alle violenze di questi giorni, e anni — nelle stesse ore in cui i leader e le potenze mondiali aprono a quello che prova a configurarsi come un nuovo governo in Afghanistan. Citiamo i principali.

     

    IL PORTAVOCE DEI TALEBANI ZABIHULLAH MUJAHID IL PORTAVOCE DEI TALEBANI ZABIHULLAH MUJAHID

    Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti : «Come i nostri partner nella comunità internazionale, noi sosteniamo un’intesa politica che crediamo dia le migliori possibilità di offrire protezione e inclusione per il popolo afghano». Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri della Cina : «La Cina rispetta il diritto del popolo afghano di determinare in modo indipendente il proprio destino e futuro, ed è disposta a continuare a sviluppare relazioni amichevoli e di cooperazione». Josep Borrell, alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea : «Dovremo metterci in contatto con le autorità a Kabul, chiunque ci sia, i talebani hanno vinto la guerra quindi dobbiamo parlare con loro».

     

    Twitter Mujahid Twitter Mujahid

    Siamo al punto, ampiamente previsto, in cui la mutevolezza e la complessità del panorama politico internazionale mal si sposano con le regole decise e applicate, spesso arbitrariamente, da un potente privato.

     

     La domanda da porsi non è Può e deve Facebook zittire i talebani? O I talebani devono poter governare ed esprimersi sui social? Non è questo il punto e la sede per chiederselo, ma Può e potrà Facebook zittire (o provare a farlo) un eventuale governo legittimato anche a livello internazionale, seppur dopo il rovesciamento di un esecutivo eletto? Ancora meglio, e di nuovo: sta a Facebook o a piattaforme analoghe decidere come intervenire e quando cambiare eventualmente rotta? Se sì, come? Appellandosi a quali leggi e di quale Paese? Con quale processo decisionale?

    zabihullah mujahid portavoce dei talebani zabihullah mujahid portavoce dei talebani

     

    Non a caso, esprimendosi sulla sospensione dell’ex presidente Usa Donald Trump dello scorso gennaio, il comitato indipendente nominato da Facebook per vigilare e ragionare sulle scelte della piattaforma aveva chiesto norme interne più chiare per il delicato confine fra libertà d’espressione e discorso politico.

     

    Nella sua nota, il colosso di Mark Zuckerberg ribadisce che «indipendentemente da chi detiene il potere, intraprenderemo le azioni appropriate contro gli account e i contenuti che violano le nostre regole».

     

    Cosa fanno le altre piattaforme? Twitter si è limitato ad assicurare che «vigilerà» per far rispettare le sue regole, che non permettono di incitare alla violenza o promuovere atti di terrorismo — e hanno portato alla rimozione di Trump. Intanto i portavoce dei talebani si rivolgono quotidianamente ai propri follower.

     

    zabihullah mujahid portavoce dei talebani in conferenza stampa zabihullah mujahid portavoce dei talebani in conferenza stampa

    In una nota Youtube di Google sottolinea di rispettare «tutte le sanzioni applicabili e le leggi che regolano la conformità commerciale, comprese le sanzioni statunitensi pertinenti (il riferimento è alle liste del Dipartimento del Tesoro, ndr). Pertanto, se individuiamo un account ritenuto di proprietà e gestito dai talebani afghani, lo chiudiamo. Inoltre, le nostre norme vietano i contenuti che incitano alla violenza».

     

    TikTok della cinese Bytedance ha assunto una posizione analoga a quella di Facebook: i talebani sono considerati un’organizzazione terroristica, e in quanto tale banditi.

     

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