i beatles registrano let it be
Ernesto Assante per “la Repubblica”
La storia di Let it be è ricca è complessa: c'è stata una prima versione mixata da Glyn Johns intitolata Get back che i Beatles rifiutarono; poi la versione ufficiale di Phil Spector, che per molti versi McCartney non accettò mai, al punto che molti anni dopo fu artefice della pubblicazione di Let it be naked senza gli interventi del produttore.
Ora, a cinquant' anni dalla pubblicazione, arriva una nuova, spettacolare versione, completamente remixata dal produttore Giles Martin e dall'ingegnere del suono Sam Okell.
Tre versioni, la più completa è quella Superdeluxe con 5 cd e un Blu-ray, con un libro di 105 pagine, contenenti la nuova versione dell'album originale, le outtakes inedite delle registrazioni dell'epoca, l'album Get back mai pubblicato fino a oggi e l'ep Let it be con quattro tracce. Il tutto anticipa l'arrivo di The Beatles: Get back, la serie diretta da Peter Jackson, in programmazione su Disney+, e arriva dopo l'uscita del libro con il resoconto ufficiale delle registrazioni.
giles martin
Chissà se per Giles Martin è stato diverso lavorare a questo album rispetto ai precedenti. «In realtà no - ci dice da Londra - ma è vero che è diverso, nato nell'oscurità mentre gli altri erano nati al sole, perché McCartney non lo amava nella sua versione ufficiale e lui stesso lo aveva già rivisto nella sua versione "naked".
giles e george martin
Ma io ho lavorato per i Beatles, non per uno solo di loro, quindi ho tenuto fede al progetto originale. Ma mi sono dato un obiettivo: rendere il più possibile il senso unitario dell'album, non di una raccolta di singoli brani, consapevole che migliorare il lavoro di Spector era difficile ma anche che avevo il compito di trasformare in un album il concerto sul tetto di Abbey Road».
È anche il disco dei Beatles in cui non c'è suo padre George.
«Lo so, si può immaginare che io abbia pensato "adesso Giles puoi fare la tua versione". Non è così, ho già lavorato a riedizioni di album di altri artisti in cui mio padre non c'era».
giles e george martin
In termini di suono, nonostante siano stati realizzati quasi contemporaneamente, c'è una grande differenza tra "Abbey road" e "Let it be".
«Sì, grande davvero. Let it be è particolare perché i Beatles non erano sicuri di quello che stavano facendo, e c'è una confusione creativa, mentre in Abbey road c'è mio padre che come sempre voleva che tutto fosse al posto giusto. In Let it be molto lavoro viene fuori da jam session, improvvisazioni, conversazioni. Non sanno se stanno provando un album, un concerto, un film, non è stato registrato in un vero studio, una parte è fatta su un tetto, le canzoni erano messe insieme senza sapere con certezza quale fosse l'obiettivo finale. Questo rende il disco unico».
giles martin
Si può dire che "Abbey road", in termini sonori, chiuda gli anni 60 e che "Let it be" apra gli anni 70?
«Credo che sia l'opposto, ho sempre pensato che Abbey road sia un disco più anni 70, più moderno, proiettato in avanti, e che Let it be fosse più ruvido e frammentario. Per dire: io amo i Kinks e i loro album suonano così, ruvidi e frammentari. Mentre i Beatles erano puliti e lucidati, mio padre e Geoff Emerick avevano uno stile più pulito. Ma ci penserò su».
La tecnologia è molto cambiata da quando ha iniziato a remixare la musica dei Beatles.
«Oh certo, Love, di quindici anni fa, il primo lavoro che ho fatto sui Beatles, è diverso. Ma suona ancora molto bene. Oggi abbiamo altre possibilità. Impariamo di continuo e proviamo tutto finché non suona bene. Io sono una "miserable british person", non un californiano entusiasta che ascolta una cosa e dice "oh, my God!". Approccio le cose con calma. So che posso far suonare meglio The long and winding road e cerco di farlo».
let it be versione deluxe
Pensa che il pubblico cerchi una qualità d'ascolto sempre migliore?
«Penso che la comodità vinca sempre sulla qualità audio. Anche quando andava forte l'alta fedeltà la maggior parte delle persone, me compreso, ascoltavano musica su cassette in piccoli registratori che avevano solo i tasti avanti, indietro e stop.
Noi spingiamo l'audio verso il meglio, anche per l'ascolto in casa, io lavoro con Sonos e mi piace farlo, producono speaker che migliorano di molto l'ascolto digitale. Alla fine la gente ragiona come quando va al ristorante, finché il cibo è delizioso il resto non interessa. Ma il nostro lavoro contribuisce a rendere il cibo delizioso».
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