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    IL DIVANO DEI GIUSTI/2 - IN SECONDA SERATA NON PERDETEVI, SE SIETE SVEGLI, “IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE” DI PIER PAOLO PASOLINI. BELLISSIMO TERZO ATTO DELLA TRILOGIA DELLA VITA PASOLINIANA - ALLE 0,55 IL PORNO DI JOE D’AMATO “DIRTY LOVE”, VERSIONE SPINTA, MA SOFT, DI “FLASHDANCE" - CHIUDO CON LO STRAMPALATO MA IMPERDIBILE “SAI COSA FACEVA STALIN ALLE DONNE?" DEL 1966. IL FILM VENNE PRESENTATO A VENEZIA E FECE ARRABBIARE NON POCO I RUSSI PRESENTI AL FESTIVAL…  VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

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    In seconda serata, per i fan del cinema americano liberal degli anni 70 avete su Rai Movie alle 23, 05 “Come eravamo” di Sydney Pollack con Robert Redford, Barbra Streisand, Viveca Lindfors, Bradford Dillman, James Woods. E’ il primo grande film americano sul maccartismo e il disastro che produsse nella vita degli intellettuali di Hollywood, anche se la produzione fece tagliare gran parte dei riferimenti più duri al momento storico.

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     Ideato e sceneggiato da Arthur Laurens, che descrisse qui la sua relazione d’amore con Farley Granger e lo scontro che ebbe con i maccartisti che lo portò all’esilio in Italia, ma scritto anche, uncredited, da Alvin Sargent e David Rayfield, con contributi di Francis Coppola e Paddy Chayefsky. Laurents litigò spesso per i tagli e i cambiamenti del suo copione con Pollack.

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    Su Italia 1 alle 0, 05 il fantascientifico “Selfless” di  Tarsem Singh con Ryan Reynolds, Natalie Martinez, Matthew Goode, Victor Garber, Derek Luke. Disastro di pubblico e di critica. “Stupido come il pomello di una porta” (London Evening Standard). Meglio su Cine 34 alle 0, 55 il porno di Joe D’Amato “Dirty Love” con Valentine Demy, Cully Holland, Lisa Lowenstein, Jeff Stryker, Laura Gemser, versione spinta, ma soft, di “Flashdance” con la livornese Valentine Demy alias Marisa Parra, che vuole sfondare in città e sfodera un body nero di grande livello. Sembra che sia uno dei peggiori film di Joe D’Amato. Ma ne venne fatto anche un sequel, “Dirty Love 2” diretto da Bruno Mattei che dovrebbe essere anche peggio.

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     Su Rai Movie all’1, 20 non perdetevi, se siete svegli, “Il fiore delle mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini con Ninetto Davoli, Franco Citti, Tessa Bouché, Franco Merli, Ines Pellegrini, Margareth Clementi, Claudia Rocchi. Il bellissimo terzo atto della Trilogia della Vita pasoliniana, che venne presentato a Cannes nel maggio del 1974. Ormai i produttori e i registi italiani di sub-decameroni stavano raschiando il fondo del barile e usavano i titoli pasoliniani per le operazioni più folli, come “Le mille e una notte di Boccaccio a Canterbury” che citava tutti e tre i film. Ricordo “Il fiore delle mille e una notte” come un film bellissimo con qualche sporcatura, penso al “genio” di Franco Citti, agli effetti speciali non perfetti.

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     Su Cine 34 alle 2, 40 trovate “Kamikazen. Ultima notte a Milano” di Gabriele Salvatores con Paolo Rossi, Gigio Alberti, Silvio Orlando, Claudio Bisio, David Riondino, prima versione, perché ne farà anche un’altra, che Salvatores dedicò a “Comedians”, celebre commedia inglese scritta nel 1978 da Trevor Griffith dove l’audizione dei commedianti protagonisti, tutti di estrazione operaia e proletaria, era ambientata in quel di Manchester, mentre si sposta qui nella Milano da bere craxiana e berlusconiana del 1985.

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    I comici protagonisti di “Kamikazen” sono in attesa di un provino per trovare il successo a “Drive In”. E sono tutti o quasi gli eroi del Teatro dell’Elfo di trent’anni da, un Paolo Rossi meraviglioso come Zampa, il comico alla ricerca dello “sgrunz” (vallo a spiegare oggi cosa è lo sgrunz…), Antonio Catania con i capelli neri, Claudio Bisio con qualche capello, Silvio Orlando in versione pre-morettiana (faceva ridere), Bebo e Renato Storti, Flavio Bonacci, apparizioni eccellenti di Aldo e Giacomo, Diego, Riondino, una Mara Venier fighissima nel ruolo della cacciatrice di talenti per Mediaset, perfino il vecchio Nanni Svampa. E c’erano Gino e Michele, che avevano fatto da ponte tra il teatro e la tv per tanti di questi comici. Assolutamente da rivedere.

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     Su Rai Movie alle 3, 55 trovate un vecchio western di Lesley Selander, “Avamposto telegrafico”, con George Nader, Hugh Beaumont, Tim Holt, Richard Martin, Gail Davis. Grande titolo. Penso che sia preferibile il violentissimo western di Lucio Fulci “I quattro dell’Apocalisse” con Fabio Testi, Lynne Frederick, Tomas Milian, Michael J. Pollard, Harry Baird, Cine 34 alle 4, 15. Chiudo con lo strampalato ma imperdibile “Sai cosa faceva Stalin alle donne?”, diretto proprio da un critico cinematografico alla sua opera prima (e penultima), uscito nel 1966 dal Partito Comunista, che lo considerava “una satira sullo snobismo di sinistra”.

     

    sai cosa faceva stalin alle donne sai cosa faceva stalin alle donne

    Due giovani ex-partigiani, Aldo e Benedetto, Helmut Berger e Benedetto Benedetti, si scontrano con il partito e col comunismo dopo il ’68. Aldo finirà per partire volontario per il Vietnam. Benedetto è invece un un tenace stalinista e si troverà in crisi quando perfino il Cremlino ripudierà Stalin dopo la sua morte. Assieme a loro si muovono due belle donne, Margaret e Mirta, Margaret Lee e Silvia Monti.

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    A metterci i soldi, e a volerlo, come ricordava il regista, è il vecchio Angelo Rizzoli, che sposta la produzione però sulle spalle di Enzo Doria, che, secondo Liverani, “voleva dirottare gran parte del preventivo sul film della Cavani [I cannibali] e dimostrare che non sarei riuscito a portarlo a termine”. Spiegava Liverani su “Il messaggero”, 31 agosto 1969: “Ad Helmut Berger arrivai attraverso Luchino Visconti, al quale avevo fatto leggere la sceneggiatura. Al famoso regista il mio copione piacque moltissimo e convinse Helmut.

     

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    Nello stesso periodo interpretava per Visconti La caduta degli dei. L’intellettuale di estrazione borghese, regista clandestino di fotoromanzi, interpretato da Berger non ha nulla di autobiografico; è ritagliato da vari giovani registi che nutrivano l’illusione di cambiare il mondo con il cinema. Benedetto Benedetti, invece, l’ho conosciuto quando scriveva su “L’Unità”. Non era un attore professionista. Lo preferii ad altri che i produttori cercavano di impormi. Il personaggio mi sembra riuscito soprattutto grazie alla voce di Romolo Valli, che si prestò a doppiarlo.

     

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     Mentre lo arricchiva con la sua bella voce, Valli mi rimproverò di non avergli offerto la parte di questo stalinista. Gli risposi che avevo bisogno di un dilettante e non di un professionista. (..) Il personaggio interpretato da Piero Vida, che si presentò sul set con un cagnolino al guinzaglio, è ispirato a Giuseppe De Santis, in quegli anni il prototipo del regista comunista. Il direttore della fotografia Augusto Tiezzi si prestò spensieratamente ad interpretare il ruolo del potente esponente comunista; personaggio che s’ispira lontanamente ad Eugenio Reale, per anni ambasciatore italiano in Polonia e grande sovvenzionatore del partito comunista”.

     

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     Il film venne presentato a Venezia nella sezione Informativa. E fece arrabbiare non poco i russi presenti al festival. “Se il mio film era di destra”, spiegò molti anni dopo Liverani a “Cine70”, la destra non se ne accorse mai, nonostante il successo al Festival di Venezia. Goffredo Parise mi telefonò per congratularsi dello ‘scherzo’ che avevo fatto al comunismo italiano. Pier Paolo Pasolini fu più schietto. Mi disse:’Te la faranno pagare ‘”.

     

    Liverani dopo lo stalinismo passerà a un’opera cinematografica filosofica sul culo, Il solco da pesca, anche se già qui il fondo schiena è elemento portante del racconto. Silvia Monti, allora arrivata sul set per specifica richiesta del più potente industriale italiano (Gianni Agnelli) a Rizzoli, finirà con lo sposare invece il De Benedetti buono. Rivisto oggi il film è una buffa operazione pop, da una parte antiquata come tema (lo stalinismo…), da un’altra moderna come linguaggio e ironia. Musica notevolissima di Ennio Morricone, che voleva ritirare la firma.

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