Marco Giusti per Dagospia
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Che vediamo stasera? Vi dico che ho visto ieri steso sul divano che facciamo prima. Sono diventato scemo per il violentissimo, davvero inutile e in gran parte scordato come neve al sole “Boy Kills World”, Amazon, opera prima fracassona scritta e diretto da tal Moritz Mohr con Bill Skarsgård come il ragazzo cresciuto da uno sciamano misterioso per portare a termine una vendetta contro certa Hilda van der Koy, cioè Famke Janssen, la dittatrice di una città che da anni tiene sotto tacco e governa uccidendo ogni tanto con diretta tv i dissidenti.
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Non capivo davvero a chi potesse interessare, eppure sono andato avanti fino al sanguinoso finale. Nel pomeriggio mi ero visto due puntate della trans-soap-opera stracultissima “La vita che volevi”, scritta e diretta da Ivan Cotroneo con Vittoria Schisano, prima protagonista di una serie con personaggio trans, e la dirompente Pina Turco. Il tutto ambientato tra Lecce, Salento e Napoli. E’ una versione anni 2000 del cinema popolare napoletano più classico.
vittoria schisano la vita che volevi
La bella Gloria (e giù momento musicale con la Gloria di Umberto Tozzi!) si è fatta una vita a Lecce dove è una apprezzata professionista nel campo artistico (che fa, però? Boh… non è chiaro… mostre, fotografie), ha anche un fidanzato. Quando arriva dal nulla, cioè da Napoli, Marina, la napoletanissima Pina Turco, incinta con due figli accanto, un maschio, Andrea, e una bambina, Arianna, in cerca di aiuto.
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Scappa dai suoi uomini, il torvo giovinastro Alessio Lapice, che l’ha messa incinta, e il più maturo Sergio, padre di Arianna, che la stanno cercando. Sarà Pina Turco. Rivelare a Gloria, dopo essersi piazzata a casa sua, che il frutto del loro amore, quando Gloria era ancora maschio, è il suo primo figlio, Andrea. E questo scombina la vita di Gloria in quel di Lecce, anche perché si stava appena appena costruendo la casetta dei suoi sogni sulla costa salentina come metà del cinema romano.
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Leggo su twitter/X cose terribili sulla serie, ma proprio perché è così melodrammatica e fumettosa è un gran divertimento. E questa altissima Vittoria Schisano è perfetta come protagonista trans della nuova scena melo neomatarazziana italiana. Anche meglio della Carlos/Carla Gazcon di “Emilia Perez”, perché è più adatta alla rilettura popolare che ha in testa Ivan Cotroneo, grande esperto di macchine televisive non tanto di gusto gay, quanto di macchine letterarie che rispecchiano la nuova realtà italiana.
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Dove appunto i figli, i nipoti, i padri diventati trans, anzi diventati donne hanno bisogno di essere rappresentati in maniera semplice come fosse un film di Mario Merola. In questo è una serie davvero all’avanguardia. Anche se non ha questa scrittura perfetta o una regia di gran classe. Ho chiuso la nottata di ieri con “Querelle”, capolavoro e capolavoro queer di Rainer Werner Fassbinder tratto dalla commedia di Jean Genet con il povero Brad Davis (morto di Aids poco dopo), Jeanne Moreau, Franco Nero, recuperato su Mubi in copia più che decente e senza tagli.
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Mi sono ricordato esattamente quando l’ho visto a Venezia, con quei colori meravigliosi, con tutte quelle scopate tra maschi con tanto di saliva sputata sul pisello che fecero scalpore sugli schermi della Biennale. E la canzone di Jeanne Moreau… Il presidente della giuria, il vecchio Marcel Carné rilasciò questa celebre dichiarazione: "In qualità di Presidente della Giuria, vorrei esprimere il mio disappunto per non essere riuscito a convincere i miei colleghi a inserire "Querelle" di R.W. Fassbinder tra i vincitori. Infatti, Mi sono trovato da solo a difendere il film.
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Tuttavia, continuo a pensare che, sebbene controverso, l'ultimo film di R.W. Fassbinder, lo si voglia o no, lo si ami o lo si odi, un giorno troverà il suo posto nella storia del cinema." Verissimo. In realtà eravamo tutti impazziti per Querelle, per quello che rappresentava nel cinema di Fassbinder, morto prima della proiezione del film, e nella cultura mondiale. Ricordo il manifesto di Andy Warhol, perfino le cartoline di Natale di Miguel Bosé vestito come Querelle che mi fece vedere Franco Quadri. Altro che Ivan Cotroneo…
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